VITERBO – Leggere le frasi affisse in questi giorni sui grandi manifesti nelle strade di Viterbo per il progetto “Educare l’amore” dell’associazione Juppiter, è stato come ricevere un’improvvisa sferzata d’aria gelida in pieno viso che lascia senza fiato e fa lacrimare gli occhi. La sensazione di smarrimento, un misto di stupore e rabbia, provata davanti a quei cartelloni esposti in città è stata motivo di riflessione per chiunque si sia trovato a osservarli.
Frasi emotivamente forti, improvvise, che colpiscono nell’anima e che ci inchiodano di fronte a una realtà spesso taciuta o nascosta per timore, come: “È solo un livido, lui mi ama”, oppure espressioni che ci raccontano di brutali maltrattamenti mai giustificati: “Pronto? Mamma non risponde. Papà l’ha menata”. Parole non a caso, che osserviamo in rispettoso silenzio consapevoli che nel mondo esistono amore e violenza ma dovrebbero avere direzioni opposte per non incontrarsi mai, soprattutto sotto lo stesso tetto.
Purtroppo però troppe storie di vita ci insegnano che non è così. A volte le due strade si incrociano e allora parliamo di amore violento e amore malato, ossimori fantasiosi, vocaboli che non meritano nemmeno di essere accostati perché amore e violenza sono concetti troppo distanti tra loro e dove c’è uno non può esserci l’altro. A mettere in evidenza la questione è ancora una volta l’associazione Juppiter, fondata nel 1992 dall’idea di Salvatore Regoli, il cui progetto “Educare l’amore”, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità, nasce con la forte convinzione che per prevenire episodi di violenza domestica sia necessario favorire e promuovere comportamenti educativi in grado di porre fine ai pregiudizi culturali, standardizzati in ruoli distinti tra uomini e donne.
Secondo i dati Istat in Italia sono circa sette milioni le donne tra i 16 e i 70 anni che hanno subito episodi di violenza sessuale o fisica ed è attraverso questi messaggi che si intende attuare un cambiamento socio-culturale anche su antichi e retrogradi modelli di società. Per realizzare tutto ciò non si può che partire dalle nuove generazioni, investendo tempo con impegno e dedizione, su un nuovo metodo educativo, restando sempre in linea con l’obiettivo di educare e fare volontariato con creatività, aggregando i giovani con attività di musica, teatro, giochi e sport.
Il progetto “Educare l’amore” è iniziato a gennaio 2019 ed ha coinvolto soprattutto i bambini ed i ragazzi delle scuole, sensibilizzando e promuovendo il tema del contrasto a qualsiasi forma di violenza. Dallo scorso anno, oltre alle attività nelle scuole, sono stati realizzati due eventi di promozione dei risultati intermedi a Bagnoregio e a Viterbo che hanno coinvolto circa 5000 studenti. Ed ora, il progetto si chiude con questa campagna di sensibilizzazione, emotivamente molto forte, lanciata inizialmente tramite i maggiori social e proseguita attraverso l’affissione dei manifesti nella città di Viterbo.
“Cartelloni come pietre d’inciampo, per fermarsi un momento a pensare alla violenza di genere e alle ferite che lascia”, è questo il messaggio velato contenuto nei manifesti ripreso a gran voce da Salvatore Regoli, presidente di Juppiter: “È stato un anno e mezzo denso di iniziative. Abbiamo cercato di portare questo tema tra i ragazzi e tra la gente – afferma Regoli – non solo per stimolare una riflessione ma anche per promuovere concretamente quel cambiamento che è la sola possibilità che abbiamo per arginare la violenza”.
Tante le manifestazioni messe in piedi dall’Associazione Juppiter in quest’ultimo anno e mezzo di attività: concerti, come quello “Per amore” della Gift Economy Orchesta di Primavalle (Roma), realizzato ad aprile dello scorso anno; cortei per portare nelle piazze gli slogan sull’educazione dell’amore ideati dai ragazzi delle scuole. Poi le iniziative per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il 25 novembre scorso nella Sala Regia a Viterbo, con la proiezione del video “Dalle uno schiaffo”. E in chiusura il progetto dei manifesti in città, per ricordare a tutti i cittadini quanto ancora c’è da fare perché nessuna donna sia più vittima di un uomo.
Paolo Paglialunga
Il tuo Articolo, come sempre,mette in evidenza problemi della nostra societa’, ma anche diverse incapacita’, quella di alcuni uomini….
‘Omuncoli’…..di non sentirsi all altezza di se stessi…e l altra da pate delle donne di non saper reagire con un unico solo efficace metodo della Nonna……una bella, tosta, sana PADELLATA nel muso…..e li stecchito deve restare..
Mi dispiace per la brutalita’ di come ho espresso il concetto…..ma non vedo molte soluzioni
Visto che i “signori uomini vengono comunque educati in famiglie dove, ad oggi perlomeno esistono ancora due genitori…un Uomo e una Donna.
Mi trovi d’accordo …sono contraria alla violenza in genere
Violenza sulle donne, su chi è più debole, su chi è in minoranza …. in generale è inaccettabile per una società civile
È è giustissimo punire i violenti ..ma purtroppo la punizione …spesso arriva dopo che c’è stata la vittima…
la società deve fare sistema:analizzare, capire e risurre le cause che spingono alla violenza
Un sistema che sia in grado di educare alla civiltà supportando e sostenendo quelle realtà dove malattia,sofferenza, povertà o indigenza possono agevolare violenza non come causa ma come conseguenza