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Joséphine Baker, ballerina sexy e spia imprendibile

di | 2021-08-26T18:43:04+02:00 29-8-2021 6:20|Personaggi, Sezione 5|0 Commenti

PERUGIA – Sarà la prima donna di colore (e la sesta in assoluto) ad entrare nel Pantheon di Parigi. Il presidente della repubblica francese, Emmanuel Macron, ha firmato il decreto con il quale i resti di Joséphine Baker (1906-1975) verranno traslati nel prestigioso monumento parigino. Fissata anche la data della cerimonia ufficiale: il 30 novembre prossimo. Ai giovani questo nome non dirà nulla, ma per chi ha una certa età questa donna, una creola, resta una figura mitica, come cantante, come ballerina, come modella di pittori, ma prima ancora come attivista per i diritti civili e, soprattutto, come partecipante alla resistenza nel corso dell’ultima guerra. Non a caso raggiunse il grado di capitano nell’esercito di “Francia Libera”, venne insignita della Croce di Guerra, della “Rosette de la Resistence” e perfino, da Charles de Gaulle, della Legion d’Onore. Insomma: non solo seni nudi, balletti con un gonnellino formato da sedici banane e ghepardo al guizaglio sul proscenio…

La petizione che ha dato il “la” alla richiesta, ora accolta dal presidente Macron, riportava la frase: “Artista, prima stella nera internazionale, musa dei cubisti, resistente durante la Seconda guerra mondiale nell’esercito francese, attiva al fianco di Martin Luther King, per i diritti civili negli Stati Uniti d’America ed in Francia a fianco della Lega internazionale contro l’antisemitismo, crediamo che Joséphine Baker meriti il suo posto nel Pantheon”. Fra tre mesi, dunque, la Baker riposerà accanto a personaggi (6 femmine e 75 maschi), quali Voltaire, Rousseau, Hugo, Zola, Malraux, Dumas padre, Pierre e Marie Curie, Simone Veil, nella chiesa di Sainte Genevieve, quartiere latino, nel V arrondissement.

La vita di questa donna è un vero romanzo. Freda Joséphin Mac Donald – queste le sue generalità all’anagrafe – nasce a Saint Louis, in Missouri (Usa), da una famiglia poverissima, viene abbandonata dal padre, cresciuta dall’amatissima madre Carrie, è costretta dalla fame a rovistare nei cassonetti per racimolare qualcosa da mangiare, poi trova un impiego da cameriera e infine diventa ballerina a Broadway, prima e a New York, poi. Intanto a 15 anni si sposa con Willie Baker, da cui prenderà il cognome. A 19 anni approda a Parigi e si esibisce nella “Revue negre”. Al “Casinò de Paris” conosce e convola a nozze (1927), con Giuseppe Abatino detto “Pepito”, un siciliano che si spaccia per conte di Calatafimi, ma che non ha affatto sangue blu (addirittura sarebbe sato uno scalpellino), anche se grazie a lui, oltre che alle proprie doti, Josephine diventa una star.

Il bel mondo parigino impazzisce per la splendida, conturbante creola: gli fanno la corte artisti (Picasso, Frida Khalo e Colette), letterati (Cocteau, Hemingway, Simenon), nobili e spiantati, imprenditori e truffatori. Alcune fonti parlano di un esercito di spasimanti (1500, grosso modo), uno dei quali si spara alla tempia perché rifiutato ed altri si sfidano a duello per i begli occhi della soubrette. Nel 1937 Josephine celebra una nuova unione matrimoniale con l’industriale ebreo Jean Leon e si oppone, pubblicamente, al crescente antisemitismo. Quando scoppia la Guerra la sua scelta di campo è conseguente e netta: lavora come spia degli 007 militari francesi sotto il comando di Jacques Abtey (viola pure i segreti dell’ambasciata italiana) e, successivamente, opera non solo in Francia, ma anche in Africa del Nord. Infila i messaggi, per nasconderli ai controlli, nel reggiseno o negli spartiti delle sue canzoni (famosa “Io ho due amori”). Nel 1944 con l’Armèe de L’Air rientra i patria ed atterra a Marsiglia. Alla fine della guerra sfila con l’esercito francese in divisa ed esibisce i gradi di capitano. Guadagnati sul campo e con grandi rischi personali.

Incontra e sposa il musicista e direttore d’orchestra Jo Bouillon, con il quale si rifugia in Dordogna, dove acquista un castello (a Milandes) ed ospita i dodici bambini orfani, adottati e di tutte le razze (“La mia tribù arcobaleno”, così la definiva). Partecipa, nel 1963, alla celebre marcia dei diritti a Washington a fianco di Martin Luther King ed è l’unica donna a salire sul palco ed a parlare davanti a qualcosa come 250mila partecipanti alla storica iniziativa. Due anni dopo si iscrive alla massoneria femminile francese (Loggia “Nouvelle Jerusalem”, per poi passare alla “Le droit humain”).

Ma se Josephine incanta sulle scene del cabaret, dove balla magnificamente il charleston ed è irresistibile come 007, altrettanto brava non lo è in economia domestica. Le spese per mantenere il castello diventano enormi e lei finisce in bancarotta, tanto da essere costretta a lasciare il suo prestigioso maniero. Per sua fortuna a darle una mano arriva Grace Kelly, conosciuta quasi vent’anni prima a New York in un ristorante in cui si rifiutavano di servire una donna di colore – Josephine, appunto – e dove l’attrice era intervenuta in suo favore. Ora la Kelly, non più diva del cinema, ma principessa di Monaco, invita la Baker in Costa Azzurra e sovvenziona un suo “tour” finalizzato a rimettere in sesto le finanze desolatamente in rosso dell’artista. In effetti le esibizioni, della pure attempata e appesantita ballerina, si rivelano un successo. Alla quattordicesima serata, però, la show-girl, ormai con 69 primavere sulle spalle, viene colpita da emorragia cerebrale e muore tre giorni più tardi (il 12 aprile 1975). I funerali, con rito cattolico, si svolgono a Parigi nella chiesa de La Madaleine.

Resta il suo mito. Che trova, adesso, con l’ingresso nel Pantheon, un riconoscimento pubblico: il massimo per la Francia.

Elio Clero Bertoldi

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