FERMO – E’ una strage continua, se è vero che il fenomeno dei suicidi per problemi economici in Italia conta un numero stimato di circa 4mila persone ogni anno. Il dato non è ufficiale ma non per questo meno veritiero, basandosi sulla differenza tra il numero di chi si uccide perché affetto da patologie psichiche e chi, invece, arriva a questa misura estrema senza un motivo diagnosticabile clinicamente. Almeno se si tratta di commercianti o piccoli imprenditori.
A parlarne è Massimiliano Bartocci, fondatore del movimento “Io non mi uccido”, nato per denunciare il grave problema sociale ma soprattutto per aiutare psicologicamente chi, entrato in questo tunnel, riesce con difficoltà ad uscirne (e purtroppo talvolta non ci riesce proprio). “Dal 2010 – spiega Bartocci – l’Istat accomuna tutti i suicidi non classificandoli a seconda delle cause, che prima di questa data venivano accertate dalla polizia giudiziaria permettendo il discrimine e di monitorare il fenomeno”. Il provvedimento, da quella data, non ha fatto altro che rendere più soli i cosiddetti “terremotati economici” nei confronti dei quali lo Stato non ha disposto degli ammortizzatori sociali rendendoli facili prede di istituti bancari, usurai e uffici legali: una matassa di problematiche impossibile da districare.
“La eloquente mancanza di dati ufficiali, però – sottolinea Bartocci – non ha impedito a ‘Io non mi uccido’ di continuare la sua attività”. Attraverso la rete, i promotori raccolgono e pubblicano su una omonima pagina facebook tutte le notizie provenienti dalle testate giornalistiche locali e da quelle on line. In questo modo vengono analizzati in modo capillare sul territorio nazionale tutti gli articoli riguardanti suicidi, solitamente non rilevanti sulla stampa nazionale ma che messi insieme descrivono un sottobosco spaventoso. Ciò permette di tenere il conto di tutte le morti consumate pur in assenza di una depressione evidente. Attraverso la rete, infatti, si riesce spesso a scoprire che la vita di quelle persone era stata colpita improvvisamente da un indebitamento per ragioni professionali (perché per lo più si tratta di commercianti e piccoli imprenditori).
“Il più delle volte – nota Bartocci – quelle che nelle statistiche ufficiali vengono riportate come cause in corso di accertamento, o nascoste nelle più onorevoli cause naturali, o ancora come suicidi attraverso barbiturici o altri medicinali frettolosamente riportate come morti da overdose, non si può fare a meno di collegarle ai dati relativi alle aziende, risultanti da una ricerca di Rte Imprese Italia”. Questi parlano di un “nefasto trend”: nel 2013 in Italia avrebbero chiuso in media 54 imprese ogni giorno, nel 2015 390 al giorno, 142.000 in un anno. “L’approccio quantitativo – spiega ancora il presidente – è stato necessario per rompere il silenzio che accompagna questo fenomeno e per cercare di aiutare psicologicamente chi si trova in questo tunnel e pensa di essere solo e il solo”. Perché c’è, oltre all’aspetto economico di questa realtà, anche quello personale, intimo. Chi improvvisamente subisce un fallimento a causa della crisi economica o per un tracollo finanziario, si può trovare privato anche della stessa casa, un bene primario che solo in Italia, tra tutti i paesi europei, è pignorabile. “E quando si perde la casa – continua Bartocci – è in bilico anche la stessa dignità, cosa che può portare ad una profonda depressione, quindi al suicidio”.
Proprio pensando a questo, il primo passo istituzionale che il movimento ha promosso è stato quello legato al progetto “Salva una casa, salva una vita”, presentato in VI Commissione alla Camera nel 2015 e che si pone l’obiettivo di rendere non pignorabile l’abitazione nonché di aprire un fondo destinato ad aiutare a riacquistare l’immobile perduto. Un iter lungo e farraginoso. Nel frattempo non si ferma la battaglia sui social e l’attività di informazione, attraverso incontri e convegni sul tema. “Dopo anni di attività – conclude Massimiliano Bartocci – oggi stiamo pensando di accompagnare la fase di denuncia con l’assistenza legale gratuita e un’assistenza economica di primo soccorso”. Per questo, a breve, “Io non mi uccido”, dovrebbe costituirsi in comitato nazionale onlus.
Gloria Zarletti
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