MILANO – Giovedì 24 febbraio, la Storia dei libri, studiata e staccata, lontana, quella raccontata dai nonni, immortalata nelle foto con gli angoli rovinati, ha preso la forma della cronaca quotidiana, la dimensione dell’attualità: la Russia attacca l’Ucraina, praticamente da ogni fronte. L’Italia si blocca davanti alle televisioni: un carosello di notizie, quasi a reti unificate, un ping pong di “proclami”, messaggi, dichiarazioni alternate alle immagini di bombe e al suono delle sirene nella quasi deserta piazza dell’Indipendenza di Kiev, protetta dal suo arcangelo. Tutti spettatori osservanti, preoccupati e perplessi, come quando arriva una telefonata in piena notte che annuncia un presagio non positivo, ma che si spera alla fine si risolva con un piccolo spavento.
Ma se gli italiani hanno partecipato con coinvolgimento a quello che succede in terre così vicine e così lontane, come vivono questi momenti i cittadini ucraini che risiedono in Italia ma che hanno le famiglie in un territorio sotto attacco? Inna, nata a Kolomyja, zona occidentale dell’Ucraina, consulente assicurativo, in Italia dal 2005. Occhi fieri, passo deciso, sicura, orgogliosa. Una donna senza mezzi termini e con un’ottima dialettica. Inna, curiosa e arguta, non si è limitata a “imparare” l’italiano ma l’ha reso la sua lingua. Non una seconda lingua, ma l’altra sua lingua. E l’Italia l’altra sua patria.
Inna, la tua storia e i tuoi ricordi.
“Mi chiamo Inna, provengo dall’Ucraina di Kolomyja regione Ivano Frankivsjk (zona ovest dell’Ucraina). Il ricordo che ho della mia vita in Ucraina è splendido, io e i miei coetanei eravamo bambini liberi. Sono cresciuta in un piccolo paesino, giocavo con i miei vicini di casa e tornavo a casa solo per mangiare. Le mie vacanze d’estate erano sul fiume vicino a casa, eravamo tutti felici, ci divertivamo tantissimo, avevamo una compagnia unita, facevamo sempre degli scherzi di notte e dispetti ai vicini di casa, insomma bambini spensierati e indipendenti, forse questa leggerezza manca ai bambini di oggi”.
E poi?
“Vivo in Italia, dal 2005. All’epoca mi sono trasferita per motivi familiari. Sicuramente partire per un altro paese, lontano e con un’altra mentalità, non è stato facile, soprattutto all’inizio. Avevo 18 anni, mi sono trovata improvvisamente staccata dalla mia realtà, lontana dalla mia vita, dai miei amici. Priva di tutti i miei parenti, con i quali ho un rapporto splendido. Insomma questo trasferimento non è stato facile. Ero una giovane ragazza, non conoscevo nessuno qui e pensavo che sarebbe stato difficile integrarmi nella società italiana”.
Ed è stato così?
“In realtà l’Italia mi ha conquistata quasi subito. E’ un paese stupendo con delle persone splendide e mi sono sentita a casa anche qui. Naturalmente non voglio certo dire che è sempre tutto perfetto, ci sono dei casi isolati in cui capitano situazioni, come dire, ‘spiacevoli’, ma non ci faccio caso, succedono ovunque. Ma anche l’Italia adesso è casa, è il Paese che mi ha accolto e mi ha dato tanto, e non lo cambierei con nessun altro. E’ qui che voglio trascorrere la mia vita, ho tanti amici splendidi e conoscenti meravigliosi. Ma il mio Paese di origine rimane sempre nel mio cuore, perché è la terra dove sono nata, dove sono cresciuta, dove tutt’ora ho i miei cari”.
In questo momento difficile hai sentito la vicinanza dell’Italia?
“In queste ore buie per il mio Paese, ho ricevuto moltissimi messaggi, in tanti mi hanno dato un sostegno. Mi ha riempito il cuore sapere che ci sono così tante persone che mi sono vicine, in un momento così devastante per tutti noi”.
In cosa ti senti italiana e in cosa resti ucraina?
“La mia mentalità ormai è quasi del tutto italiana, ma il mio sangue è ucraino. Ho due paesi nel mio cuore e li sento entrambi parte di me. La cosa bella di questa esperienza della mia vita è che io ho un privilegio, riesco a comprendere sia una mentalità che l’altra, questa è la ricchezza personale che la vita mi ha regalato e ne sono felice”.
Cosa significa il sangue ucraino?
“L’Ucraina mi ha regalato la fierezza, l’amore per la libertà e la cultura dell’ospitalità ‘estrema’. Da noi un ospite può arrivare a casa tua senza nessun preavviso e state sicuri che il tavolo sarà pieno in 5 minuti. Avete presente il Sud d’Italia? È la stessa cosa. In alcune cose siamo uguali, quindi mi sento a casa sia lì che qui. Mi sento tanto ucraina per l’appartenenza alla famiglia e ai gesti tradizionali”.
Ne racconti qualcuno?
“Avevo un ottimo rapporto con le mie bisnonne, finché erano in vita. Quando avevo 2 anni la mia bisnonna Paraska mi ha insegnato a fare dei fiori finti di tessuto, ero piccolissima ma ho un ricordo vivo e stupendo. E poi avevo un rapporto speciale anche con la mia bisnonna Kateryna: andavo a trovarla e parlavamo per ore, ci confidavamo, era veramente intenso parlare con una donna così saggia che ha vissuto grandi esperienze”.
Ti hanno parlato del periodo sovietico?
“Sì, la bisnonna Paraska mi raccontava di quei tempi duri, quando già negli anni di Holodomor i russi venivano a portare via tutto il cibo casa per casa, lasciando tutti a morire di fame. I racconti del vissuto erano veramente devastanti e mi è sempre dispiaciuto che avessero avuto una vita così difficile e diversa dalla mia. In quel periodo era tutto molto complicato, anche solo seguire la propria religione, molti bambini venivano battezzati di notte, di nascosto. Soprattutto se avevi lavori statali non potevi essere religioso in modo evidente”.
Cosa hai pensato quando hai saputo che il tuo Paese era stato invaso?
“Il risveglio del 24 febbraio è stato il più brutto della mia vita. La mattina presto, mentre ancora dormivo, ho ricevuto una chiamata da mia mamma, ho risposto ancora assonata. Mia mamma non mi chiama mai a quell’ora e ho sentito le seguenti parole: ‘A casa nostra è iniziata la guerra! Putin ha invaso l’Ucraina dal nord, dall’est e dal sud’. È difficile dire cosa ho pensato, ero paralizzata. Non ci credevo. Una volta chiusa la telefonata, sono andata subito a vedere le notizie e sono scoppiata a piangere. Purtroppo sì, questo incubo era vero, un’invasione su larga scala che ha colpito vari punti strategici delle città più importanti”.
Hai sentito i tuoi familiari?
“Ovviamente ho cominciato subito a contattare tutti i miei parenti per sapere se stessero bene e per fortuna stanno tutti bene. Non auguro a nessun Paese di vedere la propria bandiera che illumina i monumenti storici degli altri Paesi. E’ difficile spiegare come ci si sente. Da una parte ti commuove il sostegno degli altri popoli, ma dall’altra sai che purtroppo non è sufficiente fare onore alla bandiera, se poi non si procede con l’aiuto in modo più concreto. Non auguro a nessuna nazione di provare ciò che oggi prova il popolo ucraino”.
La tua famiglia dove si trova? Che notizie ti arrivano?
“Tutta la mia famiglia si trova in Ucraina, qui in Italia vive solo mia mamma e mia sorella. Il mio pensiero e la mia anima adesso sono con tutti miei parenti: mio papà, le mie nonne, i miei cugini e i loro figli, i miei amici e anche con tutte le persone che io conosco. È devastante sentirli e percepire la loro paura, anche se ci ripetono di non preoccuparci. Una mia amica vive a Kiev e da giorni dorme in macchina in un parcheggio sotterraneo: ho paura di perdere il contatto telefonico con lei…”.
Come ti senti?
“Mi sento a tratti in colpa per essere così lontana e per essere così impotente. Continuo a pensare che mentre io sono qui loro ogni giorno rischiano la vita. È devastante. Al momento per fortuna non ci sono notizie certe degli attacchi su quel territorio, a parte la mattina del 24 febbraio quando vicino casa mia è stato distrutto un aeroporto militare. Pure mia nonna ha sentito il botto quella mattina. Però so che ogni giorno è un rischio, al momento ci sono notizie che vogliono distruggere la stazione ferroviaria della nostra città di Kolomyja. E’ come camminare sulle spine ogni giorno, sempre in allerta, senza sapere cosa aspettarsi. È tutto molto difficile. Trovo impossibile che sia successo tutto ciò, non è possibile che l’Occidente non si sia accorto di quello che stava succedendo, anche perché l’Ucraina secondo me è solo il primo obiettivo”.
Cosa temi di più?
“Gli uomini non possono più abbandonare il Paese e devono difenderlo se dovessero essere chiamati. Ho tanti cugini giovani e ho paura per loro. Mi terrorizza, anzi ho una paura folle che possano essere chiamati anche mio padre e i miei zii a combattere”.
Da quanto non vedi i tuoi parenti?
“Per colpa del Covid, non vedo i miei familiari da oltre due anni e mezzo e questo mi fa ulteriormente stare male”.
Che cosa non può capire in questo momento chi non è nato in Ucraina?
“Per alcuni popoli che vivono la pace da tanti anni è chiaro quanto sia difficile comprendere cosa significhi combattere per la propria libertà, non hanno idea di cosa significhi sottostare ad un altro popolo, ma sopratutto sottostare ad un dittatore, in questo caso a Putin. Il livello di patriottismo dell’Ucraina è altissimo, la resistenza è tanta, proprio perché le persone sanno per cosa stanno combattendo ed è questo che dà tanta forza ed è questa la differenza con i soldati costretti a fare una guerra in un altro paese. E’ questa la nostra forza: l’amore per la patria. Vogliamo che il nostro paese sia NOSTRO, libero e indipendente. L’Ucraina nella sua Storia ha subito tante aggressioni e c’è tanta voglia di difendere il nostro paese, soprattutto contro l’aggressione della Russia. Questo sentimento non lo può ben capire chi non è nato in Ucraina. La nostra forza è la motivazione. L’Ucraina è un paese indipendente, pacifico, libero e non è sopportabile né accettabile quello che succede da giovedì scorso. Il mio è un Paese in sviluppo, pieno di giovani che hanno voglia di fare, reiventarsi. C’è tanta imprenditoria giovanile intraprendente, è un Paese vivo e in crescita. Noi non siamo Russi, siamo Ucraini, due popoli e paesi confinanti, ma confiniamo anche con l’Europa”.
Cosa vorrebbero dire i tuoi familiari all’Italia?
“I miei familiari vogliono dire che in Ucraina si muore, le persone reali muoiono, gli aerei volano sopra le teste, le bombe esplodono. Aiutateci a fermare questa invasione”.
Alessia Orlando
Nell’immagine di copertina, Inna ad un matrimonio in Ucraina con i vestiti tradizionali
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