PERUGIA – Una volta l’Umbria, oltre che “regione dal cuore verde”, veniva indicata e descritta come “terra di Santi e di spiritualità”. Una volta. Quando gli umbri, prima, e gli Etruschi, poi, esprimevano, comunque, la loro religiosità con feste, processioni e templi, alcuni dei quali hanno resistito all’ingiuria del tempo, degli eserciti invasori, delle calamità naturali. Oggi – a dar retta alle statistiche dell’Istat – il quadro appare nettamente mutato. Negli ultimi diciotto anni (lo studio e le analisi hanno riguardato il periodo 2001-2018) la disaffezione religiosa tra gli abitanti della regione è aumentata vertiginosamente.
Se agli inizi del terzo Millennio i fedeli (tutti i cittadini compresi dai 6 anni in avanti) che andavano a messa almeno una volta alla settimana risultavano 232.000 contro i 122.000 non frequentatori, l’anno scorso i rapporti si sono decisamente invertiti: i non frequentatori sono balzati a quota 218.000 mentre i devoti sono precipitati a 127.000. Si è assistito, insomma, al sorpasso dei non credenti o comunque dei non religiosi sui praticanti, i pii, gli osservanti. Il fenomeno, ovviamente, riguarda tutta Italia e non solo l’Umbria che si colloca, tra le venti regioni del paese nelle parti basse (quattordicesimo posto, come partecipazione religiosa) e proprio a metà classifica, esatta (decima posizione) a livello di cristiani “tiepidi”, quando non irreligiosi o addirittura atei.
I sociologi diranno da cosa dipenda questo trend in una comunità che ha visto, tra i suoi figli, personalità quali San Benedetto di Norcia, patrono d’Europa e fondatore di un ordine religioso; San Francesco d’Assisi, protettore d’Italia e istitutore dei “poverelli” e santi, beati, martiri da riempirci pagine e pagine come Santa Chiara, Santa Rita da Cascia (quella dei miracoli impossibili), Santa Scolastica, San Fortunato, San Florido, Sant’Ercolano, San Valentino (protettore degli Innamorati), San Feliciano, Sant’Ubaldo. Praticamente non esiste comune, in Umbria che non abbia fornito alla Chiesa un santo, un beato, un martire della fede o, comunque, monasteri, conventi, basiliche, santuari, chiese urbane e chiesette di campagna.
E dovranno spiegare, i sociologi, quali effetti questa disaffezione possa riversare sulla comunità nel suo insieme. Se una maggiore laicità porterà conseguenze positive o negative allo sviluppo della società o se questi aspetti si riveleranno ininfluenti. Di certo “piagnoni” e “beghine”, come un tempo venivano indicati gli uomini e le donne tutti casa e chiesa, saranno sempre più rari da incontrare. La storia insegna, comunque, che la qualità della fede, nei secoli, ha vissuto picchi e crolli. E che i martiri, d’altronde, si sono registrati sia su un fronte, sia sull’altro, quello del libero pensiero. Perché, come affermava Sant’Agostino: “Noli foras ire, in te redi, in interiore homine habitat veritas” (Non uscire da te stesso, rientra in te, nell’interno dell’uomo abita la verità). Principio che può valere per credenti e non credenti.
Elio Clero Bertoldi
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