NUORO – Non bastava la distruzione del paesaggio causata dai roghi che per giorni e giorni hanno tenuto in scacco l’Australia. Il governo del Paese ha deciso di eliminare circa 10.000 dromedari e cavalli selvatici perché bevono troppa acqua che serve per spegnere i diversi focolai che hanno raso al suolo e messo in ginocchio l’undicesimo paese più ricco del mondo. I camelidi in Australia sono considerati animali “invasivi”. Non sono specie autoctone, sono state introdotte in situ dagli europei nell’800, ma non si sono mai integrati con l’ecosistema australiano, anzi hanno più volte danneggiato il suolo e le specie locali. Già nel 2009 e poi successivamente nel 2013 ne sono stati abbattuti diversi capi. Adesso gli incendi semplicemente hanno reso più urgente il controllo di questi animali “alieni” per il luogo.
Cecchini a bordo di un elicottero hanno avuto l’ordine di aprire il fuoco contro dromedari, cammelli e cavalli selvatici, un fuoco incrociato però che talvolta non ha risparmiato nemmeno altre specie locali che si cercava di proteggere dai camelidi ma che sono state, ancora una volta, vittime della barbarie umana. Nelle ultime settimane in tutto il mondo non si è fatto altro che parlare della tremenda e devastante tragedia ambientale che ha consumato il Paese. Piccoli roditori, koala, canguri e milioni di altre specie animali e vegetali sono letteralmente andati in fumo nei roghi che da oltre quattro mesi hanno ridotto l’Australia in cenere.
Per le autorità la salvaguardia della fauna locale è diventata una priorità. Per questo il Dipartimento australiano dell’Ambiente e dell’acqua ha condotto l’operazione con l’aiuto dell’Associazione autoctona 10 Deserts project. Per cinque giorni una squadra di cacciatori volanti è stata incaricata di sparare agli animali nella zona nota come Apy, situata nel Nord Ovest dell’Australia meridionale, dove i dromedari si erano ammassati intorno alle risorse di acqua potabile delle comunità locali, costituendo un rischio per la loro incolumità. Le Apy lands sono una vasta area remota, prevalentemente desertica, che si estende su 103.000 chilometri quadrati, ma che conta appena 2300 abitanti. Una zona che, negli ultimi 18 mesi, è stata colpita duramente dalla siccità. Questo e l’aumento del caldo, dovuto anche agli incendi, ha spinto i cammelli a spostarsi verso i villaggi, rompere i recinti, abbattere i serbatoi d’acqua e distruggere le riserve di cibo in una regione dove l’acqua è estremamente preziosa.
Essendo una specie “alloctona”, il camelide non ha in Australia predatori naturali, condizione che ne determina la riproduzione spesso incontrollata. Pur garantendo “i migliori standard di benessere animale possibili”, l’azione che è stata portata avanti dal Dipartimento dell’Ambiente ha generato perplessità nella popolazione locale e nel gruppo internazionale degli animalisti che ha visto questa scelta come un vero e proprio tiro al bersaglio dall’elicottero. Su Change.Org è stata lanciata persino una petizione per fermare la strage, ma le autorità si sono dimostrate irremovibili e decise a proseguire nel loro intento. I camelidi infatti si sono sempre più allontanati dalle zone che frequentavano abitualmente avvicinandosi sempre più alle case, devastando tutto ciò che incontrano sul loro cammino, inquinando i corsi d’acqua e impedendo alle popolazioni locali di farne uso senza problemi per la loro incolumità fisica.
D’altronde, non tutti sanno che sono state le stesse comunità che abitano la regione dell’Apy a richiedere l’aiuto del Governo per risolvere con qualunque mezzo il problema della sempre più scarsa fruizione dell’acqua, non riuscendo a gestire il sempre più crescente numero di camelidi e la loro insaziabile sete. Il mondo chiede più compassione per le bestie, ma gli australiani temono per i propri figli e il proprio ecosistema. “Pensare di combattere la morte con altra morte è grottesco e paradossale”, sottolinea la presidente LNDC Animal Protection, Piera Rosati.
Il Governo avrebbe potuto prendere in considerazione altre soluzioni, come per esempio il trasferimento in Africa o nel Medio Oriente degli animali in esubero. Persino i somali hanno esortato gli australiani affinché si ponesse fine alla strage proponendo di portare i cammelli nel Corno d’Africa perché li si ha un profondo amore per i camelidi, e il presidente della Somaliland Camel Herders Association, Mustafe Calideeq, ha affermato che una scelta ottimale sarebbe stata quella di riportare i cammelli a casa loro, nel loro luogo d’origine e appartenenza dove sono ritenuti preziosi e secondi solo all’uomo.
Ma le proposte sono arrivate troppo tardi e circa 10.000 animali tra cavalli selvatici, cammelli e dromedari hanno perso la vita. Ancora una volta ha prevalso la legge del più forte e non il tavolo della concertazione.
Virginia Mariane
Nell’immagine di copertina, un cammello ucciso in Australia
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