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Il senso della musica di Valerio Lysander

di | 2022-04-22T12:57:32+02:00 24-4-2022 6:35|Personaggi, Sezione 8, Spettacolo|0 Commenti

ROMA – E’ una parola chiave a svelare il segreto e il fascino di Valerio Lysander, il cantautore di origine italiana da poco rientrato da Londra, il mondo artistico dove ha mosso i primi passi brillando come stella del “baroque pop”.  Lysander sarà tra i finalisti di Musicultura 2022, il prestigioso concorso che ogni anno seleziona e premia la musica italiana di qualità. Il 3 maggio, a Porto Recanati (Macerata), l’artista si contenderà il podio con altri 17 concorrenti. Comunque vada, la sua presenza nella finale del contest marchigiano siglerà la sua entrata ufficiale in una compilation che sarà trasmessa sulle frequenze di Radio Rai 2 e poi, verosimilmente, da tutte le altre emittenti radiofoniche. Il merito, probabilmente, è di quella parola magica che lo caratterizza: “ricerca”. In essa risiede anche il leit motiv con cui il cantautore ha “stregato” pubblico e giuria nella serata della semifinale, il 25  febbraio scorso. Lysander si è presentato con semplicità e classe portando una ventata di novità nel panorama musicale italiano con due canzoni: “Sandali” e “Il mio vestito più bello”, due composizioni in cui è riuscito a sintetizzare, a delineare il suo stesso profilo, un suo ritratto. I testi e la musica hanno magicamente mandato in visibilio chi lo ascoltava da casa e chi era presente al Teatro Lauro Rossi di Macerata. Forse proprio lui può aiutarci a capire perché.

Valerio, puoi spiegarci come nasce una tua canzone?

“È sempre diverso. Talvolta parto dalla musica, altre dalle parole, o altre ancora nascono insieme. Mi piace portare tutto me stesso nelle mie canzoni, per creare delle emozioni e delle parole da condividere, anche con l’obiettivo di arrivare a un contatto diretto con gli altri. Quando canto offro a chi mi ascolta qualcosa di me in cui ognuno si può riconoscere. È una possibilità di dare accesso alle mie parti più intime e comunicare con gli altri. Del resto la musica, come il cinema, la letteratura e l’arte in generale hanno questo potere di farci connettere con le emozioni e le nostre parti più intime, senza sempre essere consapevoli del perché”.

Quanto c’è di te e quanto c’è degli altri in ciò che canti? Come sei nelle relazioni?

“Nelle mie canzoni c’è il mio mondo, il mio modo di vederlo e di vivere le relazioni. Cerco di essere sempre autentico, portando quello che sono, nel bene e nel male. Lo stesso cerco di fare nelle mie relazioni. Penso che per vivere sé stessi al cento per cento bisogna permettersi di essere vulnerabili e mostrarsi per quello che siamo veramente. Questo ci permette di entrare in contatto con gli altri, sentirci veramente apprezzati o imparare se qualcosa di noi ha bisogno di qualche aggiustamento per diventare persone migliori”.

Da ciò che racconti il tuo approccio alla vita appare un po’ mistico. Hai una religione di riferimento?

“Sono nato da una famiglia cattolica ma non praticante. Io ci ho anche provato a intraprendere quella strada ma puoi anche ridere se ti racconto come è andata”.

 A questo punto, devi raccontarlo…

“Dopo la comunione ho continuato a prepararmi per la cresima ma sono stato ‘bocciato’, perché la domenica mattina avevo sempre sonno e non andavo a messa abbastanza. Da allora ho lasciato andare, ma ho provato nella vita altre strade. Per esempio, mi sono avvicinato al buddhismo, ma poi ho capito che ciò che di esso era veramente interessante era il suo fondamento filosofico. Tutte le filosofie rappresentano una strada percorribile verso la consapevolezza e ognuna di esse può andare bene per persone diverse. A un certo punto, però, ho trovato che per me funziona di più un lavoro interiore che ha più a che fare con la psicologia che la religione. Non mi piace stare alle regole, in generale, e ho piacere nel ricercare, capire e fare delle scelte grazie a quello che sento io direttamente. Tramite lo studio della psicologia e la mindfulness ho capito che la mia spiritualità è fatta di una ricerca interiore che ha anche alla base la comprensione degli altri e delle relazioni. Mi piace assorbire non da una dottrina specifica, un pensiero, ma sperimentare e ricercare sempre, cercando la mia consapevolezza sempre con alla base il bene, degli altri e il mio. Quindi vivo la vita cercando di imparare a essere felice e libero, cercando di portare gioia e libertà al mondo, per quanto posso”.

Credo che in questo modo tu abbia risposto anche alla domanda che volevo farti sulla guerra, quella in atto e quelle di sempre.

“Mi sembra di essere stato abbastanza chiaro in merito. Posso dire la mia sotto il profilo umano, non altro perché solo questo mi compete essendo una persona che ha scelto di percorrere la sua strada non danneggiando chi gli sta accanto. Il senso della vita non sta nel dimostrare di avere torto o ragione ma nel cercare una soluzione, come spiegavo prima, senza fare del male. Non ci sono guerre giustificabili, non ci sono mai state”.

A questo proposito credo non sia estraneo il tuo essere vegetariano.

“Sì, certo. La scelta di essere vegetariano è legata anch’essa ad una ricerca di armonia e di ecologia, nel senso più ampio del termine. Specialmente in questa società dove ci sono molte alternative alimentari che non danneggiano gli esseri viventi, posso cercare di essere rispettoso degli spazi altrui mentre io stesso sono sereno. Il vegetarianesimo mi è servito per raggiungere questa posizione e sto cercando nel frattempo anche di diventare completamente vegano”.

Voltiamo pagina: cosa rimarrà della musica contemporanea?

“E’ semplice: rimarrà ciò che piace, come è sempre successo. Ci sono pezzi degli anno ’80 che all’epoca venivano considerati musica da poco, e che invece ancora oggi si ascoltano con piacere. C’è un target e un mood per ogni genere e quindi tutta la musica ha un suo senso per qualcuno”.

E Sanremo? Si racconta che ogni anno fai una tua classifica. Chi avrebbe dovuto vincere secondo te quest’anno?

“Il Festival mi piace tantissimo perché lo vivo come un evento comunitario che per una settimana mette insieme una nazione che condivide, commenta, discute, fa previsioni. I vincitori dell’ultima edizione mi piacciono molto, ma io adoro Elisa che considero una delle mie figure ispiratrici. Anche quest’anno, quando è salita sul palco, la sua magia era innegabile, tutti rimanevano in silenzio ad ascoltare. Questa è la forma più bella di arte.

Dopo Musicultura cosa ti aspetta?

“Chissà… Lascio che arrivi ciò che il flusso mi porta. Intanto, però, il 28 aprile esce il mio primo singolo dopo 2 anni di pausa. La canzone si chiama ‘Sandali’ ed è il mio primo singolo in italiano. Per me è un passo importante, sia perché è la prima uscita post-Covid, ma anche perché cantare in italiano sarà come un ponte verso il mio paese di origine. Il singolo sarà disponibile su tutti i negozi di musica online e le piattaforme di streaming”.

Quindi tu hai tutto ciò che un cantautore può desiderare?

“Beh, ora non esagerare. Io ho avuto molto dalla vita e dalla mia arte. Essere arrivato in finale a Musicultura per me è una conquista grandissima, soprattutto essendo tornato in Italia solo da un anno, ricevere questo onore è molto importante. Tutto ciò che arriverà dopo, se arriverà, sarà un dono che saprò apprezzare. Intanto mi godo i primi risultati, compresa questa piacevole chiacchierata con te della quale ti ringrazio molto”.

 

Germana Punzi

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