Parafrasando una vecchia canzone di Sergio Endrigo quest’anno saremo costretti a dire che “L’estate appena cominciata è già finita”. Anzi, non comincerà proprio.
Almeno secondo quanto affermano gli operatori turistici italiani che, va subito detto, sono tantissimi. Colpa della pandemia provocata dal Coronavirus per la stagione 2020 si prevedono duecentosessanta milioni di presenze in meno, ovvero il 60% di perdita rispetto all’anno precedente, con un danno economico per minore spesa di quasi 30 miliardi. Un impatto drammatico che non coinvolge solo il settore della ricettività ma riguarda anche quello della ristorazione e dei servizi bar (14,4 miliardi), delle vendite nelle reti commerciali (5,1 miliardi) e dei trasporti (2,9 miliardi in meno) e dell’intero indotto.
Un futuro incerto quello che prospetta Assoturismo, associazione che riunisce diverse imprese, cooperative e federazioni che operano nel mondo del turismo e aderiscono alla Confesercenti.
Scenario che ci porta indietro di sessant’anni.
E non finisce qui. Uscire dall’emergenza sanitaria non sarà una questione né semplice né rapida, l’effetto della pandemia sul mercato internazionale ha intaccato e intaccherà chissà ancora per quanto la fiducia dei viaggiatori e ci costringerà a chiudere la stagione estiva con cifre più che dimezzate. Il turismo italiano pagherebbe dunque il 2020 con circa 172 milioni di presenze contro i 430 milioni dell’anno precedente. Numeri che ci spingono appunto agli anni Sessanta quando si viaggiava molto meno, specialmente a bordo di aerei ritenuti un lusso per pochi.
Per quanto riguarda il mercato delle vacanze l’Italia dipende in gran parte dall’Europa dai cui arriva il 79% delle presenze con la Germania al primo posto. Poi ci sono i francesi, gli olandesi, i turisti provenienti dal Regno Unito, austriaci e gli spagnoli. Dagli Stati Uniti ne arrivano 14,5 milioni, poco più di 5 milioni dalla Cina.
Gli esperti stimano il contenimento della fase peggiore dell’emergenza sanitaria italiana entro aprile/maggio, con un graduale ritorno alla normalità entro l’estate. Previsioni che non riguardano però il turismo, penalizzato da un quasi certo permanere del blocco delle frontiere e dei collegamenti internazionali finquando il Coronavirus non sarà debellato su tutto il pianeta. I più ottimisti rimandano la ripartenza al 2021.
“Di fronte a uno scenario così drammatico – afferma Vittorio Messina, presidente di Assoturismo – gli interventi previsti dal decreto Cura Italia per le imprese del turismo, purtroppo, sono inconsistenti”.
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