ROMA – Più che una conferenza stampa è stato uno scatto d’orgoglio. La kermesse dello scorso 15 ottobre all’Arcobaleno, un teatro piccolo con una storia grande, tenutasi per presentare la stagione 2021-2022, è stata anche l’occasione per ricordare il ruolo degli attori e di un settore messo a dura prova negli ultimi tempi ma anche per fissare un momento cruciale: la fine della lunga emergenza sanitaria e la riapertura dei luoghi per lo spettacolo. Il regista e direttore artistico Vincenzo Zingaro, emozionatissimo al sentire il primo applauso del pubblico dopo quasi due anni di silenzio su quel palco che pure conosce benissimo, ha definito questo evento come l’atto iniziale della rinascita.
Un nuovo corso, dunque, che si annuncia con una stagione d’eccellenza sia per gli spettacoli che propone che per i protagonisti, costato un lavoro faticosissimo e che ancora ha bisogno di ritocchi. “Ma questo – ha sottolineato Zingaro a nome di tutti gli attori e gli operatori – vuole essere il segno della nostra reazione, il recupero della scintilla della nostra esistenza”. Perché se è vero che nella radice delle parole sta il loro significato intrinseco, integro a dispetto delle trasformazioni linguistiche, allora dobbiamo sapere – come ha ricordato Zingaro – che “theatron” in greco ha qualcosa a che fare con la vista e infatti dalla platea “si ha uno sguardo privilegiato sulla vita e su tutte le sfaccettature dell’animo umano”. Come non eleggerlo a luogo del ritorno alla socialità?
Sarà forse per questo che la sala, cara a un pubblico di abbonati e agli studenti della Capitale e della provincia, quella sera era gremita e l’attesa per le novità in arrivo vibrava nell’aria, per la speranza e il desiderio di vivere ancora nuove esperienze vedendole “agire” su quel palcoscenico. Il cartellone presentato da Zingaro si pone l’obiettivo di colmare tutto il vuoto umano dei mesi scorsi, vuole che si torni a riflettere, a confrontarsi su temi anche scomodi che sono poi quelli di sempre, di cui l’umanità si vergogna ma pure rappresentano i suoi drammi, le paure che il teatro nel tempo ha esorcizzato.
E’ per questo che la scelta è caduta sul teatro classico, quello buono, ma buono a dispetto del tempo che passa. E i pezzi sono da novanta. Così l’esordio, rinviato per motivi tecnici a febbraio, è stato affidato a Giuseppe Pambieri diretto da Giuseppe Argirò nell’unica tragedia di Seneca che non ha un modello greco: Tieste. “Un tuffo nel male – ha detto lo stesso Pambieri parlando della preparazione di questo lavoro – che è l’unica strada verso il bene e quindi è un percorso necessario per l’animo umano”. Argirò ha definito questa tragedia il tabù dei tabù, la cui funzione è catartica “per la nostra coscienza e per la nostra incoscienza”.
E poi le “Memorie di Adriano” con Pino Micol e la regia di Giuseppe Scaparro, un remake del monologo da sempre recitato da Giorgio Albertazzi in notturna a Villa Adriana. “Mi è toccata una difficile eredità – ha ammesso Micol – ma dicono che sono riuscito nel compito”. La carrellata è proseguita con Leo Gullotta che ha speso poche parole per il suo pregevole viaggio nella letteratura siciliana attraverso il tempo, “Minnazza”, ma non ha lesinato una frecciata sulla discriminazione che con l’emergenza sanitaria ha messo all’angolo i teatri privati, non agevolati come quelli pubblici. “E’ per questo – ha detto – che io sto qui stasera, dalla parte dei piccoli”.
La carrellata è stata ancora lunga: Dosto e Jevsky con uno spettacolo di musica e gioco, Francesco Polizzi con le Metamorfosi, storie antiche che però sono le stesse di tutti i giorni. Tanti classici, insomma, in un cartellone molto ricco che però non include solo greci e latini ma anche gli evergreen italiani. Tra questi Antonio Marsilia che racconta, cantando, Napoli e la sua leggendaria pigrizia, la noia della “controra” con suggestioni che fanno sentire il pubblico come nel salotto di casa propria, tra amici.
Tanti altri sono gli appuntamenti in calendario: il Mago di Oz di Annalisa Amodio, il Dialogo delle Cortigiane di Pietro Aretino e per finire due spettacoli della Compagnia Castalia che da trenta anni ha sede proprio all’Arcobaleno, di cui è diventata l’essenza. E poi tanta poesia e musica italiane, perché anche qui c’è del classico inteso come quel bello che non passa mai di moda. “Abbiamo scelto l’eccellenza – ha sottolineato Zingaro – in ogni evento che abbiamo messo in programma”. La serata, iniziata come una conferenza stampa, si è trasformata presto in una performance, una festa, che è proseguita oltre ogni previsione con gag, canzoni e battute che uscivano le une dalle altre come dal cappello del mago, improvvisando e a dimostrazione che l’arte crea stessa: basta solo darle spazio. http://www.teatroarcobaleno.it/
Gloria Zarletti
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