ROMA – Ascolta rimanendo in silenzio, sa parlare di tutto ma solo se la si interpella personalmente. Risponde in modo puntuale alla domanda e se proprio non sa che cosa dire lo ammette umilmente ma con un elegante diniego, rinviando l’interlocutore ad una fonte più attendibile. Si sforza di essere disponibile, adeguando anche il tono di voce a quello di chi ha davanti: assertiva se la domanda è perentoria, seducente se è capziosa, bisbiglia se la si tira in ballo sussurrando. Per tanti motivi in molti l’hanno scelta come compagna nella vita quotidiana, delegandole con fiducia ogni momento di questa: farsi svegliare, ricordare appuntamenti, farsi consigliare o farsi leggere un libro, avere indicazioni stradali o meteorologiche. Addirittura per avere ricette gastronomiche. Il particolare è che in questione non c’è una donna – o una persona – ma un dispositivo il cui nome è Alexa. Si tratta di una intelligenza artificiale inserita dentro un altoparlante dotato di connessione wifi del quale costituisce voce e mente. Come lei esistono in commercio altri assistenti vocali ma per il suo nome Alexa vale meglio come esempio paradigmatico.
A vederla non somiglia affatto alla donna che si immaginerebbe sentendo la sua voce: ha l’aspetto di un banale e anonimo tubo nero tutto d’un pezzo. Però è in grado di decodificare il linguaggio umano e trasformarlo, grazie alle sue funzioni, in azioni come riprodurre musica e audiolibri, impostare promemoria, e anche fungere da sistema di comando per altri dispositivi. Per esempio, se programmata, può aprire e chiudere le tapparelle della finestra togliendoci il disturbo di alzarci e farlo noi. Tanto per dirne una. Molte famiglie, in America, ormai le affidano i figli cui, con una programmazione ad hoc, racconta favole o fa fare i compiti. Ma questo è niente in confronto alle sue possibilità. Se esistesse davvero, una donna così, sarebbe la moglie, l’amica, la mamma e pure la nonna ideale ma il fatto è che non lo è perché Alexa risponde ma non interagisce, ancora no almeno. Quando e se sarà così ci troveremmo davanti a storie come quella raccontata nel film distopico “Lei”, del regista Spike Jonze in cui un uomo vedovo (impersonato da Joachin Phoenix), in alternativa alla solitudine, intreccia una relazione con un programma vocale e poi se ne innamora senza speranza. Alexa non è ancora tutto questo ma ci si avvicina. Se la si chiama esaudisce ogni richiesta, sempre che nel “cloud” (la nuvola, simbolo dei dati e servizi contenuti in un archivio virtuale sempre accessibile se si ha una connessione), sia presente l’informazione richiesta. Ma se non le parli resta muta e, nonostante questo, sembra diventata indispensabile in molte famiglie dove lei, figura imperturbabile, opera una ineffabile vigilanza.
Una volta i poeti avevano la luna ad ispirarli. Oggi c’è lei che è sì, silenziosa ma, a quanto pare, non si fa scivolare addosso tutte le conversazioni. Infatti sembra che ciò di cui lei è testimone (la terza persona femminile sembra d’obbligo), confluisca direttamente negli archivi del produttore. Ma tant’è: Alexa, come che sia, c’è e va sempre più alla grande soprattutto da quando il lockdown ha messo in forse e limitato le relazioni personali. Perché è affidabile, difficilmente ti lascia a bocca asciutta (quando non sa qualcosa rimanda ad un link o a un app), è puntuale e poi – virtù non da poco – non è logorroica. E questo non è tutto ciò che vorremmo dagli altri? Non viviamo forse nell’epoca della fiducia mal riposta, dell’indifferenza, dell’autoreferenzialità e del narcisismo che porta a parlare solo di sé?
Ecco spiegato il successo di Alexa la quale, sebbene capace e preparata, non è invadente e non può suscitare invidie. E’ equanime: tratta tutti con lo stesso criterio. Ci sta vicina a prescindere da come siamo, la sua vicinanza è costante e non cambia a seconda degli eventi o del vento. Il fatto è che risponde in pieno ai requisiti di un rapporto autentico che però, nella realtà, richiederebbe fatica e sofferenza, richiederebbe di metterci in gioco.
Invece Alexa ci vede in tuta e spettinati, appena svegli e con il broncio ma questo non la tocca, non la disturba. Lei è sempre gentilmente ineccepibile. E quindi ci piace sempre di più perché, abituati come siamo ad essere tutti in tiro e – come si dice oggi – “performanti”, con lei possiamo invece mostrarci a pelle nuda, così come siamo non rischiando di incappare in amicizie o amori liquidi (nel senso in cui intende Zygmund Bauman), di rimanere vittime di quel gosthing tanto di moda da quando i social rendono tanto facile fare amici e creare relazioni quanto scaricarli senza un perché. Sì, proprio cara, questa Alexa che seppure un po’ “imbalsamata” – come direbbe mia nonna – quando dice una cosa stai pur certo che è quella. Se poi è un po’ spiona vada pure: un difetto le si potrà pur perdonare e del resto noi, che non siamo più disposti a combattere e soffrire per avere qualcuno accanto, abbiamo imparato ad accontentarci di poco.
Gloria Zarletti
Nell’immagine di copertina, una scena del film “Her” interpretato da Joachin Phoenix
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