MILANO – “Sabato faccio il vaccino e spero di aver resistito a questa disumana epidemia”. Enzo Iacchetti parla così del suo “Non è un libro” che, questa è la prima novità, non è in vendita nelle edicole e da nessun’altra parte: “È un non libro che non sarà in vendita e uscirà insieme a me nelle piazze italiane con l’egida della Croce Rossa. Sarà distribuito da me stesso a uno a mille euro secondo le proprie risorse: compreremo una ambulanza e la regaleremo a chi ne avrà più bisogno”. In realtà non si tratta di un libro, ma di una raccolta di pensieri scritti e riassunti, nello stile di sintesi dell’autore, dal 20 febbraio 2020 al 21 marzo 2021. “È una raccolta di pensieri: per questo è intitolato “Non è un libro” per rispetto agli scrittori che scrivono libri veri. È pieno di cose comiche, arrabbiate, sui primi sei mesi del lockdown: finisco i miei pensieri il 21 marzo e di lì in avanti il mio cervello non dedica più pensiero a questo disastro socio – politico – scientifico – culturale come lo chiamo io, a questa rivolta della natura contro tutto ciò che di male abbiamo fatto, pensando alle ambulanze che mi facevano una terribile compagnia di sera a Milano mentre portavano i poveri disperati agli ospedali. Ho pensato: faccio questa cosa e la porto io stesso nelle piazze italiane che la Croce Rossa riuscirà a organizzare, con un palchetto e delle sedie secondo il protocollo, fra luglio e agosto: gireremo un po’ l’Italia, non dico che venderemo ma doneremo questo libro a chi vuole sapere i mie pensieri su questa disastrosa avventura”.
Iacchetti, come tutti, soffre molto la clausura imposta dall’arrivo del maledetto virus che ha cambiato e sta cambiando le sorti del mondo: “Stavo facendo una tournèe teatrale con Pino Quartullo ma abbiamo interrotto, come tutti quanti, e abbiamo saltato le 60 date che ci toccavano ancor. Sono rimasto in casa con il mio cane Lucino di nove anni, che nel libro viene chiamato il ‘canino’, fino al punto di parlargli e lui che mi rispondeva con cose intelligenti, figurarsi come ero messo: ho evitato la depressione più totale; ho buttato giù parole a fiumi finché ho pensato che era peccato tenerle solo per me, di un attore e comico un po’ incazzato”. Ecco che Iacchetti segna appunti ovunque, dapprima comici e sorridenti, poi sempre più pungenti e profondi, cercando di trovare una verità nell’immensa confusione a cui siamo stati sottoposti dai vertici sia politici che scientifici.
“È un non libro di 70 pagine che si legge in mezz’ora – confida –. Sono dei raccontini perché amo la sintesi, non ci sono cose noiose, ma anche pensieri un po’ duri verso, per esempio, la prima gestione della salute in Lombardia dove cadevano morti, amici miei e anche parenti che non hanno potuto avere una mano di un proprio caro per passare al di là della vita: questa cosa mi ha sconvolto parecchio e ho trovato che la regione più ricca d’Italia era la più drammatica a livello di sanità e di preparazione politica. E’ dedicato ai medici, agli infermieri, ai volontari: parla di loro, soprattutto di quelli giovani che ci hanno lasciato la pelle, che hanno lasciato mogli o mariti o figli. Io non ho voluto dimenticarmi di loro, tanto da aver anche immaginato alla fine del libro una loro rivolta, una sfida a duello immaginario per tutti quelli che sono morti e che non dovevano morire”.
In questo non libro Iacchetti ne ha anche per i vertici sia politici che scientifici. “Il potere politico delle industrie farmaceutiche, che con i loro bugiardini ci avvertono che si potrebbe anche morire, è frutto di una disinformazione sull’avvento dell’epidemia in generale – sottolinea –. Ho smesso di guardare la televisione da quando ognuno dice la sua, diversa da quella detta la sera prima; noi italiani non ce la meritavamo questa cosa del potere politico – economico perché siamo delle persone perbene: sicuramente in alto ci sono menefreghismo e impreparazione che ci vengono nascosti”. Il potere è alla gogna: “La verità è che ce l’ho contro l’umanità. Dicono che Dio non interviene ma secondo me Lui non c’entra niente, sono gli uomini che devono cambiare: lo dimostra il fatto che quando sono arrivati i vaccini è scattata l’apoteosi della sete di danaro; Albert Bruce Sabin inventò il vaccino contro la poliomielite e lo regalò all’umanità perché tutti potessero approfittare di questo beneficio. O Guglielmo Marconi che inventa la radio e la regala all’umanità senza offrirla al migliore offerente, o Antonio Meucci che se avesse regalato il telefono a sua zia o ai suoi nipoti si sarebbero parlati solo loro ed è chiaro che una invenzione così la regali all’umanità. È arrivata una epidemia pericolosissima che durerà chissà quanto tempo e l’uomo che fa? Inventa il vaccino, se lo fa pagare e se non hai i soldi muori: io trovo che questa cosa sia la decadenza dell’essere umano”.
È passato un anno e la luce si vede là in fondo ma è troppo debole e fioca: “La luce si vede alla fine ma va e viene come una lampadina che non sai se è rotta o se funziona e ogni tanto si riaccende… Io credo che la luce siano le vaccinazioni e credo che nei prossimi anni ci sottoporremo a esse come fosse un antinfluenzale: con questo virus, che è talmente cattivo e che varia continuamente, i vaccini devono essere sempre aggiornati; in questo anno siamo stati anche abbastanza bravi, in alcune città c’è stato qualche assembramento ma io capisco i ragazzi perché come si fa a stare prigionieri in casa: se fossimo ancora più bravi staremo bene anche la prossima estate”.
Il non libro non avrà un prezzo. “Con la Croce Rossa abbiamo già individuato piazze importanti di città e di piccoli centri. L’autoambulanza non costa poco, ci vogliono 110 mila euro e bisogna darci dentro: vorrei arrivarci con i proventi di questo libro e se mancherà una differenza ce la metterò io perché è una cosa che voglio fare come mia personale liberazione. È un libro che non scade e andrà bene anche a Natale, quando faremo date al chiuso se in inverno apriranno i teatri e io sarò a disposizione. Mascherinato farò autografi, selfie e spero che ognuno paghi questa raccolta con dignità e che ci sia qualche ricco che metta di più, almeno per lavarsi la coscienza”.
Il non libro sarà arricchito anche da foto: “Ci sono delle foto fatte durante il lockdown quando mi autoscattavo. Mi sono allineato alla povera gente pur non essendo un povero, e mi sono trovato a capire quanto può soffrire una persona sola e io non lo sono mai stato: ho imparato tante cose dalla solitudine che non solo, a volte, è una buona compagnia ma tante volte è terrorizzante e se non sei forte d’animo è finita e non se ne accorge nessuno che te ne vai. Parlo di due vicini di casa anziani: la signora portata via dall’autoambulanza e questo poveretto che non l’ha più vista e non sa dov’è la bara, dove è sepolta. Ci sono anche dei racconti che fanno ridere. Mi pagherò gli alberghi, i pranzi e le cene: sono nato fra le pecore dei miei nonni perché erano mezzadri, poi la vita mi ha dato tante soddisfazioni, e i soldi non li ho mai spesi in porcate: posso benissimo aiutare gli altri con grande gioia, sperando poi in inverno di ricominciare a lavorare”.
Franco Gigante
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