ROMA – Grande attesa per la serie televisiva “Il nome della rosa”, in onda su Raiuno da lunedì 4 marzo. “Il nome della rosa” è il romanzo scritto nel 1980 dal grande filosofo, saggista, semiologo e scrittore Umberto Eco. Il libro, che ha ottenuto un grande successo sia in Italia che all’estero, è stato tradotto in 47 lingue, ha vinto il premio Strega nel 1981, ha venduto più di cinquanta milioni di copie ed è stato inserito da Le Monde nella lista dei cento libri del secolo.
“Il nome della Rosa” è un romanzo storico ambientato nel Medioevo, filosofico per le molte disquisizioni in esso contenute ed è inoltre un raffinato giallo deduttivo. La trama è complessa ed articolata, la vicenda si svolge nel 1327 ed è ambientata in un monastero benedettino dell’Italia settentrionale. Il personaggio narrante è il protagonista Adso da Melk, che ormai anziano, racconta le vicende accadute nel monastero e le indagini condotte dal suo maestro Guglielmo da Baskerville, monaco inglese ed ex inquisitore seguace del filosofo Ruggero Bacone, che ha l’incarico di mediare un incontro fra i francescani, protetti dall’imperatore Ludovico il Bavaro, e gli emissari del Papa di Avignone Giovanni XXII. Nel lasso temporale di una settimana, da quando i due monaci arrivano nel convento, vengono commessi sette omicidi sui quali indaga anche l’inquisitore Bernardo Gui, che condanna al rogo due monaci ed una donna, senza avere prove certe circa la loro colpevolezza. Sarà Guglielmo da Baskervill, con l’aiuto del suo allievo, a far piena luce sull’accaduto scoprendo il vero responsabile degli omicidi.
Il romanzo rappresenta in pieno il suo autore e il suo sapere dotto ed articolato, è un racconto complesso e di non facile approccio che si snoda attraverso diversi piani di lettura sia filosofici che letterari. Lo stesso infatti ha in sé sia gli elementi del romanzo storico, per via del contesto temporale in cui le vicende si svolgono, che quelle del romanzo giallo in relazione al tipo di vicende in esso narrate (delitti, intrighi ed indagini). D’altronde lo stesso cognome di Guglielmo riporta alla memoria il titolo di un noto romanzo di Arthur Conan Doyle “Il mastino dei Baskerville” in cui il protagonista, l’investigatore Sherlock Holmes, con l’aiuto del fido collaboratore Watson, porta a segno una delle sue più intriganti indagini. Le ambientazioni e le atmosfere del libro invece hanno in sé gli elementi tipici del romanzo gotico che unitamente agli altri elementi sopracitati completano la complessa e variegata struttura narrativa del racconto stesso.
Un libro complesso, articolato e vario sia dal punto di vista della struttura letteraria che da quella più prettamente filosofica con rimandi, disquisizioni e citazioni più o meno dotte ed esplicite messe lì dall’autore che, con sottile arguzia, sfida il lettore a trovare indizi anche e soprattutto grazie alle stesse per cercare di arrivare prima degli inquisitori alla soluzione dell’indagine.
Sicuramente non deve essere stato facile realizzare una trasposizione televisiva di un romanzo così complesso e articolato anche se, dello stesso, era già stata realizzata una versione cinematografica di gran successo nel 1986, quando il regista Jean Jacques Annaud diresse uno straordinario Sean Connery nel ruolo di Guglielmo da Baskerville e Christian Slater nel ruolo di Adso da Melk. Il film, al suo esordio, ottenne scarso successo negli Stati Uniti ma recuperò in Europa ed in Italia, in modo particolare, dove fu il primo film per incassi nella stagione 1986-87 superando al botteghino altre pellicole di successo come Top Gun e Platoon.
Grande è quindi l’attesa e la curiosità di vedere come è stata realizzata la trasposizione televisiva di un romanzo di non facile duttilità. Per il momento si sa che la serie sarà composta da otto episodi della durata di cinquanta minuti ciascuno suddivisi in quattro serate. Nel cast ci sono attori internazionali come John Turturro nella parte di Guglielmo da Baskerville, Damien Hardung (Adso da Melk), Rupert Everett ed altri mentre i principali attori italiani sono Stefano Fresi, Fabrizio Bentivoglio, Alessio Boni e Greta Scarano. La regia è di Giacomo Battiato, già regista della Piovra e della serie televisiva su Karol Wojtyla; la sceneggiatura, scritta da Andrea Porporati e Nigel Williams, è stata supervisionata da Umberto Eco fintanto che lo stesso è stato ancora in vita. Gran parte delle riprese sono state realizzate negli studi di Cinecittà a Roma, ma non sono mancate le riprese esterne che sono state realizzate nei dintorni di Roma, a Vulci, a Montellabate e in Umbria, in particolare a Perugia, dove in piazza IV novembre, è stata girata la scena del rogo su cui fu stato arso vivo Pietro da Todi. Grande cura è stata dedicata alla realizzazione del sonoro sia nella riproduzione dei rumori tipici del 1300 sia nell’esecuzione dei canti gregoriani interpretati da cantanti professionisti.
L’impressione è che nulla è stato lasciato al caso e che ci si trovi di fronte ad un lavoro studiato e curato nei minimi particolari. Non resta che attendere di vedere in tv gli episodi sperando che i risultati siano all’altezza delle aspettative: il professor Umberto Eco lo apprezzerebbe molto.
Silvia Fornari
Nella foto di copertina, una scena della trasposizione televisiva del capolavoro di Umberto Eco
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