TARANTO – Villa Mondragone, a Monte Porzio Catone, oggi in proprietà dell’Università di Tor Vergata, deve il suo nome ad uno dei vecchi proprietari, il cardinale Ugo Boncompagni, futuro papa Gregorio XIII (quello del calendario gregoriano), che fece raffigurare un po’ dappertutto il suo stemma araldico raffigurante un drago. Nel 1865 il principe Marcantonio Borghese donò villa Mondragone ai Gesuiti, i quali la trasformarono in collegio per rampolli di famiglie “bene”. Le rette dovevano servire a coprire i costi di manutenzione, ma gli incassi si dimostrarono insufficienti, sicché nel 1912 l’Ordine religioso decise di mettere in vendita alcuni volumi della biblioteca. L’antiquario polacco Wilfrid Voynich ne acquistò trenta, tra cui un misterioso manoscritto che da lui prese il nome e che oggi è in proprietà dell’Università di Yale: numero di archivio MS 408.
Il codice Voynich è costituito da 102 fogli in pergamena scritti fronte/retro, misura 23,5 cm x 16,2 cm ed è spesso 5 cm; non ha autore, né titolo, né data né capitoli; contiene centinaia di disegni e 37919 parole sconosciute, composte da 25 lettere o caratteri distinti; la grafia è quella umanistica a caratteri latini, usata in Europa occidentale tra la prima metà del XV e i primi del XVI secolo. Il manoscritto sembra redatto da un’unica mano, con tratto fluido e privo di incertezze, le lettere sono omogenee e molto regolari, senza un solo errore o cancellatura: qualcosa di straordinario per un manoscritto. Il testo rispetta anche la cosiddetta Legge di Zipf, secondo la quale la lunghezza delle parole è inversamente proporzionale alla loro frequenza. Le indagini al carbonio-14 hanno permesso di datare la produzione della pergamena tra il 1404 e il 1434, ma non è stato possibile analizzare l’inchiostro: è dunque ammissibile che il testo sia stato vergato in anni successivi.
All’interno del volume Voynich trovò una lettera d’accompagnamento, datata 19 agosto 1665 (o 1666), il cui mittente, Jan Marek Marci, rettore dell’Università di Praga, riferiva al destinatario del plico contenente il codice, il gesuita Athanasius Kircher, che il manoscritto era stato acquistato dall’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, grande collezionista e mecenate, per la somma assai considerevole di 600 ducati. È da supporre che Rodolfo abbia comprato il volume dall’astrologo inglese John Dee durante il suo soggiorno a Praga (tra il 1582 ed il 1586): nell’ottobre del 1586, Dee dichiarò infatti di possedere ben 630 ducati d’oro. È poi probabile che l’imperatore abbia lasciato in eredità il codice al suo medico personale, Jacobi de Tepenecz, il quale successivamente lo cedette a Marci e questi, infine, al gesuita Kircher, notissimo ed apprezzato studioso di geroglifici, trasferitosi da una trentina d’anni a Roma.
Ciò che rende “misterioso” il manoscritto è che è indecifrabile. Ci hanno provato in tanti: filologi, bibliotecari, grafologi, linguisti, alchimisti, botanici, zoologi, antropologi, crittografi, semiologi, matematici, informatici… senza risultato. Sembrerebbe una sorta di erbario, a giudicare dai disegni, ma le 113 specie vegetali ivi raffigurate non esistono in natura… Vi sono rappresentati anche simboli astronomici e zodiacali e nelle ultime pagine si ritrovano diversi disegni di donne nude, perlopiù con addomi prominenti, immerse in liquidi di colore verde o azzurro… Il testo scritto non appartiene a nessuna delle lingue conosciute, vive o morte… È un tremendo rompicapo!
Quasi ogni anno, su varie riviste “scientifiche”, viene pubblicato un articolo in cui l’autore proclama con enfasi di aver decifrato il manoscritto Voynich; subito dopo, decine di altri scritti avanzano seri dubbi sulla correttezza dell’approccio semantico… Le ipotesi interpretative maturate negli anni sono tante, ma nessuna convince. Una di queste è che si tratti di una truffa perpetrata nel XV secolo. In uno dei disegni si nota l’immagine di un castello con le merlature tipiche dell’Italia del nord ed è noto che nel ‘400 era attiva, nelle zone dell’arco alpino orientale, una piccola industria di erbari scritti in lingue sconosciute, per lo più inventate, realizzati a scopo di frode: i volumi venivano venduti a chi ci cascava o mostrati, con aria di mistero, al potenziale acquirente di pozioni definite miracolose. Certo, un manoscritto in pergamena, riccamente illustrato, costituito da un centinaio di fogli costava una fortuna: molto meno, però, di 600 ducati d’oro.
Riccardo Della Ricca
Nell’immagine di copertina, Villa Mondragone, a Monte Porzio Catone
Lascia un commento