FOLIGNO (Perugia) – Uno splendido manoscritto del primo quarto del Trecento è saltato fuori dalla Biblioteca Diocesana Jacobilli di Foligno. E già questa, di per sé, sarebbe una notizia di pregio. Ma lo è ancora di più, perché l’amanuense ha riprodotto “Le divisement dou monde”, ovvero la descrizione del mondo, cioè – per essere ancora più chiari – “Il Milione”. Per cui il testo riemerso da un silenzio lungo secoli è l’ultimo delle 145 copie che ci sono rimaste di settecento anni or sono. Tutto merito, in primis, di Ludovico Jacobilli (1598-1664), eruditissimo sacerdote e letterato folignate (pronipote di Pio V, un Ghisleri), il quale alla sua morte lasciò la ricca libreria (libri a stampa, ma pure manoscritti ed incunaboli) al seminario folignate e, in secundis, degli studiosi e ricercatori dell’università Ca’ Foscari di Venezia (Eugenio Burgio, Marina Buzzoni, Samuela Simion) e dell’ateneo di Nancy (Antonio Montefusco), che lo stanno analizzando, sotto tutti i profili, in maniera particolarmente approfondita.
Anche perché il testo recuperato – formato da 110 carte – presenta la versione più conosciuta e letta in Europa, tanto fu il successo alla uscita del libro. Il manoscritto venne posto in circolazione pochi mesi prima della morte dell’esploratore veneziano (avvenuta nel 1324). Il copista (sconosciuto) ha riprodotto l’intera opera (mancante di poche pagine all’inizio ed all’interno del libro), tutta di sua mano, senza aiuti, pertanto, nella traduzione in volgare (sul mercato circolava pure in latino), mentre quella sorta di enciclopedia geografica ed etnografica era stata dettata da Marco Polo (1254-1324) in volgare (per la precisione il dialetto utilizzato nell’Italia nord orientale ed a Venezia), ma rielaborata da Rustichello di Pisa (trovatore e poeta di romanzi cavallereschi, di cui non si conosce né la data di nascita, né quella di morte) in “lingua d’oil”, il provenzale, allora in voga tra i letterati e i cavalieri crociati.
La “strana coppia” (il veneto ed il toscano) si erano ritrovati, entrambi prigionieri di guerra della Repubblica di Genova, in palazzo San Giorgio. Rustichello era finito ai ceppi dopo la battaglia della Meloria (1284) che i liguri avevano vinto contro i toscani; Marco Polo aveva conosciuto la cella in seguito alla sconfitta che la Superba aveva inflitto alla Serenissima a Curzola (1296). Polo, negli interminabili giorni della dura detenzione (aveva riottenuto la libertà nel 1299) narrava le sue avventure e le scoperte fatte nel viaggio nel Catai, col padre Niccolò e con lo zio Matteo ed alla corte del Kublai Khan, che lo aveva preso a benvolere e lo aveva trattenuto nella propria cerchia per ben diciannove anni, utilizzandolo persino come ambasciatore e Rustichello metteva tutto per iscritto in provenzale (l’antenato del francese).
Pur non essendo i primi ad arrivare ai confini del mondo allora conosciuto (in Catai, l’attuale Cina, era giunto per primo fra’ Giovani di Pian del Carpine, un pastorello di Magione discepolo, tra i primi, di Francesco d’Assisi ed autore della “Historia Mongalorum”), i Polo raccolsero in tutta Europa un consenso enorme – oltre alla raggiunta agiatezza economica – in virtù dei loro coraggiosi e suggestivi viaggi ed il libro raccolse – grazie al latino al tempo parlato in tutta Europa almeno nelle corti e tra le classi colte – una straordinaria diffusione. Ultima curiosità legata a Marco Paolo: tra i beni lasciati agli eredi persino un servo tartaro, chiamato in famiglia col nome di Pietro, che l’esploratore, al ritorno a Venezia, si era portato al seguito dal Catai.
Elio Clero Bertoldi
Nell’immagine di copertina, il prezioso manoscritto de “Il Milione” ritrovato a Foligno
Lascia un commento