NUORO – Chiara è una bambina di quasi 10 anni. Bionda, con due occhioni azzurri che ti conquistano al primo sguardo. È una “personcina a modo”, non passa inosservata. È un vulcano pronto ad eruttare, sempre in movimento, super attiva e curiosa di tutto. È sempre stata una bambina forte, risoluta, determinata: con una marcia in più, come si suol dire. Sta crescendo e lo sta facendo in una situazione particolare come tanti bambini della sua età o tanti altri un po’ più grandi o un po’ più piccoli di lei. La quarantena e il susseguirsi dei decreti con restrizioni sempre più coercitive hanno messo alla prova gli adulti, ma non stanno risparmiando nemmeno i più piccoli che, da un giorno all’altro, hanno visto stravolgere la propria vita e i ritmi a cui erano quotidianamente abituati.
E in questa situazione Chiara Podda, che è una bambina figlia di professionisti entrambi impiegati in campo medico, si è ritrovata a vivere la sua quarantena in modo particolare. Ha deciso pertanto di scrivere un diario per affidare alla carta e alla penna i suoi pensieri, le sue emozioni, i suoi stati d’animo. Chiara è una bambina che predilige tra tutte la matematica e le scienze, ma ama tanto leggere e sa scrivere con dovizia di particolari. Perciò, quando sono venuta a conoscenza delle sue emozioni tradotte in pensieri, ho deciso di dedicarle il mio articolo di questa settimana perché so che lei, come tanti altri bambini, hanno un mare di emozioni dentro il cuore e hanno bisogno di poterle raccontare agli altri. La scuola è chiusa, molto spesso noi docenti siamo più impegnati a rispettare la programmazione didattica che a far riflettere gli allievi su questo triste momento che speravamo sarebbe stato di breve durata e invece si sta protraendo nel tempo. Ed è per questo che voglio proporvi la lettura di alcune sue brevi pagine di diario, per far capire come la spontaneità, la genuinità, la naturalezza dei bambini sia capace non solo di raccontare un’emozione, ma di poterla regalare agli altri.
Nuoro, 17 marzo 2020 Caro diario ti racconto… Sono a casa da 12 giorni. Trascorro le mie giornate un po’ da sola, un po’ da nonna e nonno. I miei genitori sono al lavoro tutti i giorni, anche il sabato e la domenica. All’inizio ero molto contenta per la chiusura della scuola, poi ho capito che era una situazione preoccupante perché questo virus ci avrebbe cambiato la vita, almeno per un po’. In certi giorni ho nostalgia dei miei compagni. Mi mancano tanto; mi manca vederli ogni mattina e mi manca tutta la nostra gioia a ricreazione. Mi mancano le mie abitudini. A casa dei miei nonni ho studiato storia, scienze, geografia; ho fatto i compiti, ho letto e con nonna ho preparato la pizza, gli gnocchi di patate e le coccoi. Anche padrino Tore è sempre in ospedale a decontaminare i vari reparti e i miei nonni sono tanto preoccupati per lui. Non vedo l’ora di tornare a scuola e riabbracciare i miei compagni, le mie maestre, gli amici della 4B e gli altri bambini di San Pietro. Non vedo l’ora di rivedere i miei amici di nuoto, danza, acrobatica, mia cugina Sofia e il mio maestro di pianoforte Jacopo. Non vedo l’ora che tutto finisca per riavere i miei genitori a casa almeno qualche ora in più e vivere una vita normale. Ho capito che per ora a casa devo stare perché c’è in gioco la mia vita e quella degli altri.
Nuoro 22 marzo 2020 Caro diario il mio racconto continua… Mi divido sempre tra casa mia e casa dei miei nonni. Mi sveglio da sola perché i miei escono presto da casa; mi faccio la doccia da sola, mi preparo la colazione e poi mi rilasso un po’. Penso sempre ai miei compagni, ai miei amici e a tutti quelli che non posso vedere. Con mia nonna e mia zia, uno di questi pomeriggi, ho preparato i culurgiones e ho imparato a chiuderli a spiga. Mia nonna è bravissima e velocissima. Un altro pomeriggio ho preparato, sempre con nonna, le lasagne che io ho ribattezzato “vermicelli fumanti”, dopo che mamma li ha conditi col sugo. In questi giorni ho portato dai miei nonni giochi di società che non avevo mai usato. Insieme a loro ho giocato, barato, vinto e perso. Zia Gio, grande appassionata di lettura, mi ha proposto di scrivere e di inviare le pagine del mio primo diario a una casa editrice che dovrà scegliere tra i 100 più belli e pubblicarli. In questi giorni sto capendo cosa significhi nostalgia; l’ho provata poche volte, perché quando hai una vita normale, tra sport, scuola, casa, famiglia non la vivi. Questi ultimi giorni sono stati catastrofici. Mio padre, in ospedale si è rotto il braccio sinistro e dovrà tenere il gesso 30 giorni; padrino Tore ha dovuto fare un tampone per il coronavirus perché facendo un corso in ospedale, ad Olbia, è entrato in contatto con una dottoressa positiva; mia mamma, oltre che stare tutto il giorno in farmacia, sta consegnando le medicine a chi non può uscire di casa. La mia giornata è piena di emozioni: gioia, tristezza, noia, ansia, allegria, paura, ma la sera, quando torno a casa dai miei, passa tutto perché ci raccontiamo cosa abbiamo vissuto.
Virginia Mariane
Lascia un commento