ASSISI (Perugia) – Un cimelio può anche “parlare”, pure restando in silenzio e la bicicletta gialla di un collezionista veneto, Gianfranco Trevisan di Padova, esposta nel “Museo della Memoria, Assisi 1943-1944” nella città del “Poverello”, si rivela un reperto parlante. Non solo perché il colore che le è stato pennellato sul telaio, il giallo appunto, rimanda ai due Tour vinti dal grande campione Gino Bartali (1914-2000), il toscanaccio del “l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare…, ma perché raffigura e svela al di là dell’asso del ciclismo, l’uomo, che si dimostrò persino più grande dello sportivo.
La bici in esposizione, che risale al 1949 quando Ginettaccio si piazzò secondo al Tour, dietro all’amico-rivale Fausto Coppi, e che porta, incastonata, l’immagine della Madonna, richiama, infatti, alla mente le azioni, di solidarietà se non di eroismo, che il ciclista compì durante l’occupazione nazifascista in Italia tra il 1943 ed il 1944 per aiutare gli ebrei, che rischiavano la deportazione e la vita nei lager di Hitler.
Se si chiede ad un appassionato della due ruote di Bartali, snocciolerà giù i tre Giri vinti (nel 1936, nel 1937, nel 1946), i due Tour dominati (nel 1938 e dieci anni dopo, nel 1948, quando il suo successo contribuì ad abbassare la tensione dopo l’attentato a Palmiro Togliatti che avrebbe potuto far esplodere una guerra civile), le quattro Milano-Sanremo conquistate e i tre Giri di Lombardia infilati nel suo “palmares”. Narrerà, quanto meno, la vicenda della borraccia d’acqua che sul Col Galibier, correva il 1952, Gino e Fausto, si scambiarono durante una durissima tappa del Tour. E aggiungerà che, non fosse scoppiato il conflitto mondiale, molti altri trofei avrebbe aggiunto il ciclista fiorentino, al suo già ricco curriculum sportivo. Forse reciterà pure il verso della canzone Bartali: “Quel naso triste da italiano allegro” di Paolo Conte, magari nella versione cantata da Enzo Jannacci.
Non tutti sanno, invece, della profonda e vissuta religiosità di Bartali, cattolico praticamente, che a 27 anni si fece terziario Carmelitano – con il nome di Fra Tarcisio di Santa Teresa di Gesù Bambino – o del suo rifiuto di rispondere al saluto romano che gli era stato rivolto al Tour del 1938. Di sicuro pochissimi sono a conoscenza della sua partecipazione attiva alla “Delasem” (Delegazione degli Emigrati Ebrei), organizzazione segreta, che, diretta dal rabbino di Firenze Nathan Cassuto e dal vescovo Elia Angelo Della Costa, si spese per aiutare concretamente gli Ebrei a fuggire dalle persecuzioni.
Ginettaccio – che mostrava un carattere brusco e scontroso, ma possedeva un cuore d’oro, da vero “buon samaritano” – salvò molte vite (alcuni sostengono non meno di 800) trasportando da Assisi a Firenze falsi documenti, stampati appunto in Umbria nella tipografia Brizi e nascosti all’interno della canna e degli altri tubi della sua bicicletta (sette in tutto), con la quale si spostava da Ponte a Ema di Firenze, dove abitava, fino alla città del Poverello e rientro (oltre 200 km su strade accidentate e polverose), all’apparenza per tenersi in allenamento, in realtà come vera e propria staffetta dell’associazione clandestina. Gino di queste attività non ne aveva parlato neanche in famiglia, se non brevi, rapidi accenni (amava ripetere: “Il bene si fa, ma non si dice. E certe medaglie si appendono all’anima non alla giacca”), ma pian piano, dopo la sua morte, la verità si è fatta strada. Dalla prime ammissioni delle suore di San Quirico di Assisi, alle testimonianze dirette di diversi ebrei salvati dalle grinfie delle SS, raccolte dai ricercatori e anche dallo “Yad Vashem”.
Non sono mancati, negli anni, i negazionisti, ma le prove raccolte e portate al vaglio hanno placato, se non zittito, le voci contrarie. Tanto che nel 2006 il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi consegnò, riconoscimento postumo, ai familiari di Bartali la “Medaglia d’oro al valor civile”; che nel 2011 il nome del ciclista venne iscritto nel “Giardino dei Giusti” a Padova e che, due anni dopo, perfino lo stesso “Yad Vashem”, che aveva affidato gli approfondimenti e le verifiche ad una istituzione autonoma, riconobbe Gino Bartali “Giusto tra le Nazioni”.
La bici gialla resterà nei locali del Vescovado-Santuario della Spoliazione di Assisi sino al 24 settembre.
Elio Clero Bertoldi
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