NAPOLI – Il campionato di calcio va avanti, ma in maniera sempre più discutibile. Il Var (Video Assistant Referee) che sempre di più somiglia al Vorrei Avere Risposte, se da un lato chiarisce molte situazioni dubbie, dall’altro acuisce in maniera esasperata gli animi. Di fronte a situazioni oggettivamente evidenti, lascia comunque, forse
giustamente, non si sa, ad interpretazioni ultime da parte degli arbitri e dei suoi assistenti. Il problema nasce proprio lì, quando lo spettatore, il tifoso, ma anche lo sportivo, invece di avere una risposta certa, si ritrova con
spiegazioni e giustificazioni che non danno le dovute certezze.
E’ successo allo Juventus Stadium tra Juve e Milan così come all’Olimpico in occasione del mach tra Lazio e
Sassuolo; due episodi identici e giudicati in maniera clamorosamente diversa. Certo, gli arbitri non erano gli stessi. Ma scatta il dubbio atroce se non ci sia un pizzico di soggezione nei confronti delle grandi squadre; e quanto più grandi sono, più soggezione si manifesta, e, quindi, come ormai da anni, più sale il livello dell’insofferenza rispetto a metri di giudizio che si esprimono diversamente sui campi di gioco. Di sicuro mai ci si ritroverà di fronte ad una oggettiva decisione.
Gli allenatori incontrati dal designatore arbitrale Rizzoli hanno chiesto una univocità di giudizio. Gli arbitri, dal canto loro, chiedono meno proteste da parte dei giocatori. Aumentano le tensioni anche perché, è bene sottolinearlo, non si può certo più dire che il calcio sia un gioco. Interessi economici miliardari non lo rendono più tale come, forse, era nato. Un mancato rigore, un’assegnazione sbagliata, un’espulsione, comunque una decisione erronea da parte di un arbitro può far perdere, come nel caso di mancata qualificazione Champions, fino a 40 milioni di euro. La responsabilità dello staff arbitrale cresce a dismisura e, in proporzione, tutto il vortice di dubbi, polemiche, disaffezione e altro.
D’altra parte basta dare un’occhiata al calcio giovanile. Qui la situazione si fa grave quando si perde completamente la bussola educativa. Assistere a bordo campo a partite tra ragazzini adolescenti può dare un’idea. Genitori assatanati, a difendere i propri figli o la squadra come se ogni partita, anche amichevole, fosse una finale di Champions; sceneggiate in campo delle peggiori specie, simulazioni e imitazioni delle gesta(?) dei grandi campioni. Insomma sembra che si sia perso il gusto del divertimento di un gioco fatto di sacrificio, di condivisione, di lotta e di educazione anche alla sconfitta o anche… alla vittoria.
Sembra che non ci si ritrovi più nella bellezza del correre, ma solo nella ricerca disperata dell’emergere, del vincere a tutti i costi, della sopraffazione nei confronti dell’avversario. Anche il calcio mostra inesorabilmente le sue crepe. Del resto, se è vero, come è vero che l’arte è lo specchio dei tempi, il calcio, inteso in questo caso come forma di arte, esprime le lacune di una società in crisi.
Innocenzo Calzone
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