MILANO – Approvata unanimemente da parte del Mipaaf la candidatura a patrimonio immateriale dell’Umanità dell’Unesco per “il caffè espresso italiano tra cultura, rito, socialità e letteratura nelle comunità emblematiche da Venezia a Napoli”. Lo ha annunciato il sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e forestali Gian Marco Centinaio, dicendosi soddisfatto: “In Italia il caffè è molto di più di una semplice bevanda: è un vero e proprio rito, è parte integrante della nostra identità nazionale ed è espressione della nostra socialità che ci contraddistingue nel mondo”.
La definizione ufficiale di espresso parla di una bevanda ottenuta dal processo di torrefazione e macinazione dei chicchi di caffè, prodotta attraverso la percolazione di acqua calda sotto pressione che passa attraverso uno strato di caffè macinato e pressato. Il termine “espresso” di fatto denomina il caffè consumato velocemente nei locali dei bar e delle caffetterie, preparato espressamente per il cliente con un particolare metodo di estrazione, utilizzando una speciale macchina che consente di ottenere una bevanda servita in tazzina molto concentrata, cremosa, dal gusto e dall’aroma intensi. Le prime invenzioni e i primi brevetti delle macchine professionali per espresso in Italia risalgono alla fine del XIX secolo. Le macchine per caffè espresso, oggetto di continua evoluzione a livello tecnologico, sono oggi diffuse in tutto il mondo.
Le caffetterie dove si somministra il caffè nascono in epoca precedente l’invenzione dell’espresso e sono presenti in tutta Europa dal 1700 con la diffusione di questa bevanda quando ancora non era preparata con la procedura a pressione. A quei tempi il caffè costituiva una usanza riservata alla borghesia illuminata e innovativa, apprezzato dagli intellettuali come bevanda utile ad aumentare la concentrazione. I “Caffè” furono così luoghi di ritrovo per scrittori, artisti e innovatori sociali; il luogo dove scambiare le idee e, a volte, elaborare le opere. Ma cosa si intende, esattamente, per “un buon caffè italiano”? Quali sono le caratteristiche di un espresso ideale? Eccole.
La crema è la caratteristica immediatamente visibile che ricopre ogni buon espresso. La crema ideale ha una tessitura fine, una superficie regolare e uno spessore di 3-4 mm. La sua persistenza dovrebbe essere di 3-4 minuti così da trattenere le componenti volatili del caffè. Color nocciola con riflessi rossicci e striature testa di moro. L’aroma è rappresentato dallo sprigionarsi di centinaia di sostanze aromatiche che fa scaturire il profumo inconfondibile del vero espresso italiano. Equilibrato e pieno. Il corpo del caffè espresso è individuato dalla corposità, cioè da una sensazione di densità, dovuta alla presenza di emulsioni oleose e sostanze insolubili (colloidi) presenti nell’estratto. Elevato, denso, rotondo, pieno. Il gusto di un perfetto espresso deve essere equilibrato ed armonico senza la prevalenza di un sapore specifico. Equilibrato e molto persistente.
Il processo di tostatura consiste nel portare i chicchi di caffè a temperature molto elevate per circa 15-18 minuti. I chicchi di caffè verde si trasformano in chicchi friabili, leggeri, bruni e profumati. Ed è in questo processo che si formano le 800 sostanze responsabili del gusto e dell’aroma del caffè. Infine la composizione della miscela. Dal momento che il caffè impiegato nell’espresso di solito è frutto della combinazione di più origini di caffè. in genere si parla di miscela. È selezionando le diverse tipologie del caffè sulla base delle loro caratteristiche uniche come aroma, raffinatezza, qualità, persistenza e corposità, abbinandole tra loro che si riesce ad esaltare le diverse personalità mitigandone i difetti. Una buona miscela è importante per avere quello che si può definire l’espresso DOC.
La storia del caffè espresso affonda le radici nella Torino di fine Ottocento, in seguito all’invenzione di una macchina brevettata da Angelo Moriondo nel 1884, ma dobbiamo aspettare i primi del Novecento perché l’espresso si diffonda lungo tutto lo Stivale. Moriondo è stato il pioniere delle macchine espresso: aveva costruito una macchina innovativa, in grado di cambiare il lavoro dei baristi, in grado di produrre tante tazze in serie, ma l’aveva tenuta per i suoi locali senza promuoverla dal momento che all’epoca non c’era ancora una mentalità imprenditoriale. Nel 1901, il milanese Luigi Bezzera rivede leggermente il progetto di Moriondo e presenta la macchina agli operatori del settore e alla stampa, che inizia a interessarsi sempre di più all’invenzione. Il brevetto della macchina passa poi, nel 1902, a Desiderio Pavoni, fondatore dell’azienda meneghina La Pavoni s.p.a. A questo punto la macchina per espresso in ottone cromato, che prende il nome di Ideale, è a sviluppo verticale con una caldaia mantenuta in pressione da un fornello a gas, e inizia a essere prodotta e commercializzata in serie.
Una delle figure più importanti nella storia dell’espresso italiano è quella di Pier Teresio Arduino, che nel 1905 intuisce la potenzialità della macchina da bar e comprende l’importanza di una macchina in grado di realizzare caffè al momento e velocizzare il lavoro dei baristi. Arduino è stato anche colui che ha cominciato a curare il lato estetico del macchinario donando stile ed eleganza all’invenzione. Via via i produttori di macchine aumentano e, nel 1938, il barista milanese Achille Gaggia apporta una modifica significativa, segnando l’inizio dell’epoca moderna dell’espresso: le macchine fino ad allora funzionavano a vapore, Gaggia introduce invece un meccanismo a pistoni che spinge l’acqua attraverso la polvere di caffè ad alta temperatura. Nasce così la prima macchina per espresso a pressione.
In Europa e nel resto del mondo però la bevanda non si diffonde prima della seconda metà del Novecento: e solo nel secondo dopoguerra l’espresso riuscirà a varcare i confini nazionali. Ma una volta andato oltre il territorio italiano, la crescita è inarrestabile. La stragrande maggioranza degli Italiani inizia la sua giornata con un caffè espresso consumato al bar; lo ordina in ufficio durante una pausa di lavoro; vi termina il pasto di mezzogiorno e a volte anche quello serale. Il caffè quindi scandisce il tempo giornaliero. “Giusto il tempo di un caffè” oppure “Prendo un caffè e arrivo” sono frasi ricorrenti nel linguaggio italiano riferite ai tempi precisi della sua istantanea e codificata preparazione. Ma il caffè è sicuramente anche sinonimo di convivialità e incontri. “Prendiamo un caffè?” è una frase utilizzata per socializzare, suggellare un affare, prendere una pausa, vedersi tra amici o addirittura intraprendere una relazione. Oggi come oggi per fare dell’espresso italiano una vera, eccellenza a tutti gli effetti occorre ancora qualcosa. Come tutti i prodotti la tazzina di caffè va presentata nel modo giusto, la bevanda deve essere preparata a regola d’arte e non guasta certo se il barista nel prepararla ne esalta le qualità. Il barista cioè non può più limitarsi a estrarre la bevanda, e farlo in modo perfetto, ma deve saperla raccontare e spiegare in modo chiaro ai suoi clienti.
Solo così l’espresso italiano può tornare a essere ciò che era in origine, una bevanda che ha creato elevati standard di qualità a tutte le latitudini.
Margherita Bonfilio
Direi che mi sono gustata questo articolo come una buona tazza di caffè! Approvo l’iniziativa “Caffè espesso patrimoninio dell’UNESCO”.