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Nella teca del Bruschi i resti di Galileo

di | 2021-11-14T15:04:15+01:00 14-11-2021 6:30|Arte, Sezione 7|0 Commenti

MILANO – La storia è bizzarra, ma quanto mai singolare. Tante coincidenze e accadimenti che solo i limiti della mente non fanno cogliere. Siamo a Firenze. Un collezionista e antiquario fiorentino Alberto Bruschi, egittologo, studioso di araldica, ci consegna una storia incredibile, come le tante che ha studiato sui suoi libri, nei musei e nelle biblioteche che amava. Scomparso da pochi mesi, lascia un’eredità storica incommensurabile. Il giorno è il 5 ottobre del 2009, quando la figlia dell’antiquario Candida Bruschi chiese al suo babbo di acquistare un’antica portareliquie dell’Ottocento messa all’incanto dalla nota Casa d’aste Pandolfini.

Dopo una serie di rialzi, babbo Alberto portò a casa l’antico manufatto. Il piccolo busto in legno sulla sommità della teca provocò in Candida una naturale esclamazione: “Sembra Galileo!”. La teca di legno, realizzata nell’Ottocento, era realmente sormontata dal meraviglioso busto ligneo di Galileo Galilei. L’ampolla in vetro soffiato racchiude l’impressionante scoperta di due dita (pollice e indice destro) e un dente premolare. Alberto Bruschi grazie ad una serie di approfondite ricerche ha identificato origine e contenuto e ha potuto individuare i resti di Galileo. Candida, all’epoca laureanda in lettere e filosofia, stava studiando proprio il sepolcro di Galileo nella Basilica di Santa Croce. Un’altra coincidenza unica, l’aveva portata a leggere il saggio del professor Galluzzi sulla riesumazione delle spoglie dello scienziato.

Il pollice e l’indice della mano destra, nonché il dente furono asportati dalla salma nel 1737 durante la traslazione nella basilica di Santa Croce: erano scomparsi da oltre un secolo. Al macabro rito dell’epoca parteciparono anche il raffinato studioso di antichità Anton Francesco Gori, il marchese Vincenzo Capponi, Provveditore dell’Accademia Fiorentina (che custodì la reliquia) e Antonio Cocchi, il celebre medico e letterato toscano. I tre eccezionali cimeli galileiani acquistati da Alberto Bruschi furono esposti al pubblico per la prima volta dalla primavera 2010 in occasione della riapertura, dopo il restauro dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, denominato Museo Galileo e attualmente ancora in prestito dalla famiglia Bruschi.

Nel Museo fiorentino, sono custoditi altre reliquie del geniale Galileo, oltre i due famosi cannocchiali, da lui brevettati. Ovviamente la Soprintendenza dei Beni Culturali ha confermato che non sussistono dubbi sull’autenticità del reperto. Onore ad Alberto Bruschi che con la sua eccezionale scoperta, balzata alla cronaca mondiale, custodita in un museo. La figlia Candida ricorda il padre con un delicato aneddoto: “Da piccolo se non andava a scuola, si rifugiava in un museo, lì si che avevo da imparare”, raccontava l’antiquario.

L’eclettico Alberto Bruschi ha lasciato il mondo terreno il 9 luglio 2021, ma ha donato alla storia e alla cultura tantissimi preziosi studi, morendo nello stesso giorno di uno personaggi che amò di più nelle sue ricerche, il settimo Granduca di Toscana, Gian Gastone dei Medici, morto a Firenze il 9 luglio 1737. Non è una coincidenza che fu lo stesso anno in cui furono asportati i resti del filosofo pisano e l’ultimo lavoro che commissionò il Granduca. La storia ci racconta l’incredibile e Alberto Bruschi ne ha testimoniato l’esistenza, per il suo amore appassionato per lo studio, la cultura e l’arte.

Claudia Gaetani

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