Ricordate i “professionisti dell’antimafia” di Leonardo Sciascia? Beh, l’espressione va aggiornata: ora bisogna parlare di “professionisti dell’anticamorra”. La polemica esplode con una lettera di Luciana Esposito, giovane giornalista, che è nata e vive a Ponticelli, quartiere difficile di Napoli e ad altissima densità camorristica, a Roberto Saviano.
“Due aggressioni fisiche, l’ultima sfociata persino in un tentativo di sequestro di persona, all’incirca 15 denunce sporte dall’inizio del 2016, minacce di morte da parte della madre del boss dei Barbudos, plurimi raid vandalici alla mia auto. Le intimidazioni, le minacce e gli avvertimenti, sono all’ordine del giorno: questi i fatti che sintetizzano il mio lavoro di giornalista, direttrice di un giornale online qualunque – attacca Esposito -. Il tutto viene ulteriormente aggravato da un dettaglio che fa la differenza: vivo nel posto in cui lavoro e di cui racconto le malefatte, Ponticelli, quel quartiere che hai intravisto attraverso talune scene di Gomorra. Eppure, ho scelto di restare e di non fare nemmeno mezzo passo indietro. Non me ne volere, ma credo che tu non abbia la minima percezione di cosa voglia dire vivere costantemente sotto minaccia. Eppure, non vivo sotto scorta, le spalle ho imparato a guardarmele da sola, ma non credo che la mia vita valga meno della tua, meno che mai lo penso del mio lavoro”.
E ancora: “Mi ha sempre affascinato ed incuriosito il fatto che, invece, tu non subisci questo genere di difficoltà, nonostante ti trovi a raccontare Napoli dall’altro capo del mondo. Romanzare la camorra sta mietendo più danni dell’affiliazione stessa, ma per rendertene conto dovresti vivere Napoli da Napoli. Se dovesse accadermi qualcosa, tu sei una di quelle persone dalle quali desidero ricevere solo indifferenza: vedermi appioppare uno dei tuoi sermoni, vorrebbe dire gettare fango prima sul mio cadavere e poi sulla credibilità del mio lavoro, più silenzioso del tuo, ma anche assai più sincero e disinteressato“.
Si resta attoniti di fronte alla denuncia di Luciana Esposito che, in varie interviste, ha ulteriormente chiarito il senso delle sue parole. “Ho ricevuto una ventina di premi – dichiara – ma i premi nella mia zona sono le minacce”. Aggiungendo in un’altra circostanza: “Tra le tante minacce che ricevo c’è anche chi mi dice non mollare perché io sto con te”. Non c’è dubbio che Saviano combatta il malaffare e le associazioni criminali, ma con altrettanta chiarezza va detto che la giornalista napoletana fa altrettanto, rischiando quotidianamente e costantemente la pelle. Difficile trovare una quadra tra le due posizioni: lo scrittore ha avuto gloria e ricchezza dal suo impegno anticamorra, ma Luciana non è da meno. Certe polemiche alla fine fanno solo il gioco della camorra.
Così come, una trentina d’anni fa, quell’articolo di Sciascia sul Corriere della Sera segnò un discrimine netto nella lotta alla mafia. Prendeva spunto dalla nomina di Paolo Borsellino alla guida di Procura di Marsala ma di fatto segnò la fine del pool antimafia creato da Antonino Caponnetto. Che, infatti, quando andò in pensione non fu sostituito da Giovanni Falcone, come era era logico e auspicabile: il Consiglio superiore della magistratura gli preferì un giudice più anziano, ma pressoché a digiuno di lotta alla mafia. Sappiamo tutti come sono finiti sia Falcone che Borsellino. La sensazione è che, continuando così, a trarne vantaggio saranno soltanto le associazioni criminali
Buona domenica.
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