I cambiamenti climatici sono una faccenda seria? Certamente, anzi molto seria. I comportamenti dell’uomo stanno generando disastri ambientali forse irreparabili? Senza ombra di dubbio e dunque serve una globale inversione di tendenza. Quanto appena affermato è così lapalissiano che non meriterebbe neppure d’essere ripetuto e sottolineato, con la logica conseguenza che la generale mobilitazione degli ultimi mesi (non ultimo lo sciopero degli studenti italiani di venerdì scorso) va accolta con soddisfazione e seguita con attenzione: è il segno tangibile che qualcosa è cambiato e che soprattutto le nuove generazioni stanno facendo molto più di quanto fatto in passato, cercando di porre rimedio ai guasti prodotti dalle generazioni precedenti, a cominciare dalla mia.
Eppure, c’è qualcosa che non mi quadra in tutto questo fervore ambientalistico. Ai miei tempi, al liceo e soprattutto al ginnasio, spesso si scioperava per protestare contro la guerra nel Vietnam. Scopo senz’altro nobilissimo, ma talvolta ad alcuni di noi interessava ben poco del napalm sparso dagli yankees perché contava di più rinviare una temibile interrogazione di greco o di latino. Questa è la verità e va detta senza infingimenti. Da ciò deriva automaticamente che la massiccia partecipazione al “Fridays For Future” sia strumentale? Assolutamente no. Anzi, sono convinto che la stragrande maggioranza di coloro che hanno aderito sia mossa da intenti seri e più che condivisibili. I giovani possono, anzi devono lavorare per il loro futuro (anche per quelli come me di una certa età, sebbene gli orizzonti siano più limitati).
Viene da chiedersi, però, quanti di coloro che si stracciano quotidianamente le vesti per l’ambiente massacrato, abbiano modificato i loro stili di vita. La domanda è molto seria e tutt’altro che provocatoria. A Viterbo, la città dove vivo da oltre 20 anni, va avanti da tempo la raccolta differenziata dei rifiuti. I risultati non sono incoraggianti: si continua a differenziare poco e male e l’abitudine a depositare i sacchetti nei giorni e nelle ore stabilite fatica a prender piede. A Roma, la nostra Capitale, il problema dei rifiuti per strada scoppia periodicamente con frequenza preoccupante e questo non può solo dipendere dalle carenze del sistema di raccolta: in larga misura è generato anche dai comportamenti incivili e negligenti dei cittadini. E pure questo va detto senza nascondersi dietro un dito. Ma non mancano, ad ogni latitudine dell’italico Stivale, esempi virtuosi da segnalare e sottolineare.
E poi c’è Greta. Che non è mi è particolarmente simpatica. Su questa ragazzina si è detto e scritto di tutto e di più: non ho i mezzi per stabilire quanto ci sia di vero e quanto di strumentale. Una certezza però c’è: mi sembra che affidare ad una quindicenne la bandiera della battaglia ambientale mondiale sia molto romantico, ma poco produttivo. La svedesina provi a farsi un viaggetto in India o in Cina, i maggiori produttori mondiali di inquinamento, e cerchi di convincere i governanti di quei Paesi. O provi a parlare col signor Trump che, appena arrivato alla Casa Bianca, ha ritirato gli Usa dal patto di Parigi sul riscaldamento globale, varando in compenso misure destinate ad innalzare ulteriormente la temperatura del pianeta. Per esempio alle centrali elettriche a carbone sono stati tolti i limiti di emissioni di Co2 e poi è stata cancellata la norma che le obbligava a controllare gli sversamenti in acqua di arsenico e mercurio. Con un risparmio per l’industria di 9 miliardi di dollari l’anno. Provare a salvare la Terra dall’incuria e dalle nefandezze degli uomini che la abitano è sacrosanto e merita ogni appoggio: affidarsi a Greta e ai suoi discorsi (preconfezionati?) appare solo una leggiadra utopia.
Il tema dell’ambiente investe così tante questioni intrecciate tra loro che ridurlo ad una simpatica ragazzina è operazione mediatica, insufficiente a trovare soluzioni condivise e applicate nell’intero pianeta. Il fatto è che a me la maggior parte delle parole che terminano in “ismo” non piace affatto. Compreso ambientalismo.
Buona domenica.
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