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I modelli diseducativi proposti in televisione

di | 2019-01-18T00:12:41+01:00 20-1-2019 6:35|Attualità, Sezione 8|0 Commenti

ROMA – La televisione oggi è nemica della cultura? È colpevole di allontanare le persone dalla riflessione, dall’approfondimento, da contenuti di spessore? Da un po’ di anni a  questa parte  l’offerta di programmi di alcune emittenti televisive è di scarsa qualità tanto da guadagnarsi, innegabilmente a buon diritto, la definizione di “TV spazzatura”. Il  successo di alcuni programmi della cosiddetta “reality tv” si ispira maggiormente ad isole di naufraghi o a racconti di esperienze personali, dove persone più o meno famose mettono la loro vita e la loro privacy sotto i riflettori in cambio di un po’ di fama, sfruttando il coinvolgimento del pubblico da casa e, adeguandosi a figure-tipo previste dal format, si trasformano in “personaggi” sfruttando così il loro desiderio di visibilità immergendosi in ruoli ste­reotipati.

 

L’intervento che questi programmi fanno sulla realtà è molto pesante e l’aspetto ben più nefasto è la diseducazione che trasmettono, in primis agli spettatori più giovani per i quali sono di certo diseducativi. E’ evidente come i reality show abbiano rivo­luzionato, in negativo, il modo di accedere al mondo dello spet­tacolo. Se una volta per diventare famosi era necessario coltivare un proprio talento, trovare le occasioni giuste per mostrare al pubblico le proprie capacità, nonché lottare e migliorarsi conti­nuamente per raggiungere livelli sempre più alti, oggi la fama si raggiunge con poco.

 

La TV oggi è un mezzo di istupidimento, un luogo dove la cultura è stata rimpiazzata da litigi, comportamenti aggressivi, scorretti o addirittura volgari proposti dai VIP, più o meno famosi, che molti giovani tendono facilmen­te ad imitare perché pensano che, così facendo, hanno la possibilità di avvicinarsi maggiormente alla strada per il successo. Non è più necessario eccellere in qualcosa, basta mo­strarsi per qualche mese sotto l’occhio di centinaia di telecamere e comportarsi in modo da suscitare gossip e polemiche.

 

La televisione si è riempita di showgirls e altri personaggi usciti dai reality che si fanno conoscere velocemente per motivazioni poco condivisibili, ma che restano sprovvisti di qualunque talento artistico. Anche la pubblicità, che è aumentata notevolmente di volume, è ultimamente molto volgare e fa ricorso spesso ad immagini al limite del pudore e abbinate a doppi sensi di dubbio gusto seguendo una logica che mira soprattutto all’audience e alla ricerca del profitto economico a scapito purtroppo dei contenuti.

 

Non si può fare a meno di riconoscere, però, che in TV vengono trasmessi anche programmi di approfondimento su temi di politica e di società, ottimi film, telegiornali e reportage che tengono costantemente informati su fatti in scala nazionale ed internazionale, stando comodamente seduti a casa. E’ vero che alcune trasmissioni propongono dibattiti interessanti su temi d’attualità e si preoccupano di proporre al pubblico programmi qualificati, ma si tratta purtroppo di casi rari nei palinsesti della televisione generalista. La TV è da sempre un mezzo di comunicazione molto importante che tiene compagnia a molte fasce di popolazione come anziani e persone sole e che ha avuto, nel dopoguerra, un ruolo di rilevante importanza trasmettendo programmi in cui veniva insegnato l’italiano contribuendo a contrastare l’analfabetismo e a portare all’unificazione linguistica un Paese frammentato dai dialetti

 

È questa funzione educativa/diseducativa che rende necessaria la riflessione sulla possibile pericolosità dei modelli proposti. Sottoporre all’influsso non sempre positivo di certi programmi televisivi che veicolano il messaggio che più che essere serve apparire e che per aver successo nella vita non occorre prepararsi e costruirsi una solida cultura, ma basta la furbizia e la giusta immagine esteriore, significa plasmare negativamente le personalità di intere generazioni che molte volte non hanno ancora sviluppato senso critico per capire cos’è “reale” e cos’è “fiction”.

 

Adele Paglialunga

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