MILANO – Chiunque passi dell’autostrada diretta a Torino o quella che volge verso sud a Genova, vedrà stagliarsi anche a chilometri di distanza una luce dorata: è quella della statua del santuario di Nostra Signora della Guardia, voluta da don Luigi Orione nella città di Tortona, in provincia di Alessandria. Il santuario consacrato da monsignor Luigi Bongianino, vescovo di Tortona, il 24 agosto 1991, è dedicato alla Beata Vergine Madre di Dio, venerata sotto il popolare titolo di Madonna della Guardia. Il 1º ottobre 1991 il santuario è stato elevato alla dignità di Basilica minore da papa Giovanni Paolo II. Il 1º gennaio la Chiesa celebra Maria Madre di Dio ed è possibile, per i fedeli, ottenere l’indulgenza plenaria, ossia quella che, secondo la dottrina cattolica, libera per intero dalla pena temporale dovuta per i peccati.
Al santuario è collegata una torre alta 60 metri costruita negli anni 1954-58 su progetto dell’architetto Gallo di Torino. Alla sua sommità è posta proprio la statua in bronzo dorato della Madonna con in braccio Gesù Bambino, visibile ai molti che percorrono quelle colline. Realizzata dallo scultore Narciso Cassino, con i suoi 14 metri di altezza e le sue 12 tonnellate di peso, è la più grande statua bronzea al mondo posta in cima a un edificio. Essa venne realizzata utilizzando come materia prima il rame delle pentole rotte raccolto nella diocesi di Tortona in seguito alla missione di predicazione lanciata da Don Orione per la realizzazione del monumento. La torre è visitabile fino al balcone posto alla base della statua; per arrivare in cima bisogna salire oltre 300 gradini oppure usufruire di due ascensori. Il santuario ospita nella navata di destra, la tomba di San Luigi Orione, meta di pellegrinaggi da ogni parte del mondo. Il corpo del santo è conservato in una teca con le pareti di vetro ed è quindi visibile dai fedeli. In basilica è esposta la Via Crucis di Antonio Ciseri, ove il volto del Cireneo, nella quinta stazione, ha le sembianze di don Orione.
Luigi Orione (nato a Pontecurone, 23 giugno 1872, figlio di Vittorio, un selciatore di strade, e di Carolina Feltri, una contadina analfabeta di origine veneta) è il fondatore della Piccola opera della Divina Provvidenza. La Chiesa cattolica lo venera come santo dal 2004, quando è stato canonizzato da papa Giovanni Paolo II. Nel settembre 1885 entra tra i francescani di Voghera, ma nel giugno del 1886 ne viene dimesso a causa di una grave malattia per la quale rischia la morte. Il 4 ottobre 1886 diventa allievo nell’oratorio Valdocco di Torino, dove rimane tre anni. Viene notato da Giovanni Bosco che lo annovera tra i suoi prediletti. Il 16 ottobre 1889 entra nel seminario di Tortona, dove gli viene anche affidato il compito di custode in Duomo. Il 2 marzo 1892 inizia l’apostolato per la gioventù. Il 3 luglio 1892 inaugura l’Oratorio san Luigi. A 21 anni, il 15 ottobre 1893 apre nel rione san Bernardino di Tortona un collegio per fanciulli desiderosi di studiare ma poveri di famiglia. Viene ordinato sacerdote il 13 aprile 1895.
A partire dal 1899 comincia a raccogliere intorno a sé un primo gruppo di preti e chierici che andranno a costituire la Piccola opera della Divina Provvidenza, approvata dal vescovo diocesano nel 1903. Nel 1908 si reca a Messina e Reggio Calabria devastate dal terremoto per partecipare agli aiuti, lì si dedica per tre anni soprattutto alla cura degli orfani, in particolare a Reggio Calabria contribuisce a far nascere il Santuario di Sant’Antonio. Durante la prima guerra mondiale fece il voto di costruire un grande santuario alla Madonna, se i soldati del rione fossero ritornati sani e salvi. Il voto venne fatto il 29 agosto del 1918; il 4 novembre la guerra finiva. Al termine della Prima guerra mondiale comincia la fase di espansione dell’opera orionina: fondazione di collegi, di colonie agricole e di opere caritative e assistenziali sia in Italia (Campocroce, Milano, Genova, Roma, Palermo,) sia nel mondo (Brasile, Polonia, Ucraina, in America, del Sud e del Nord, ma anche in Inghilterra ed Albania).
Data la vasta rete mondiale di solidarietà e carità verso i poveri e i bisognosi, attualmente l’Opera di Don Orione è impegnata, sul fronte della guerra Russia-Ucraina, con gli aiuti umanitari, alle famiglie di donne e bambini che sono ospitate nella città di Tortona. Tanto fece Don Orione con le sue opere in questi paesi già torturati dalla Prima e Seconda Guerra Mondiale e, proprio oggi, si può scorgere al lato della reliquia di Don Orione, la mano di una donna che con le sue figlie, recita in ucraino una preghiera salvificatrice rivolta al santo. I miracoli che portarono alla santificazione di Don Luigi Orione riguardano guarigioni, avvenute dopo la morte del presbitero, avvenuta a Sanremo, 12 marzo 1940. Il primo all’ospedale di Lodi, il 7 aprile 1944, dove era ricoverato in coma il giovane Giorgio Passamonti, con la diagnosi di meningite tubercolare e con febbre a 42°C.
I medici gli avevano dato poche ore di vita, e la madre aveva invocato don Orione perché lo avesse tenuto in vita fino all’arrivo del padre. Improvvisamente il ragazzino si risvegliò, disse di sentirsi guarito e chiese da mangiare, tra lo stupore dei medici che constatarono la scomparsa della meningite. Passamonti ebbe in seguito una normale vita lavorativa e, sposatosi, ebbe cinque figli. Il 29 aprile 1980 papa Giovanni Paolo II riconobbe la guarigione come miracolosa, dopo che i medici ne avevano constatato l’inspiegabilità scientifica e dopo che i teologi avevano confermato l’intercessione di don Orione, che fu proclamato beato il 26 ottobre 1980.
L’altro miracolo attribuito al sacerdote piemontese riguarda la guarigione, inspiegabile da un punto di vista scientifico, di Pietro Penacca, il quale, nel 1990, all’età di 78 anni, manifestò i sintomi di una malattia polmonare. Ricoverato al San Raffaele di Milano, gli fu diagnosticato un carcinoma, ma data la sua età avanzata, i medici decisero che era inopportuno sia operarlo che curarlo. I familiari dell’anziano si rivolsero allora all’intercessione di Don Orione e in pochi giorni, a partire dai primi di gennaio dei 1991, Penacca cominciò a migliorare e rapidamente giunse ad una completa guarigione. Penacca lo aveva conosciuto e ricordava quando negli anni Trenta don Orione aveva visitato anche il suo paese per la celebre raccolta delle pentole di rame usate, da fondere per erigere la statua della Madonna della Guardia.
Don Luigi Orione si faceva chiamare “il facchino di Dio”. Papa Pacelli, dopo la morte, lo chiamò “apostolo della carità e padre dei poveri”. Il don diceva: “Confesso che avrei dovuto fare molto di più e ne chiedo perdono al Signore”. Le parole della carità orionina, alimentata da “un cuore senza confini” e sorretta, costantemente, dall’esercizio della preghiera. “Ave Maria e avanti” era il suo motto, la sua bandiera, il modo più diretto e immediato per dialogare, attraverso un sussidio mediatico sicuramente efficace ed avere accanto tanti servi di dio che lo seguirono con la sua opera.
Claudia Gaetani
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