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I gioielli pastorali d’Abruzzo fra arte, amore e fede

di | 2021-09-03T19:41:30+02:00 5-9-2021 6:25|Attualità, Sezione 6|1 Comment

MILANO – I gioielli d’Abruzzo hanno una singolare matrice culturale legata alla diffusione della pastorizia che, dal Seicento in poi, portò alla realizzazione di cospicui patrimoni derivati dall’allevamento e dal commercio delle greggi. Il raggiungimento di uno status di agiatezza fece nascere la necessità sociale dell’ostentazione dei propri beni attraverso degli oggetti che avevano il compito di attestare il lusso e la prosperità conseguiti. Da qui nasce la volontà di esprimere attraverso l’artigianato orafo le peculiarità delle diverse comunità abruzzesi. Fu proprio tramite oggetti di grande pregio che si raggiunse l’espressione più intima e veritiera dell’antica cultura pastorale, creando, ideando e preparando manufatti nati per rappresentare un mondo dalle tradizioni intatte.

Le sciacquaje

Si forgiarono oggetti decorativi o funzionali, come i fermagli per le cappe accanto a gioielli considerati scaramantici o segno di una promessa d’amore. Autentici e raffinati “utensili” espressione di sentimenti profondi e radicati di un’intera comunità. Il gioiello così divenne un elemento fondamentale per comunicare valori, esprimere il patrimonio familiare, contrastare la malasorte, ornare e valorizzare gli abiti, orientare gli sguardi sulla grazia femminile esaltata dalla presenza di oggetti preziosi. Dal mondo della transumanza, passando per i registri dei notai e gli elenchi della dote, è giunta fino ai giorni odierni la storia dei gioielli pastorali. Così la vita quotidiana dell’Abruzzo di altri tempi viene raccontata fra riti di nascita e morte, scintillio di sacro e profano, ex-voto d’oro e argento, orecchini, anelli e collane. I gioielli non furono prerogativa delle sole donne, anzi molti sono i gioielli maschili, di tipo funzionale o apotropaico, come i fermagli d’argento che chiudevano le grandi cappe dei pastori abruzzesi oppure l’orecchino d’oro a forma di bottoncino, cerchio o navicella. A questi si aggiungono poi le effigi ex voto, in argento, del santo protettore, che i pastori portavano cucite all’interno delle giubbe, come anche talismani e ancora i denti di lupo o l’unghia di orso, la “grande bestia”.

Le cerceje

I gioielli scandiscono l’intera vita della donna dalla nascita al matrimonio, la maternità e la morte. Feste, processioni, cerimonie, tutto rappresenta l’occasione per ostentare, con compiacimento, la propria dotazione personale. Ai doni matrimoniali dove troneggia il laccetto d’oro che la suocera regala alla nuora, o l’amorino, si aggiungono sempre di più gli orecchini, considerati segnale di rango, con varie fogge a navicella, a perle, a campanella. Di grande importanza anche i fermagli. Per lo più si tratta di grandi argenti con l’immagine della Madonna del Carmine, o di scaramantici scorpioni, o di angeli, da appuntare sul corpetto o ancora bottoni d’argento destinati ad adornare le variopinte camicie femminili. Le collane però rimangono i gioielli più ricercati. Esse esprimono un profondo valore patrimoniale e familiare e per questo spesso presentano immagini sacre con significato protettivo come le croci, le effigi della Vergine o dei Santi. Tra tutte emerge la “cannatora”, girocollo formato da sfere ovali lavorate a sbalzo, secondo un’antica tecnica chiamata “prescine”, che sta ad indicare il frutto pungente dell’uva spina. Talora i globi erano uniti l’un l’altro da un nastro di seta colorato a seconda della foggia dell’abito; in altri casi da una catena in oro. Alcune variazioni al modello classico prevedono che la cannatora venga accompagnata ad un medaglione filigranato con un elemento centrale in corallo oppure unita alla “presentosa”.

La Presentosa è il gioiello abruzzese per “eccellenza” attestata fin dal Settecento, la “Presentenza”, divenuta poi “Presentosa” a seguito della menzione che ne fa Gabriele D’Annunzio ne “Il trionfo della morte” del 1894, “è pregiato ornamento in filo d’oro e d’argento”. Rappresentava la promessa di matrimonio alle giovani a cui veniva donata dalla futura suocera o dallo sposo. Il suo nome si fa derivare dal significato originario di dono – “presente” – con il quale il pretendente si impegnava, prima di partire per le vie della transumanza, in una promessa di matrimonio nei confronti della giovane prescelta. Il termine è legato al significato di “presentazione”, di “ingresso” della sposa nella famiglia del marito. Elemento principale è la stella che è riferita al desiderio, dal latino “de siderea” – letteralmente “dalle stelle” – a simboleggiare l’impossibile unione tra il cielo e la terra, tra il sacro e il profano. Ad essa si uniscono due cuori legati da una semiluna a sottolinearne il carattere di amuleto. Questo gioiello posto sul seno della donna in corrispondenza del cuore aveva il segreto compito di preservare la fedeltà della coppia, come pure di propiziare la fecondità della famiglia. Nella cultura abruzzese la Presentosa, nelle sue forme e nei suoi disegni, rappresentava i momenti della vita di una donna. Il cuore singolo poteva essere, per esempio, la promessa di fidanzamento, mentre il cuore doppio il fidanzamento e il cuore doppio legato, la promessa di matrimonio, come risulta anche dalle interpretazioni storiografiche più attendibili.

La presentosa

Tra gli altri gioielli sono da ricordare le “Sciacquaije”, orecchini dalla caratteristica forma a “navetta”, originari della zona di Pescocostanzo, come pure le “Circeglie”, tipici gioielli di Scanno. L’importanza degli orecchini a pendente è legata al tintinnio del metallo prezioso ai lobi delle donne che serve ad attirare lo sguardo incrementando il messaggio di seduzione, da una parte, e dall’altra ad allontanare gli spiriti del male. Inoltre prevale l’uso degli anelli, di forgia e materiali molto vari: con pietre dure bianche e rosse, di diamante, con pietre bianche unite all’oro o agli smeraldi, con le iniziali in oro e smalto. Diffusa la “cicerchiata”, vera nuziale a fascia con granulazione, in oro o in argento. La tecnica della filigrana fu in origine usata per la produzione di bottoni, divenuti talmente belli da svilupparsi poi in veri e propri monili. Nel tempo si sono creati alcuni gioielli-simbolo che hanno assunto un significato speciale. Tra questi vanno annoverati Bottoniera (dodici bottoni in argento, posti sul corpetto del costume tradizionale di Scann), Cicerchiata (antica fede nuziale composta da una fascia decorata con granellini d’oro); Circeje (grandi orecchini in lamina traforata a forma di navicella con pendenti di perle: il lavoro traforato assumeva il viso di una Circe, che doveva incantare il maschio, sopra un piccolo gallo lo attirava con il suo richiamo); Sciaquajje (orecchini a navicella semilunata in oro arricchiti con pendenti oscillanti, così chiamati perché mentre la donna sciaquava i panni facevano un suono caratteristico); Chiacchiere (lunga collana a spighette d’oro cave e decorate a pressione, da rigirare intorno al collo); Amorino (si tratta di un complesso ciondolo a spilla da regalare alla sposa, raffigurante un angioletto che scocca un dardo).

E infine i rosari, costituiti da croci in argento con grani di coralli e d’oro, o di ambra e corallo rosa o interamente di filigrana d’oro e pietre preziose, o in argento. I gioielli venivano indossati dalle donne non soltanto nei momenti importanti, ma nella vita di tutti i giorni, poiché il gioiello aveva un valore non solo di ornamento ma soprattutto apotropaico. Nella realtà rurale che D’Annunzio ben descrive nel dramma “La figlia di Iorio” e che i pittori abruzzesi del XIX secolo furono abilissimi nel raffigurare, si credeva che questi amuleti fossero capaci di scongiurare malattie, malocchi e allontanare influssi maligni.

Nella cultura pastorale infatti persiste la segreta convinzione che le pietre e i metalli preziosi oltre ad essere legate a figure sacre siano anche creature “infere”. Le pietre e i metalli, infatti, provengono dalle profondità della terra dove risiedono i demoni e portano con sé poteri misteriosi. “Tengono lontane” le malattie, “distraggono” il malocchio, sono segni di attrazione, donano il piacere della rarità. L’oro e l’argento riportati alla luce, poi, rilasciano bagliori di maliziosa seduzione. Ecco perché il gioiello si lega anche al mondo della leggenda, del mito e della fantasia popolare generando immaginazione e reverenziale timore.

Margherita Bonfilio

Nell’immagine di copertina, un altro esemplare di presentosa

One Comment

  1. Gaetana Giuseppa Figuccia 6 settembre 2021 at 20:52 - Reply

    Articolo molto interessante.

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