PALERMO – “Fratelli e sorelle, buonasera! Voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, ma siamo qui…”. Spiazzò il mondo quel ‘buonasera’ di Jorge Mario Bergoglio, eletto il 13 marzo 2013 266° papa della Chiesa Cattolica: primo papa gesuita, primo papa non europeo dal 731 d.C., primo papa sudamericano, primo papa ‘convivente’ con il papa emerito Benedetto XVI, il dimissionario Joseph Ratzinger.
Papa Bergoglio, venuto quasi dalla fine del mondo, da Buenos Aires, in Argentina, dove era nato il 17 dicembre 1936 da genitori di origini piemontesi e liguri, sceglie di chiamarsi Francesco, nome mai utilizzato dai suoi predecessori.
Il perché della scelta lo spiega il 16 marzo, nell’incontro con i giornalisti: “Nell’elezione, io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo, il cardinale Claudio Hummes. E quando i voti sono saliti a due terzi, viene l’applauso consueto, perché è stato eletto il Papa. E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: «Non dimenticarti dei poveri!». E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi, ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l’uomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi. È per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no? È l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero… Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”.
Nei dieci anni di pontificato, papa Francesco è diventato in effetti la voce dei poveri (ha persino istituito nel 2017 la Giornata mondiale dei poveri), delle periferie dimenticate, delle vittime di tutte le guerre. Con lui la Chiesa ha superato la tentazione del clericalismo fine a sé stesso e ha assunto con coraggio un respiro universale, diventando una ‘Chiesa in uscita’ (definizione del papa stesso), che propone l’essenza del Vangelo come pratica coerente di vita e di impegno nella società.
Non a caso il primo viaggio di papa Francesco è, nel luglio 2013, a Lampedusa, per portare conforto a migranti e rifugiati approdati nell’isola, ma anche per sostenere la comunità lampedusana impegnata nell’accoglienza. Proprio a Lampedusa il papa conia la definizione di “globalizzazione dell’indifferenza”: l’incapacità di versare lacrime su donne, uomini e bambini vittime del mare e del nostro egoismo. Nell’isola chiede “perdono per chi si è accomodato e si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore”, “perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi” e invita la comunità internazionale ad avere “il coraggio di accogliere quelli che cercano una vita migliore”.
Dopo la visita a Lampedusa, papa Bergoglio ha compiuto 40 viaggi e ha visitato 58 nazioni, privilegiando il contatto con i poveri, gli emarginati, i sofferenti.
In Italia ha compiuto 36 visite apostoliche in 41 città. Indimenticabile il suo viaggio a Palermo, il 15 settembre 2018, quando scelse di non entrare in nessun palazzo della politica, neppure nel Palazzo Arcivescovile, ma incontrò la città attraverso i segni concreti realizzati dal missionario laico Biagio Conte con la comunità della Missione ‘Speranza e Carità’.
In questi 10 anni, ha proclamato 911 nuovi santi e vari beati, tra i quali i siciliani don Pino Puglisi e il giudice Rosario Livatino, uccisi dai mafiosi.
Per alcune sue posizioni o per la sua prudenza, papa Francesco è stato attaccato sia dai conservatori che dai progressisti: dai primi per le sue timide aperture verso gli omosessuali e i divorziati risposati, verso le Chiese protestanti, verso le prospettive ecumeniche, per le restrizioni alla liturgia in latino. Nell’agosto del 2017, un gruppo conservatore ha inviato a papa Francesco il documento Correctio filialis (“Correzione filiale”) in risposta a quanto scritto dal pontefice nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia. Nel documento si rimprovera al papa di aver promosso una vera e propria eresia attraverso parole, azioni e omissioni. Per trovare nella storia della Chiesa una critica del genere si deve riandare nel 1333, quando fu inviato un documento simile a papa Giovanni XXII.
Di contro, anche i cattolici progressisti hanno espresso la loro insoddisfazione perché su temi scottanti quali, ad esempio, la piena attuazione delle istanze del Concilio Vaticano II, la democratizzazione delle strutture ecclesiali, la condizione della donna nella Chiesa il papa non ha potuto o voluto intervenire e non ha portato quindi i cambiamenti attesi.
Papa Francesco ha comunque introdotto riforme significative nella complessa struttura ecclesiale: ha promosso una riforma economica, ha istituito una commissione di Vigilanza sul tanto discusso IOR (Istituto Opere di Religione, la banca del Vaticano), ha riformato il Codice Penale Vaticano, abolendo l’ergastolo e introducendo il reato di ‘tortura’, i reati contro i minori e la pedopornografia.
Un papa, quindi, che ha privilegiato le prese di posizione sull’etica sociale più che i cambiamenti dottrinali, non collocabile né a ‘destra’, né a ‘sinistra’ della Chiesa, ma comunque assai amato da credenti e non credenti.
Amato per la sua scelta, ad esempio, della semplicità nei gesti quotidiani, già adottata da vescovo a Buenos Aires, dove si spostava con i mezzi pubblici e viveva in un semplice appartamento, cucinando da sé. L’essenzialità, nemica di ogni sfarzo, è il suo tratto distintivo anche da pontefice: Francesco ha rinunciato all’appartamento papale nel Palazzo apostolico per vivere nella sobria casa di Santa Marta. Poi, come un comune cittadino, esce con un’utilitaria per comprare gli occhiali, le scarpe e persino dei cd…
Un papa ricco di umanità autentica che, come amico fraterno, chiama al telefono per consolare o complimentarsi: commovente la sua telefonata, nel dicembre scorso, a Giacomo Cofano, rimasto vedovo della moglie Viviana, morta dopo aver partorito due gemelli; cordiale, nell’estate del 2020, la sua telefonata a una gelateria abruzzese per ringraziare del gelato ricevuto. Memore delle sue radici familiari italiane, il 22 novembre scorso, il papa è andato ad abbracciare a Portacomaro, in provincia di Asti, la cugina Carla Rabezzana, in occasione del suo 90° compleanno…
Papa Francesco, sin dall’inizio del suo pontificato, ha esortato a praticare atteggiamenti di cura, di tenerezza e di misericordia: proprio per richiamare tutti ad avere, come una madre, ‘viscere di misericordia’ , ha istituito il Giubileo della Misericordia, dal dicembre 2015 al novembre 2016.
Durante il periodo più buio del Covid, ha commosso il mondo quando, nel deserto di piazza San Pietro, venerdì 27 marzo 2020, da solo, con il volto addolorato e a lato una Croce, ha pregato per la salute e il superamento della pandemia.
E tutte le donne e gli uomini di buona volontà hanno accolto con gioia le encicliche Laudato sì e Fratelli tutti (rispettivamente del 2015 e 2020): la prima, riguardante la cura per l’ambiente, invita l’umanità a impegnarsi per la sua salvaguardia; la seconda, dedicata alla fratellanza e alla solidarietà universale, è forse il messaggio più forte di papa Francesco sui temi delle disuguaglianze sociali e della pace.
La Pace: forse il chiodo fisso e l’auspicio più sentito di Francesco, specie dopo lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina. Il papa, sin dall’inizio del suo pontificato, ha spronato tutti i credenti perché siano costruttori di una pace fondata sulla giustizia. Si è sempre espresso contro la ‘guerra mondiale a pezzi’, contro i mercanti delle armi, contro il possesso delle armi nucleari, maggiore peccato del mondo in quanto “violenza contro Dio, contro l’umanità, contro ogni cittadino del mondo”.
Il 13 marzo scorso, per il decennale della sua elezione, il papa ha realizzato il primo podcast con i media vaticani, il Popecast. Il pontefice ha parlato un po’ a ruota libera: delle migliaia di udienze, delle visite in diocesi e parrocchie e dei viaggi nel mondo, il Papa dice di conservare un ricordo preciso. Forse per lui “il momento più bello” è stata l’udienza con i nonni di tutto il mondo nel settembre 2014: “I vecchi sono saggezza e mi aiutano tanto. Anche io sono vecchio, no?”. Ricorda anche i momenti brutti, tutti legati all’orrore della guerra: le visite nei cimiteri militari di Redipuglia ed Anzio, la commemorazione dello sbarco in Normandia, la veglia per scongiurare la guerra in Siria e ora la barbarie che si vive da oltre un anno in Ucraina. “Dietro le guerre c’è l’industria delle armi, questo è diabolico”, afferma il papa. Che continua: “Mi fa soffrire vedere i morti, ragazzi – sia russi che ucraini, non mi interessa – che non tornano. È dura”.
Tre, quindi, i suoi sogni per la Chiesa, per il mondo e per chi il mondo lo governa, per l’umanità: “Fratellanza, pianto, sorriso”. Infine, papa Francesco non ha dubbi su cosa chiedere al mondo come regalo per il suo decennale: “Regalatami la Pace. La pace, ci vuole la pace“.
Che il mondo ascolti ed esaudisca il desiderio dell’illuminato Santo Padre.
Maria D’Asaro
Articolo molto molto bello.i pare che tu abbia trovato le parole giuste e i giusti toni per fare ‘sentire’ in profondità questi 10 anni di pontificato. Grazie.