NAPOLI – Desiderio, attesa, nostalgia, solitudine, colori vividi netti sguardi rivolti verso l’esterno, alla ricerca di un riscatto. Edward Hopper ( Stati Uniti 1882-1967) racconta l’esperienza interiore dell’essere umano. Il tormento di un’attesa, di una mancanza.
Spesso sono donne sole e anche se in coppia, si racconta comunque la solitudine, l’incomprensione, le parole non dette: i silenzi. I suoi dipinti sono la trasposizione pittorica del flusso di coscienza di James Joyce. Le figure rappresentate non dialogano fra di loro ma pensano e vivono la propria personale insoddisfazione del reale in attesa di un meglio che dovrà venire; una rappresentazione solo apparentemente statica, ma che invece segue il fluire del pensiero interiore. I colori netti hanno una vivacità che non tradisce una serenità d’animo, traspare una speranza di riscatto, una possibilità di soddisfare un desiderio fosse solo nell’attesa dello stesso.
C’è sempre una finestra, una soglia, un finestrino di treno, una strada deserta che fornisce una via di uscita ad un’angoscia interiore. Un rapporto intrinseco tra il dentro e il fuori, emblema di ciò che si è e ciò che si pensa. C’è spesso una luce che entra e che illumina la figura, verso cui la stessa volge il suo sguardo. Hopper conosce ed ama l’animo femminile, ne rappresenta i tratti interiori, le sue donne sono sempre eleganti nel comportamento, composte, mai sopra le righe, moderne nella loro ricerca di affermazione. Stanze vuote con lo sguardo di chi guarda rivolto verso un uscio. I colori pastosi, vividi, compatti lineari che rassicurano, così come il blu intenso dell’oceano, mai in tempesta, cosí da poterlo navigare a vela. In definitiva i suoi dipinti raccontano il reale, il quotidiano di gente comune che racchiude la complessità dell’uomo e la sua continua ricerca di senso.
Angela Ristaldo
Nella foto di copertina, un’opera di Edward Hopper
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