NUORO – Giovani e meno giovani si sentono sempre più persi, disperati, incapaci spesso di affrontare la realtà e vivere una vita normale. Stare in mezzo alla gente, affrontare la quotidianità, viene vissuto come un dramma, un’impossibilità. Condividere la routine con la famiglia, gli amici, il mondo che ci circonda; confrontarsi con gli altri, parlare, fare attività fisica, sorseggiare una bibita in compagnia diventa per molti impossibile. Il terrore assale, paralizza, blocca in un limbo senza uscita e l’unica soluzione è fuggire da tutto e tutti, isolarsi, chiudersi in una stanza buia dove si è soli con le proprie paranoie. Questa è la scelta dei cosiddetti Hikikomori, coloro che decidono di stare in disparte per sopravvivere alla fobia che si nutre della loro paura e che li paralizza.
Gli Hikikomori sono quindi quelle persone che decidono di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi. Talvolta si isolano alcuni mesi, in altri casi persino diversi anni, senza aver nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno, nemmeno con i propri familiari. Questo fenomeno, che ha avuto origine in Giappone ma presto si è diffuso in tutto il globo, arrivando anche nella nostra Italia, riguarda soprattutto i giovani tra i 14 e i 30 anni. Gli Hikikomori sono principalmente persone di sesso maschile e la percentuale dei maschi affetti da tale disturbo comportamentale oscilla tra il 70% e il 90%. In Giappone si contano almeno 1,5 milioni di casi tra gli over 40 perché, sebbene l’Hikikomori si sviluppi principalmente durante il periodo dell’adolescenza, esso spesso si cronicizza arrivando a durare anche tutta la vita.
Anche in Italia l’attenzione nei confronti del fenomeno sta aumentando poiché non è altro che un disagio adattivo sociale che riguarda tutti i paesi del mondo economicamente sviluppati. Le indagini ufficiali condotte sulla fascia degli studenti nel nostro paese dimostrano che i casi di Hikikomori oscillano tra i 50mila e i 70mila casi. Non esistono però ancora studi sull’intera popolazione. Le cause che portano le persone a scegliere questo stile di vita sono molteplici. Talvolta il rifiuto della scuola è uno dei primi campanelli d’allarme. L’ambiente scolastico viene vissuto in modo particolarmente negativo e spesso dietro l’isolamento si nasconde una storia di bullismo. Il carattere della persona è un altro fattore di rischio. Gli Hikikomori sono ragazzi intelligenti ma particolarmente sensibili e soffrono di inibizione emotiva, condizione che li porta a trascurare, reprimere o soffocare la possibilità di vivere le proprie emozioni e le interazioni sociali. Questo temperamento contribuisce alla loro difficoltà nell’instaurare relazioni durature o nell’affrontare le difficoltà e le delusioni che la vita riserva.
In alcuni casi, una relazione di dipendenza tra madre e figlio, un rapporto simbiotico con lei, l’assenza emotiva del padre possono essere possibili concause, soprattutto nell’esperienza giapponese. Un atteggiamento iperprotettivo della madre verso un ragazzo può causare in lui una reazione ambivalente: o si approfitterà di queste eccessive attenzioni o, nel peggiore dei casi, si sentirà oppresso reagendo persino in modo aggressivo, come testimoniano i numerosi casi di violenza operati dagli Hikikomori nei confronti dei genitori che faticano a relazionarsi con i figli che spesso rifiutano qualsiasi tipo di aiuto. In ultima analisi, essi hanno una visione distorta della società in cui vivono e soffrono le pressioni di realizzazione sociale dalle quali cercano in tutti i modi di fuggire. Questo malessere porta a una crescente difficoltà nel confrontarsi con la vita sociale, fino ad arrivare a un vero e proprio rifiuto della stessa.
L’Hikikomori è un particolare disturbo psichiatrico che si manifesta attraverso l’auto-esclusione dal mondo esterno, l’isolamento e il rifiuto totale non solo delle persone ma anche della luce del sole. Per questo i giovani Hikikomori, spesso, sigillano le finestre con carta scura e nastro adesivo. La loro vita si svolge all’interno della loro casa o addirittura si limita alla camera da letto. Le uniche interazioni con l’esterno avvengono attraverso internet e i videogame o nei momenti in cui viene passato il piatto con il pasto all’interno della stanza da letto. Evitano qualsiasi tipo di relazione e comunicazione diretta con altri individui. In genere gli Hikikomori presentano alcune caratteristiche comuni come disturbi d’ansia, in particolare il disturbo d’ansia sociale; disturbi dell’umore: in particolare disturbi dello spettro depressivo; disturbi psicotici come la schizofrenia o il disturbo evitante di personalità. Spesso gli Hikikomori presentano alterazione dei ritmi circadiani e sono soggetti a rischio suicidio.
Soprattutto in Giappone, ma anche nel nostro paese, purtroppo, i sociologi aggiungono che fattori come la destabilizzazione economica che determina opportunità di lavoro irregolare, così come l’essere stati vittime di forme gravi di “bullismo scolastico”, di violenza psicologica, di derisione, di abuso ed esclusione o la timidezza possono essere un importante contributo all’emergenza del fenomeno. Anche la dipendenza da internet viene spesso indicata come una delle principali cause degli Hikikomori, ma non è così. Essa rappresenta una possibile conseguenza dell’isolamento, non una causa. Per arginare il fenomeno sempre più dilagante occorre che i Paesi attivino campagne di informazione e sensibilizzazione per favorire una riflessione critica sul fenomeno. Lo scopo è quello di capire, non curare, affrontare il problema senza stigmatizzarlo e senza giudicare.
La cura dell’Hikikomori è ancora lontana dall’essere definita e si stanno provando diverse strategie terapeutiche che includono un lavoro sul contesto, sulla famiglia e sulle relazioni, oltre ad un percorso di psicoterapia individuale. La terapia familiare deve comprendere sia il paziente che i suoi genitori e il trattamento cognitivo-comportamentale dovrebbe trattare l’ansia sociale, il senso d’inadeguatezza e la bassa autostima, esercizi di esposizione alle situazioni temute finalizzati ad aumentare gradualmente il contatto sociale. Per i giovani che sono ad un livello grave di auto-reclusione, il primo passo per uscire dall’isolamento dovrebbe comportare visite domiciliari ripetute per attirare gli Hikikomori fuori dalle loro stanze o addirittura ricorrere alle terapie on-line, attraverso strumenti per la tele psichiatria.
L’Hikikomori è un meccanismo di difesa messo in atto come reazione alle eccessive pressioni di realizzazione sociale; è il frutto di una società che esercita sui ragazzi una serie di pressioni che vanno dai buoni voti scolastici, alla realizzazione personale, alla bellezza fino alla moda. I ragazzi e le ragazze che vivono questa condizione si sentono sopraffatti, impotenti, annaspano per cercare di sopravvivere a un mondo di cui non si sentono parte attiva e troppo spesso sperimentano sentimenti di impotenza, perdita di controllo e di fallimento che li inducono spontaneamente ad allontanarsi da tutto e tutti e a rifugiarsi nella propria camera dove sono immuni al sentimento della vergogna. La nostra società, che punta tutto sull’immagine, sull’apparire, sminuendo le fragilità caratteriali che fanno parte di ognuno di noi, dovrebbe puntare sui giovani, ridare loro i sogni, le speranze facendo capire che i limiti possono essere superati e le difficoltà abbattute. Solo così i ragazzi che provano dolore e disagio nel vivere alcune situazioni sociali potranno riappropriarsi della loro vita e ricominciare a farsi baciare dai caldi e rassicuranti raggi del sole.
Virginia Mariane
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