MILANO – Ritmo, emozione, canto libero: la musica gospel vibra in note che toccano l’anima. Basta socchiudere gli occhi e immaginare di essere sulle rive del fiume Ohio o nelle piantagioni di cotone, dove gli afroamericani si raccontavano con canti spontanei durante le giornate di lavoro della schiavitù negli Stati Uniti d’America. Saliva il canto di un uomo solo e un coro di lavoratori rispondeva addolorato dalla propria condizione (con quelle che furono poi catalogate come “work song” e “plantations song”). Il canto era legato alla vita nelle tribù e nei campi di lavoro. I testi raccontano l’angoscia per le loro condizioni di vita, ma domina la speranza di libertà, non riferita alla vita terrea, piuttosto all’aldilà.
C’è un forte rapporto con la Bibbia perché gli schiavi utilizzavano i loro canti di lavoro sia per anelare alla libertà descritta nel libro sacro e celatamente per fare commenti su padroni e sorveglianti. Essi avevano trovato il modo di comunicare idee e opinioni usando delle parole in codice, o di animali o figure tratte dalla Bibbia come il Faraone, per rappresentare i loro “aguzzini”. E allora gli schiavi, ai quali era rimasta solo la speranza in un intervento divino che li sollevasse dalla loro orrenda situazione, trovarono il modo di organizzare raduni in luoghi segreti (chiamati “camp meetings” o “bush meetings”), perché avevano bisogno di incontrarsi e condividere gioie, dolori, speranze. Nella canzone “Wade in the wather” (Cammina a fatica nell’acqua) apparentemente “innocua” aveva un preciso significato “underground”: quando uno schiavo decideva di scappare la canzone gli consigliava di abbandonare per la fuga le strade di terra battuta e prendere la via dei guadi d’acqua, in quanto per i segugi che spesso venivano utilizzati per rintracciare i fuggitivi, sarebbe stato impossibile seguire le tracce olfattive nell’acqua. La frase “God’s gonna trouble the water” (Dio intorbidirà l’acqua) era intesa proprio per indicare che questo stratagemma avrebbe “confuso le acque”, cioè reso più difficile la cattura del fuggitivo.
Gli schiavisti molto raramente permettevano agli schiavi di partecipare a certe cerimonie, per ballare e suonare, come erano soliti fare in Africa, perché era pericoloso lasciare che tante persone (unite da una così disagiata situazione fatta di soprusi, fatica, e totale disprezzo per la vita) avessero la possibilità di comunicare liberamente fra loro: il rischio di rivolta era sempre dietro l’angolo. Willie Ruff, professore afro-inglese di musica all’Università di Yale, affermache la musica gospel condivide la stessa struttura dei salmi cantati dalla chiesa scozzese presbiteriana che consentiva di usare una sola copia della Bibbia per tutta la chiesa poiché il pastore cantava una riga del salmo all’assemblea e questa rispondeva ricantandola arricchita del suo timbro ed emozione. Ruff sostiene che questa forma di canto venne udita dagli schiavi afro-americani nelle chiese dei loro padroni e che essi la svilupparono in uno stile proprio e personale.
La musica gospel definisce due generi musicali: il primo strettamente legato alla musica sacra, molto simile alla canzone corale spiritual, che emerse nelle chiese afroamericane cristiane-metodiste negli anni Trenta; l’altro, alla musica religiosa composta diffusa e suonata successivamente da artisti di qualunque fede o etnia, soprattutto del sud degli Stati Uniti d’America, e diffusa poi nel resto del mondo. Gospel, in inglese, significa proprio Vangelo, buona novella, “parola di Dio”. Il gospel nacque alla fine dell’800 dopo la Guerra di Successione. La musica assunse un ruolo importante. Venivano stampati libretti coi canti per le Chiese nere e cominciarono ad essere utilizzati gli strumenti musicali. Simbolica data di nascita del gospel moderno è il 1969, quando in occasione di un Meeting a New York un coro di 50 voci intonò il celeberrimo “Oh Happy Day”, che fu il primo brano a uscire dal circuito religioso e vendere in breve tempo centinaia di migliaia di copie.
I canti gospel sono di carattere soggettivo, intenso ed esortativo, sempre accompagnato da strumenti. Il gospel ha forma strofica con ritornelli e nasce nelle Chiese cittadine come musica d’autore, solitamente cantato da un solista senza accompagnamento di coro. Si differenzia dai brani spiritual che, invece, sono riferimenti alla comunità e si ispirano ad figure ed eventi della Bibbia. Lo spiritual è cantato a voce scoperta e col battito delle mani, dei piedi e strumenti ritmici “poveri” (anche manici di scopa e oggetti); è più lineare e consiste in una melodia breve ripetuta più volte con variazioni o versi alternati con risposta del coro perché nasce nei campi di lavoro, come musica popolare. Uno scritto fu composto addirittura da John Newton che della tratta degli schiavi verso l’occidente ne aveva fatto un lavoro e una missione di vita. Newton ebbe una gioventù segnata dagli eccessi e dalle intemperanze e diventò ateo convinto. Lavorò per una parte della sua vita come marinaio su navi negriere, fino a diventarne il capitano. Vide barbarie, torture e ingiustizie e gradualmente cominciò a riavvicinarsi alla religione pregando ogni tanto perché Dio gli facesse trovare una “sistemazione più umana” lontano da tutte quelle sofferenze.
Incontrò la ragazza che divenne poi sua moglie e questa dette una spinta decisiva al suo processo di conversione . In una notte in cui la sua nave si trovò ad affrontare una terribile tempesta, egli si affidò completamente a Dio e promise di cambiare totalmente vita in caso fosse uscito vivo da quella situazione disastrosa. La nave superò la tempesta, e nacque uno dei pezzi più belli e struggenti della musica gospel: “Amazing Grace”, che riconosce con infinita gratitudine e stupore il calore della fede. All’abolizione della schiavitù nel 1865 finalmente anche ai neri fu permesso di andare a scuola e costruirsi un’istruzione. Così, alcuni insegnanti e studenti iniziarono a realizzare veri e propri tour sia negli Stati Uniti che in Europa, portando in giro il repertorio degli spirituals negri, con il coro “Fisk Jubilee Singers”. Nel 1890, cominciò ad affacciarsi nel panorama religioso un tipo di chiesa chiamata “Holiness and Sanctified Church”. In queste chiese, l’influenza delle tradizioni africane era particolarmente evidente, essendo le celebrazioni che vi si svolgevano piene di grida, battimani, stomping e interpretazioni di canzoni giubilari.
Il ritrovato orgoglio razziale alimentò il lavoro di musicisti e scrittori come Langston Hughes. Per la prima volta, gli afroamericani, nei primi anni del ventesimo secolo, facevano valere i loro diritti, mentre i ragazzi cantavano i Negro Spirituals nei cortili delle scuole, utilizzandoli allo stesso modo in cui cantavano le filastrocche popolari. Thomas A. Dorsey è stato il primo a comporre le Gospel Songs ed è considerato il padre di questo tipo di musical. Il primo “Martin Luther King Day” è stato celebrato nel 1985 ed è divenuto ufficialmente festa nazionale nel 1992 (terzo lunedì di gennaio); in questo evento la musica gospel e i Negro Spirituals sono la colonna sonora di ogni evento che sottolinea gli accadimenti della storia dei neri americani. Da allora ci sono artisti che sono diventati delle icone delgospel, come Mahalia Jackson; altri artisti famosi di diverse estrazioni musicali hanno inciso versioni di popolari canzoni Gospel e Spirituals: da Elvis Presley a Johnny Cash, Eric Clapton, Glenn Miller. Oggi ci sono brillanti esempi di autori gospel che scrivono canzoni che diventeranno piano piano dei classici: Richard Smallwood, Donnie McLurkin, Kirk Franklin, Yolanda Adams e altri. Esiste anche un festival della musica gospel che equivale agli MTV Music Awards. Si chiama Stellar Awards ed è stato istituito 25 anni fa.
Non resta che ricordare le note di “Oh happy day, “Joshua”, “Going up Yonder”, “Amazing grace”. Con un solo monito: ascoltare musica. Musica dell’anima, musica gospel.
Claudia Gaetani
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