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Golden Globe: “The Fabelmans” vince, ma non convince

di | 2023-01-12T18:16:24+01:00 15-1-2023 6:20|Sezione 5, Spettacolo|0 Commenti

PALERMO – “The Fabelmans”, uscito nelle sale italiane il 22 dicembre scorso, ha fruttato a Steven Spielberg due Golden Globe: uno come regista (terzo Golden Globe della sua carriera) e uno come miglior film drammatico.

Il film si avvale dell’ottima recitazione di Michelle Williams, nel ruolo di Mitzi, personaggio ispirato alla madre di Spielberg, e di quella di Gabrielle LaBelle, Paul Dano e Seth Rogen, rispettivamente nei ruoli del protagonista – il giovane Sammy Fabelman che scopre e realizza la sua passione per il cinema – di suo padre Burt, ingegnere brillante e iper-razionale, e di Bennie, l’amico di famiglia affabile ed estroverso, adottato come ‘zio’ e non solo. “The Fabelmans” riprende in modo romanzato vicende dell’infanzia e adolescenza del regista statunitense, ed evoca il sogno americano degli anni ’50 e ’60, quando si celebrava la possibilità di realizzare comunque le proprie aspirazioni, magari in California…

Punto di forza delle due ore e mezza del film è la celebrazione della potenza espressiva del cinema, la decima musa partorita nel ventesimo secolo: Spielberg mostra che l’occhio che guarda dietro la videocamera permette di vedere qualcosa di non immediatamente compreso nella realtà, e conferisce una nuova sostanza narrativa ai frammenti sparsi degli accadimenti della vita. Chi decide di fare cinema, come il giovane Sammy, alias Spielberg ragazzino, assume quasi il potere demiurgico di decidere cosa è figura, cosa starà in primo piano, e sarà quindi manifesto e visibile, e cosa invece diverrà sfondo, prospettiva secondaria.

Il pluripremiato The Fabelmans ha una perfetta colonna sonora, curata da John Williams, collaboratore di lungo corso del regista: compositore e direttore d’orchestra, Williams, nella sua lunga carriera, ha già vinto cinque Oscar per le sue musiche, più altri numerosi e prestigiosi riconoscimenti.

Un film imperdibile quindi? Dispiace per il grande Spielberg, ma, nonostante i due Golden Globe, The Fabelmans non convince appieno e non merita un omaggio incondizionato, anche se le due ore e mezza della pellicola scorrono gradevolmente grazie alla consumata maestria del regista.

Ad avviso di chi scrive, il film sarebbe stato di gran lunga più convincente se Spielberg avesse osato procedere per ‘sottrazione’, tagliando qualche scena, piuttosto scontata e ripetitiva, e alcuni dialoghi, ridondanti e persino didascalici. Non ha convinto, ad esempio l’ingresso dell’anziano zio materno, che pronuncia frasi melodrammatiche ad effetto, non necessarie nell’economia del film; sanno di già visto le scene dei compagni bulli, che picchiano Sammy; fa sorridere, ma sembra a tratti una caricatura, il flirt di Sammy con una compagna di scuola, religiosa fanatica. Come se il sommo Spielberg faticasse a trovare una sintesi espressiva vincente tra l’afflato autobiografico e il desiderio di celebrare l’occhio della macchina da presa, che si inseriscono purtroppo in una serie non sempre felice di clichés cinematografici già visti.

Quandoque bonus dormitat Homerus: anche il grande Omero talvolta sonnecchia, sentenziava il poeta latino Orazio, nel primo secolo a.C. Potremmo ripetere la stessa affermazione per il nostro illustre regista… Con estremo rispetto per Omero, per Orazio e, ovviamente, per il grande Spielberg.

Maria D’Asaro

 

Già docente e psicopedagogista, dal 2020 giornalista pubblicista. Cura il blog: Mari da solcare
https://maridasolcare.blogspot.com. Ha scritto il libro ‘Una sedia nell’aldilà’ (Diogene Multimedia, Bologna, 2023)

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