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“Gli spettacoli disegnati”, alla scoperta di de Chirico

di | 2022-04-22T12:43:41+02:00 24-4-2022 6:20|Arte, Sezione 5|0 Commenti

RIETI – “Per non pensare a tante amoralità/e stupidità, come a tanti orrori, io sempre più cerco rifugio in quel/sacro tempio dove due Dee si tengono/per mano: la vera Poesia e la vera Pittura” è un componimento di Giorgio De Chirico che si può ritrovare, insieme ad altri suoi scritti, biografia, opere, nel catalogo-libro “Gli spettacoli disegnati”, che viene consegnato in omaggio ai visitatori della mostra dedicata al grande artista a Palazzo Dosi Delfini a Rieti (ingresso libero) fino al 31 luglio, dal martedì al venerdì (ore 17-20), il sabato e la domenica anche la mattina dalle 10 alle 13.

Palazzo Dosi Delfini

La mostra è curata da Simonetta Antellini e Lorenzo Canova che hanno selezionato cinquantacinque quadri e acquerelli insieme a opere grafiche e sculture che abbracciano i maggiori temi dell’opera del Maestro: dalla sua ripresa della Metafisica giovanile, alla pittura che dialoga con i grandi pittori della storia dell’arte, fino ai capolavori del suo periodo neometafisico, che è oggi apprezzato in tutto il mondo. Il catalogo, molto ben curato e dettagliato, ha la prefazione del presidente della fondazione Antonio D’Onofrio, Madre Anatolia Maceroni del Monastero delle suore francescane di Santa Filippa Mareri a Borgo San Pietro, Paolo Picozza presidente della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico.

Archeologi (bronzo patinato 1969)

Quando due fondazioni si incontrano, con lo zampino del museo del Monastero di Santa Filippa Mareri succedono cose belle e interessanti e questa mostra è assolutamente unica e imperdibile, nelle sale di un palazzo storico, che già di per sé varrebbe una visita. L’idea di una grande mostra su Giorgio de Chirico a Rieti in seno alla Fondazione Varrone è nata dalla riscoperta del legame tra il celebre pittore e il territorio attraverso Vincenzina Petrangeli, nata nel 1910 nel piccolo borgo di Casali Petrangeli nel comune di Petrella Salto. Negli anni Vincenzina diventò per i de Chirico più di una governante e dopo la morte del Maestro divenne la più fedele e capace collaboratrice della moglie Isa, prima gestendo tutta la rete di rapporti e relazioni della coppia, poi offrendo uno straordinario contributo alla conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico. Il suo legame con il borgo natale e soprattutto con le suore del vicino Monastero di Borgo San Pietro fu sempre fortissimo, al punto da introdurre le religiose a casa de Chirico sin dai primi anni Sessanta e accogliere a sua volta i de Chirico nella sua casa di famiglia di Casali Petrangeli.

La tavola VII dell’Apocalisse

Maturò così la donazione di quadri e oggetti di de Chirico al Monastero. Ad inaugurarne il museo che oggi li custodisce fu la stessa Isa. La storia di Vincenzina Petrangeli e del suo rapporto con i de Chirico è ampiamente raccontata nel libro dedicato a Madre Margherita Pascalizi, che del Monastero fu valente, operosa e amata Badessa, successivamente Madre Generale, pubblicato dalla Fondazione Varrone nel dicembre scorso. Fu proprio in quella occasione che il presidente Antonio D’Onofrio propose all’attuale Madre Generale Anatolia Maceroni, di riscoprire e valorizzare questa “storia nella storia” con una grande mostra su de Chirico a Rieti. Detto fatto e nel fine settimana pasquale la mostra ha richiamato più di mille visitatori, offrendo anche una grande occasione anche per visitare il territorio e la città.

Oreste ed Elettra (acquerello su cartone 1975)

Sono undici le sezioni sviluppate tra piano nobile e spazio espositivo al pianterreno (riservato alla presenza Divina): la prima sezione è titolata “Il pittore e la sua Musa’, con l’autoritratto e il ritratto della moglie Isa, seguono ‘Tra paesaggio e architettura’, ‘Il palco e il sipario’, ‘Interni metafisici’, ‘Il magico mistero dei cavalli’, Ulisse e i bagni misteriosi’, ‘Il Divino giocattolo’, ‘Trovatori, Muse, Archeologi’, ‘L’enigma dei gladiatori’, ‘Le stanze misteriose’, ‘Il sole sulle piazze d ‘Italia’.

Il titolo “Gli spettacoli disegnati” è ripreso dallo scritto di de Chirico “Perché ho illustrato l’Apocalisse” (1941). La stessa Apocalisse, illustrata con 22 litografie, la ‘Crocifissione’, custodite nel museo del Monastero di Borgo San Pietro, rappresenta il filo conduttore dell’intero progetto, visto come un affascinante susseguirsi di sipari aperti per presentare i molti enigmi della Metafisica attraverso le Piazze d’Italia, gli interni metafisici, i manichini, gli Archeologi, i Gladiatori, insieme alle Ville Romane, ai paesaggi, alle nature morte e alle sue citazioni mitologiche.

In tutte queste opere de Chirico costruisce un impianto architettonico e scenografico formato da linee e geometrie segrete, nascoste nella struttura compositiva. In questo contesto è anche la ripresa della grande arte sacra, realizzata dall’artista attraverso una rielaborazione dei meccanismi scenici della pittura barocca, dando vita a quello che è stato definito il suo splendido “teatro della pittura”. La selezione di opere cregala una conoscenza approfondita di De Chirico e la sua Metafisica continua: dagli oli su tela ai cavalli in bronzo argentato, agli archeologi in bronzo patinato, punzonatura a secco della fonderia GI.BI Esse di Verona.

La seconda moglie Isa

Giorgio de Chirico nasce il 10 luglio 1888 a Volo, in Grecia, da genitori di cittadinanza italiana, muore a Roma il 20 novembre 1978, dal 1992 le sue spoglie riposano nella chiesa di San Francesco a Ripa a Roma. Frequenta il Politecnico di Atene, nel 1906 si trasferisce a Monaco di Baviera insieme alla madre e al fratello Andrea, che successivamente prenderà il nome di Alberto Savinio. Frequenta l’Accademia di Belle Arti fino al 1910, quando si trasferisce a Firenze. Legge Nietzsche, Kant, Schopenhauer e Ernst Curtius. In Piazza Santa Croce ha la sua rivelazione metafisica e realizza L’énigme de l’oracle e L’énigme d‘un après-midi d’automne e L’énigme de l’heure, opere destinate a cambiare il corso dell’arte del Novecento. Nel 1911 insieme alla madre raggiunge il fratello a Parigi, dove svilupperà il tema delle piazze d’Italia, ispirato dall’architettura torinese e dagli insegnamenti della filosofia nietzschiana. Nel 1913 espone tre dipinti al Salon des Indépendants e viene notato da Picasso e Apollinaire.

La Crocifissione

Con Apollinaire inizierà una collaborazione e un’amicizia che durerà nel tempo: è grazie a lui che conosce Paul Guillaume, il suo primo mercante. Nel 1915 inizia il ciclo di opere caratterizzato dai “manichini”. Contestualmente si presenta alle autorità militari di Firenze e viene trasferito a Ferrara. Qui inizia a dipingere i primi interni metafisici. Tra il 1917 e il 1918 realizza le sue opere più note: Il grande metafisico, Ettore e Andromaca, Il Trovatore e Le muse inquietanti. Continua ad avere contatti con l’ambiente parigino e ad inviare le sue opere a Paul Guillaume. Si trasferisce a Roma nel 1919 e subito dopo apre la sua prima mostra personale alla Casa d’Arte Bragaglia, riscopre l’arte dei grandi artisti nei musei e inizia a fare copie delle opere dei maestri italiani del Rinascimento, tra cui Raffaello e Michelangelo.

Interno metafisico con paesaggio romantico (olio su tela 1968)

Nel 1924 conosce la sua prima moglie, Raissa Gourevitch Krol, nel 1925 torna a Parigi. I protagonisti dei suoi dipinti sono gli archeologi, i cavalli in riva al mare, i trofei, i paesaggi nella stanza, i mobili nella valle e i gladiatori. I surrealisti criticano duramente le sue più recenti opere, aprendo una frattura con il gruppo totale. Nel 1929 l’Éditions du Carrefour di Pierre Lévy pubblica Hebdomeros, le peintre et son génie chez l’écrivain. Nel 1930 finisce il matrimonio e incontra Isabella Pakszwer Far, che sposerà nel 1952. Dopo un soggiorno di due anni a New York, torna in Italia all’inizio del 1938. Negli anni Quaranta inizia a lavorare a una serie di sculture in terracotta e nel 1941 illustra l’Apocalisse di S. Giovanni. Alla Biennale di Venezia del 1948, il premio per la pittura metafisica viene assegnato a Giorgio Morandi. Nel 1950, in polemica con la precedente Biennale, de Chirico organizza nella sede della Società Canottieri Bucintoro di Venezia una “Antibiennale”. Dalla fine degli anni Sessanta riprende i soggetti metafisici per trasporli in contesti gioiosi e pieni di colore: la Neometafisica.

Francesca Sammarco

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