//Giornalisti uccisi, ma la verità non muore mai

Giornalisti uccisi, ma la verità non muore mai

di | 2018-11-04T06:51:14+01:00 4-11-2018 6:52|Punto e Virgola|0 Commenti

Il 2 novembre è il giorno della commemorazione dei defunti. I nostri cari che se ne sono andati per sempre, ma che rimangono sempre nei nostri cuori. Ma è anche la “Giornata internazionale per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti”: l’ha proclamata nel 2013 l’Onu. Più diretta e più incisiva la campagna sui social: #TruthNeverDies, cioè “la verità non muore mai”. Eschilo, un signore vissuto 2500 anni fa, non aveva dubbi: “La verità in guerra è la prima vittima”. E naturalmente insieme alla verità sono vittime coloro che provano a descriverla e a farla conoscere.

Impressionanti e molto eloquenti i numeri: negli ultimi 12 anni i reporter uccisi nel mondo sono stati oltre mille; nel 2018 si contano 45 giornalisti ammazzati, nel 2017 erano stati 71. Leggermente differente ma non meno preoccupante la statistica di “Reporters whitout borders” che per l’anno scorso segnalava 65 vittime, 2 scomparsi, 326 detenuti e 54 in ostaggio. Un bollettino di guerra del quale gli stessi media raramente si occupano: purtroppo, la verità è questa. Non parlarne significa solamente essere complici e conniventi, forse semplicemente per “non avere fastidi”…

Al Newseum, il Museo del giornalismo a Washington, un’intera parete di cristallo alta due piani è riempita con i nomi dei colleghi che hanno perso la vita perché facevano soltanto il loro mestiere. E per farlo non guardavano in faccia nessuno, pur conoscendo perfettamente i rischi ai quali andavano incontro. Vien da ridere (ma solo per non piangere…) nel pensare ai tanti, tantissimi copiatori e incollatori di professione che si fregiano ingiustamente del titolo di “giornalista” e che abbondano soprattutto nell’online: principi e reginette del nulla ai quali viene concesso di svolgere una nobile professione senza controllo alcuno e senza averne i titoli. Ma questo è un altro discorso…

A corredo di numeri impressionanti, c’è un ulteriore dato: 9 omicidi di reporter su 10 restano senza colpevoli. Soprattutto perché la stragrande maggioranza di questi crimini viene commessa in Paesi dove la libertà è un concetto assai vago (eufemismo) e dove spesso è lo stesso Potere costituito a dare l’ordine di sbarazzarsi di gente che, lavorando, crea problemi o semplicemente interferenze.

“Quando un giornalista viene assassinato, possiamo fermarci per un minuto di silenzio oppure fare molto rumore”: lo scrive l’Unesco. Spesso, purtroppo, ci si limita al primo atto e si fa molto poco per il secondo. Se si invertisse l’ordine di questi fattori, molto probabilmente il risultato sarebbe assai differente.

Buona domenica.

 

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