ROMA – A piazza Campo de’ Fiori, a due passi dalla città del Vaticano, Giordano Bruno ci guarda dall’alto della sua statua e ci ricorda il valore della libertà e il prezzo che si paga per essere persone libere nella mente e nel cuore. Sta a noi la scelta. La statua in bronzo, opera di Ettore Ferrari, venne eretta nel 1889 sul luogo dove venne arso vivo il 17 febbraio del 1600 (mentre sulla scalinata di San Pietro venivano bruciati i suoi libri) per ordine del tribunale della Santa Inquisizione (presieduta dal Papa Clemente VIII), perché ritenuto “eretico, pertinace, impenitente”, come è scritto nella sentenza. Le mani giunte su un libro chiuso rappresentano la sapienza filosofica e allo stesso tempo la chiusura davanti alla sua filosofia, lo sguardo è nascosto dal cappuccio, ma è rivolto verso il Vaticano a perenne rimprovero per la sua esecuzione. Fu Giovanni Paolo II, nel 2000, dopo 400 anni, a rompere il silenzio sul caso, ancora fonte di imbarazzo per la Chiesa, che esclude ogni riabilitazione (con l’eccezione per Galileo Galilei), perché le idee di Bruno restano “anticristiane”.
La sua figura, eroica e misteriosa, è come la statua che lo celebra e commemora. Pensare e scegliere in autonomia, seguendo il libero arbitrio, vivere una vita seguendo l’impegno etico-politico-sociale senza farsi condizionare mentalmente e moralmente era pericoloso, quindi andava condannato colui che osava essere una persona libera, tanto più se con i suoi scritti filosofici istigava altri ad esserlo. Giordano Bruno, frate domenicano e filosofo di Nola, professava il valore della laicità e quindi il valore della libertà individuale, è considerato il martire del libero pensiero, pericoloso ancora oggi. L’Associazione Nazionale del Libero Pensiero ‘Giordano Bruno’, nata agli inizi del Novecento, si riunisce ogni anno il 17 febbraio sotto la statua di Campo de’ Fiori, con la presidente nazionale e responsabile del web Maria Mantello (presidente onorario e presidente della sezione di Torino Bruno Segre).
Quest’anno l’incontro è intitolato “Nel nome di Giordano Bruno. Laicità Dignità Democrazia”, perché in un contesto storico come quello attuale “dove il senso della ragionevolezza sembrerebbe smarrito nella rincorsa di fideismi e confessionalismi, noi bruniani vogliamo rimettere al centro più che mai il valore della Laicità, supremo principio della nostra Carta costituzionale repubblicana, perché la democrazia si concretizzi nell’affermazione della dignità umana, individuale e sociale. Senza laicità non c’è democrazia, non c’è libertà, né giustizia, né uguaglianza nelle pari opportunità. Ma solo sopruso. Ben lo sapeva Giordano Bruno, che ha avuto il coraggio di alzare la testa per proclamare il diritto-dovere di ciascuno a emanciparsi da dogmi e padroni con la sua rivoluzionaria filosofia, che apre prospettive formidabili in ogni ambito” scrive Maria Mantello.
Dopo la cerimonia la deposizione di una corona d’alloro con l’accompagnamento della Banda musicale del Corpo di Polizia Municipale del Comune di Roma e i saluti istituzionali. Sono intervenuti Maria Mantello con “Giordano Bruno – dignità laicità democrazia”, Sofia Belardinelli (romana, laurea in Filosofia all’università di Padova, dottorato in Bioetica all’università Federico II di Napoli) con “Oltre i confini: l’attualità dello sguardo bruniano sulla natura”, Tiziana Bartolini con “Dignità nonostante sessismo e patriarcato” (laureata in storia e filosofia a La Sapienza di Roma, è giornalista specializzata nel campo del Terzo Settore, dirige la rivista e il settimanale web Noidonne). Recitativi a cura dell’attrice Annachiara Mantovani.
Maria Mantello è docente di Filosofia e Storia, saggista, giornalista, collabora con diverse testate giornalistiche, tra cui “Micromega”, “Lettera internazionale”, il periodico indipendente “L’incontro” e dirige “Libero Pensiero” www.periodicoliberopensiero.it. Ha pubblicato saggi su Giordano Bruno, sull’antisemitismo, sulla caccia alle streghe, sulla mitologia pagana e cristiana. Ha curato ed è stata relatrice in molti convegni sul pensiero di Giordano Bruno, sull’affermazione dello Stato laico, sulla figura del sindaco Ernesto Nathan (con lui Roma lasciò l’Ottocento e in pochi anni diventò una moderna città novecentesca, con una giunta eterogenea di sette liberali, tre socialisti, due radicali e due repubblicani). Tra i suoi libri: “Sessuofobia Chiesa cattolica Caccia alle streghe, il modello per il controllo e la repressione della donna”, Generoso Procaccini editore; “Ebreo, un bersaglio senza fine. Storia dell’antisemitismo” (Scipioni editore).
Giordano Bruno (lo interpretò magistralmente Gian Maria Volonté nel film diretto da Giuliano Montaldo, che partecipò anni fa a una delle edizioni della manifestazione a Campo de’ Fiori) non accettò di abiurare le proprie idee nemmeno di fronte al rogo, anche per questo “la sua filosofia si pone a livelli altissimi in quello che è il suo compito preciso: scoprire, togliere il velo all’apparenza, capire come stanno le cose a ‘lume di ragione’. Un furore eroico – come egli stesso lo definisce – che diviene procedura e metodo, che ha bisogno però di un’operazione preliminare: la liberazione della mente dall’abitudine di credere” evidenzia Maria Mantello, che alla ipotesi sull’essere anticristiano puntualizza che “la polemica antifedeista è centrale ed è rivolta, come è logico che sia, alla religione dominante, la cattolica, la “vorace lupa romana” come egli stesso la definisce.
Ma Bruno polemizza senza sconti con il cristianesimo tutto, l’autonomia dal confessionismo è un tema ancora attuale. E sulla strada della separazione tra leggi umane e leggi divine, tra Stato e Chiese, come oggi diciamo, è un maestro di laicità. A lui interessa la costruzione di una società civile che leghi l’uomo all’uomo nella giustizia, che è costruzione umana attraverso leggi giuste. Ma non c’è giustizia senza uguaglianza, che non significa appiattimento, ma pari opportunità”. In un’epoca in cui la misoginia era strutturale e le donne venivano arse vive come streghe, Bruno scrisse pagine straordinarie dalla parte delle donne ribaltando gli schemi sessisti, come nel ‘De la causa principio et uno’. Le sue opere, nonostante fossero state messe all’indice, circolavano in tutta Europa, con lui ancora in vita, erano molto apprezzate in Inghilterra dalla stessa regina. La sua “fortuna” fu più europea che italiana proprio per l’ostilità del Vaticano, il fermento laico del Risorgimento riaccese l’interesse su di lui e sulle sue opere e mentre la Chiesa avrebbe voluto cancellarne la memoria, con l’Unità d’Italia vennero erette in tutto il Paese targhe e lapidi in suo onore.
Francesca Sammarco
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