//Essere gentili sempre Così si vive meglio

Essere gentili sempre Così si vive meglio

di | 2019-10-15T10:29:45+02:00 13-10-2019 6:28|Punto e Virgola|0 Commenti

E’ vero, manca giusto un mese, ma vale decisamente la pena prepararsi per tempo. Si tratta della Giornata della Gentilezza, in programma il 13 novembre in tutto il mondo: una ricorrenza nata da una conferenza del 1997 a Tokyo e introdotta anche in Italia dal 2000.

Fabiana Cacioni

Scrive Eugenio Borgna, psichiatra fenomenologo, nel suo La dignità ferita, Feltrinelli (2015):  “La gentilezza ci consente di allentare le continue difficoltà della vita, di essere aperti agli stati d’animo e alla sensibilità degli altri, di interpretare le richieste di aiuto che giungano non tanto dalle parole quanto dagli sguardi e dai volti degli altri: familiari, o sconosciuti. La gentilezza è un fare e un rifare leggera la vita, ferita continuamente dalla indifferenza e dalla noncuranza, dall’egoismo e dalla idolatria del successo, e salvata dalla gentilezza nella quale confluiscono, in fondo, timidezza e fragilità, tenerezza e generosità, mitezza e compassione, altruismo e sacrificio, carità e speranza. Ma la gentilezza è un ponte anche perché ci fa uscire dai confini del nostro io, della nostra soggettività, e ci fa partecipare della interiorità, della soggettività, degli altri; creando invisibili alleanze, invisibili comunità di destino, che allentano la morsa della solitudine, e della disperazione, aprendo i cuori ad una diversa speranza, e così ad una diversa forma di vita”.

Ivana La Pira

Come non essere d’accordo? Essere gentili con se stessi e con gli altri (chiunque essi siano) non costa nulla e migliora la nostra vita (e quella di chi vive con noi o comunque orbita nell’ambito della nostra esistenza). Sul sito www.gentletude.com (curato da Ivana La Pira, Fabiana Cacioni e Cristina Milani) si possono trovare i suggerimenti e le iniziative per vivere in gentilezza sempre: senza se e senza ma. Il primo consiglio riguarda il mondo della scuola perché è lì, sin dai primissimi anni di età, che si mettono le basi per crescere secondo principi di sana (e gentile) educazione. Già, perché gentilezza fa rima proprio con educazione e dunque è assolutamente necessario che sui piccoli banchi dell’asilo vengano inculcate e professate le regole dei buoni comportamenti, a cominciare dagli insegnanti della materna che hanno il complicato e delicatissimo compito di forgiare i giovanissimi frequentanti.

Cristina Milani

Ma l’istituzione scolastica (che nella stragrande maggioranza dei casi fa il suo dovere con abnegazione e costante applicazione) non basta. L’altro pilastro è naturalmente la famiglia: gli esempi dei genitori sono i primi ad essere assimilati dai piccoli. Nel bene e, purtroppo, anche nel male. Se la mamma o il babbo o entrambi fanno un uso smodato del telefonino in ogni circostanza, allora i figli di qualsiasi età si sentiranno autorizzati a fare altrettanto. E’ un esempio banale, ma assai frequente. Spesso ci si “libera” dei figli piazzandoli davanti alla tv alle prese con cartoni animati d’ogni genere, ma le moderne tecnologie permettono di fare altrettanto con i cellulari. Ecco allora che. quando si sta al ristorante. ragazzini anche di 4-5 anni ingozzano la loro pizza e poi pretendono lo smartphone di mammà o papà (se non sono già dotati di un proprio strumento atto alla bisogna) per isolarsi con videogiochi e/o filmati di varia natura. E la richiesta è quasi sempre prontamente esaudita: “Così non rompe…”. Questi giovanissimi non sono né gentili, né tanto meno educati. E sicuramente non lo saranno nemmeno quando diventeranno più grandi. Insomma le buone maniere vanno insegnate da subito.
E poi? Prendersi cura degli altri, a cominciare da noi. Perché gli “altri” sono innanzitutto “noi”.  E ancora comunicare con empatia: basta davvero poco. Ce ne accorgiamo quando siamo in un ufficio pubblico: l’impiegato che risponde in modo scortese o annoiato ai quesiti o alle richieste dei cittadini, suscita immediatamente antipatia. Bisogna sempre ricordarsene perché, prima o poi, ci troveremo noi dall’altra parte della barricata, chiamati a dare risposte ai bisogni e alle esigenze di altri. Le domande da porsi sono molto semplici: che cosa fare in una determinata situazione? Si tratta di un fatto o di un’opinione? Argomentare le proprie convinzioni con parole semplici (e gentili) senza urlare e senza sopraffare è una strada che a cominciare dai nostri politici (quasi tutti…) raramente viene imboccata.
Come pure fare e ricevere complimenti: sembra scontato, ma non lo è. E non vale neppure la scusa di non avere tempo: essere gentili non comporta ritardi. Infine, sarebbe opportuno compilare una mappa delle gentilezza nella città in cui viviamo. Ricordare gli esercizi e gli uffici pubblici in cui si è trattati con scarsa considerazione e senza gentilezza, è azione meritoria. Perché non solo non ci torneremo noi, ma li sconsiglieremo anche ai nostri amici e parenti. “Oggi, la gentilezza non è una scelta ma una necessità – scrivono  Cristina Milani, Fabiana Cacioni e Ivana La Pira – se vogliamo garantirci una migliore qualità di vita e il perdurare della nostra esistenza come specie responsabile”.
Dunque, prepariamoci al 13 novembre, con l’impegno di essere gentili sempre e non un solo giorno all’anno.
Buona domenica.

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