Per la gente di mare la solidarietà non potrà mai essere regolata da un articolo della legge. L’obbligo di soccorso in mare, previsto da convenzioni internazionali di valore superiore rispetto alla legge ordinaria (art. 117 Cost.), prevale su qualunque disposizione finalizzata a scopi diversi. Ecco perchè il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento, Alessandra Vella, ha rimesso in libertà Carola Rakete (nella foto in basso a destra), la trentunenne comandante della motonave Sea Watch 3 battente bandiera olandese, che aveva soccorso in mare 53 clandestini, molti dei quali in condizioni di salute critiche, accusata di resistenza e violenza nei confronti di una motovedetta della Guardia di Finanza. Una decisione, quella del giudice siciliano, che contrasta, e molto, la volontà e le indicazioni del ministro degli Interni italiano, Matteo Salvini, da sempre contrario alle operazioni di soccorso in mare intraprese dalle organizzazioni umanitarie.
Appunto, la Legge del Mare, che viene prima di ogni altra regola, disposizione o legge nazionale. “Una nave che soccorre migranti non può essere giudicata offensiva per la sicurezza nazionale e il comandante di quella nave ha l’obbligo di portare in salvo le persone soccorse”. Lo ha scritto il Gip nella sua ordinanza di scarcerazione.
Ma lasciamo stare tutti gli aspetti legali della vicenda, i cavilli tribunaleschi che spesso diventano inspiegabili diatribe verbali e concentriamo la nostra attenzione su questa Legge del Mare che impone di portare soccorso, comunque e sempre, a chi si trova in difficoltà.
“L’obbligo di salvare la vita in mare costituisce un preciso obbligo degli Stati e prevale su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare. Le scelte politiche insite nell’imposizione di Codici di condotta, o i mutevoli indirizzi impartiti a livello ministeriale o dalle autorità di coordinamento dei soccorsi, non possono ridurre la portata degli obblighi degli Stati che devono garantire nel modo più sollecito il soccorso e lo sbarco in un luogo sicuro (place of safety). Eventuali intese operative tra le autorità di Stati diversi, o la paventata “chiusura” dei porti italiani, non possono consentire deroghe al principio di non respingimento in Paesi non sicuri affermato dall’art. 33 della Convenzione di Ginevra” (dalla rivista Questione Giustizia).
Ci sono comunque comportamenti, filosofie di vita, sentimenti di solidarietà che non hanno bisogno di leggi specifiche per essere affermate. Aiutare e soccorrere chi ne ha bisogno fa parte della nostra indole, evidentemente diversa da individuo a individuo. Ne sanno qualcosa coloro che sono nati sul mare, figli e nipoti di gente di mare. Comunque tutti quelli che amano il mare e ne conoscono benefici e malefici. Questo senso di solidarietà lo abbiamo – sì, lo posso affermare con orgoglio in quanto nato e vissuto per buona parte della mia vita in riva al Tirreno – lo sentiamo nel nostro intimo, è insito nel nostro Dna. E non serve una legge che ci dica se è giusto o sbagliato correre in aiuto di chi in mare si trova in difficoltà. Né oggi né mai ce lo potranno impedire.
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