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Funghi e tartufi da leccarsi i baffi

di | 2024-11-21T18:41:39+01:00 24-11-2024 0:01|Enogastronomia, Sezione 1|0 Commenti

PESCOROCCHIANO (Rieti) – L’Accademia Italiana della cucina è stata fondata nel 1953 da Orio Vergani (all’anagrafe Vittorio), giornalista del Corriere della Sera che seguiva il Giro d’Italia, alla ricerca dei piatti locali durante le tappe. Scrittore, commediografo, critico d’arte, cronista attento e curioso, fu il primo presidente dell’Accademia, fino alla sua scomparsa nel 1960. Scrisse di costume, sport, teatro, cronache di guerra e di viaggio, arte figurativa, arte applicata, pubblicità, fu tra i cofondatori del premio Bagutta”. Né Associazione, né Club: su suggerimento del pubblicitario Dino Villani, con il sostegno di Orio Vergani, fu subito Accademia Italiana della Cucina. Di Vergani, Indro Montanelli scriveva “… del Giro d’Italia e di quello di Francia sapeva tutto, meno chi avesse vinto la tappa, perché per strada si era fermato a una trattoria famosa per i suoi arrosti o per il baccalà, di cui il suo articolo illustrava le delizie”.

Da sinistra il consigliere regionale Michele Nicolai, il presidente Palomba, Riccardo Costantini, Daniele Salvini

Nel 1961 fu stampata la 1ª Guida italiana ai ristoranti, da lui fortemente voluta. Insieme a Vergani, furono fondatori Luigi Bertett (presidente dell’Automobile Club d’Italia), Dino Buzzati Traverso (giornalista, scrittore, pittore), Cesare Chiodi (presidente del Touring Club Italiano), Giannino Citterio (industriale), Ernesto Donà dalle Rose (industriale), Michele Guido Franci (segretario generale della Fiera di Milano), Gianni Mazzocchi Bastoni (editore), Arnoldo Mondadori (editore), Attilio Nava (medico), Arturo Orvieto (avvocato e scrittore), Severino Pagani (scrittore e commediografo), Aldo Passante (direttore del Centro di produzione Rai di Milano), Gian Luigi Ponti (banchiere, presidente dell’Ente Turismo di Milano), Giò Ponti (architetto), Dino Villani (giornalista, pubblicitario, pittore), Edoardo Visconti di Modrone (industriale). Presenti alla fondazione all’Hotel Diana di Milano, anche Massimo Alberini e Vincenzo Buonassisi, giornalisti e scrittori.

Da sinistra, aiuto cuoco Edoardo, Costantini, lo chef Thomas

Come Mario Soldati, il suo interesse per la valorizzazione della nostra cucina, in connubio con la cultura, si sviluppò presto. Intuì per primo il valore culturale del cibo nella dimensione umana, in aperto contrasto con le posizioni concettuali del tempo, quando, con l’unica eccezione di un personaggio come il futurista Marinetti, tutti consideravano la cucina solo un mezzo per garantirsi la sopravvivenza o per soddisfare un piacere edonistico. Scrisse che l’Accademia era nata “da una noterella di viaggio di un cronista vagabondo che si stupì di trovare nel civilissimo Veneto camerieri che gli offrivano cotolette alla milanese e quasi si stupivano ch’egli fosse ansioso di assaggiare delle luganeghe di Treviso, mentre l’oste, che era di Conegliano, gli offriva frettolosamente vini toscani e non vini del Piave”.

In piedi, il consigliere regionale Michele Nicolai

I luoghi si caratterizzano anche per i prodotti locali, volano per il turismo e lo sviluppo, anche come contrasto allo spopolamento delle aree interne. L’Accademia persegue i suoi obiettivi attraverso l’attività delle Delegazioni e Legazioni in tutto il mondo, che organizzano convegni, pubblicazioni e ricerche storiche rivolte alla tutela e alla valorizzazione della cucina italiana. Lo studio e la ricerca che l’Accademia svolge su tutto ciò che riguarda la Civiltà della Tavola passano anche attraverso un’intensa attività conviviale, che costituisce occasione d’incontro e di scambio d’idee tra gli Accademici.

La delegazione di Rieti è stata istituita nel 1974, presieduta oggi da Francesco Palomba, che il 17 novembre ha scelto l’Hostaria 23 nella frazione di Sant’Elpidio di Pescorocchiano, nel Cicolano, territorio ricco di tartufi e funghi, per un convivio sul tema, preceduto dalla visita al caseificio artigianale Il Lupo, di Franco e Giuseppe Ricciardi, nella vicina frazione di Granara, dove hanno assistito alle fasi di cagliata e riscoperto i sapori di un tempo. L’associazione Amer (Associazione micologica ecologica Romana) ha illustrato il mondo micologico, con il presidente Aldo Gurrieri, Leonardo Giuliani per i funghi, Massimo Rossi per i tartufi.

Nove le specie commestibili e commercializzabili: tartufo bianco, nero pregiato, moscato, d’estate o scorzone, uncinato, nero d’inverno o trifola, bianchetto o marzuolo, nero liscio, nero ordinario. Per i funghi le regole di base: riconoscere le caratteristiche della specie e soprattutto avvolgere i funghi sospetti in carta stagnola, in modo che frammenti di specie velenose non contaminino il cesto, prima del controllo alla Asl. Amanita Phalloides e Amanita Panterina sono le più pericolose, la Phalloides non dà segni immediati e quando compaiono è già troppo tardi, perché a quel punto solo un trapianto di fegato può salvare la vita. Per i funghi secchi “osservare le etichette extra, speciale, commerciale, misto e polvere”.

Il presidente Francesco Palomba

Nel Lazio sono 51 le specie che possono essere commercializzate e Gurrieri suggerisce ai ristoratori di non fermarsi ai porcini, galletti, ovoli, per differenziarsi ed essere un punto di riferimento per gustare altre specie altrettanto pregiate e valorizzare i luoghi anche con le erbe spontanee: borragine, ramoracci, raponzoli, pimpinella, strigoli, cicorie che possono fare la differenza. L’Accademia reatina, con il ‘simposiarca’ Riccardo Costantini che lo ha descritto, ha degustato un menù speciale: antipasto di benvenuto con mozzarellina tartufata fritta, battuta di Fassona con tuorlo marinato e tartufo, tagliolini al burro francese e tartufo, risotto ai porcini, guanciale di maiale CBT con fondo bruno, porcino alla brace, patate e cicoria, tiramisù di H23, vino valpolicella superiore.

La cagliata

I convitati hanno compilato le schede di valutazione su come il tema funghi e tartufi sia stato trattato dallo chef (i giovani Thomas e il suo aiuto Edoardo, diplomati all’Istituto alberghiero di Rieti). I risultati saranno pubblicati sulla rivista mondiale dell’Accademia italiana “Civiltà della tavola”, mensile in distribuzione a tutti i 7500 accademici nel mondo, alle 350 sedi internazionali e nel sito dell’Accademia (accademiaitalianadellacucina.it).

Hostaria 23 è nata un anno fa da un gruppo di cinque amici di S. Elpidio con la passione dei funghi e dei tartufi: Daniele Salvini, i gemelli Pietro e Renzo, Andrea Marcelli, Francesco Gentile. Hanno una tartufaia e quando il prodotto non basta si riforniscono dai ‘cavatori’ del vicino Abruzzo. In un anno di attività si è già distinta per la qualità del prodotto, la ricerca enologica.

Quaranta coperti e nella piccola, ma ben fornita cantina, un tavolo singolo per chi vuole trascorrere una serata speciale.

Francesca Sammarco

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