PALERMO– Non è facile sintetizzare in modo esaustivo la ricchezza poliedrica del testo di Giovanni Salonia Il Signore mi condusse (Cinisello Balsamo, Milano, Edizioni San Paolo, 2022), in cui l’autore (frate cappuccino, psicoterapeuta, docente di psicologia sociale) offre un profilo a tutto tondo di Francesco d’Assisi: “un ritratto psicologico e spirituale”, come recita il sottotitolo, che esplora i vari aspetti della vita del santo, con un convincente e suggestivo approccio trans-disciplinare.
Il libro, con una postfazione del professore emerito Erminio Gius, è stato presentato qualche mese fa a Palermo da illustri relatori, tra i quali la professoressa Ina Siviglia che ha evidenziato come il testo sia attraversato da uno sguardo antropologico non univoco, né unicamente cristiano né solo laico: dalle pagine del libro brilla l’orizzonte di una antropologia umana universale, che può risuonare dentro ogni persona di buona volontà.
Sia la professoressa Siviglia che il professore Luigi Pellegrini – autore della presentazione scritta al testo – hanno poi evidenziato come san Francesco abbia compiuto quella che il professore Salonia definisce “una rivoluzione culturale e strutturale che ancora oggi rappresenta una delle sfide più radicali del vivere insieme a livello ecclesiale e sociale”: il passaggio “dalla communitas alla fraternitas”, cioè dalle comunità monastiche fondate per svolgere insieme un compito, il bene comune, a quella francescana, fondata essenzialmente sul primato della fraternità, che custodisce le relazioni e compone in unità e armonia i vari carismi.
La fraternità di Francesco diventa allora “figura” – per usare un termine caro alla psicologia della Gestalt – cioè elemento primario, chiave di volta con cui leggere la sua speciale esperienza umana e spirituale. Scrive Giovanni Salonia: “Nell’esperienza di Francesco e nelle sue parole è centrale non tanto la parola fraternità, ma il definirsi e relazionarsi da ‘fratello’. Il Padre gli dona dei fratelli da amare nella reciprocità, senza volontà di dominio o di sottomissione”.
“L’essere fratelli è in Francesco l’itinerario privilegiato di conversione. Sempre fratello, di fronte a ogni uomo, sia egli papa o re, lebbroso o peccatore. Sempre fratello ‘minore’. Non un fratello santo che guarisce, ma un fratello che abbracciando impara ad essere fratello. Un fratello che si prende cura del corpo malato dell’altro non per dare o dimostrare qualcosa, ma unicamente perché fratello”.
Con il primato della fraternità “Francesco rivoluziona la teologia della creazione man mano che sente dentro il suo cuore il cantico dell’essere figlio e del trovarsi tra fratelli. Anche gli animali sono fratelli.” Diventano fratelli, come si legge nel meraviglioso Cantico delle creature, tutti gli elementi della natura, compreso il corpo e la morte.
La radice del nuovo modello di fraternità proposto da Francesco – che vuole seguire nel suo cammino umano e spirituale l’esempio di Gesù, fratello maggiore – è la connessione tra obbedienza e amore. “Il cuore dell’obbedienza è la comunione”: sottolinea il professore Salonia. E Francesco insiste sulla necessità di rimanere nella comunione “anche nei casi estremi, quando non si può ubbidire. Una prospettiva rivoluzionaria nella storia della vita consacrata, perché coniuga (e non oppone) il primato della coscienza con quello della fraternità”.
L’autore analizza altri aspetti fondamentali della fraternità francescana: Francesco non si considera mai un padre fondatore e accetta l’inquietudine e la sofferenza che questa scelta non verticistica gli comporta: “Francesco ha dovuto far fronte alla paura che la scelta di essere innanzitutto fratello comportasse lo smarrimento dell’eredità, ovvero dell’ispirazione, ma nello stesso tempo, l’assisiate non voleva ripiegare verso una soluzione paterna, che avrebbe sconfessato la novità della fraternitas”. “Anche in punto di morte Francesco rimane fratello e non chiama figli i suoi frati: «Io ho fatto la mia parte; la vostra, Cristo, ve la insegni».
“In quest’ottica – evidenzia ancora Salonia – le tante separazioni e frantumazioni nell’ordine sono state, in fondo, gesti di vitalità ed espressioni di genuinità. Proprio perché la fraternitas di Francesco richiede una costitutiva accettazione dell’essere fratelli, ogni frate e ogni generazione hanno il diritto e il dovere di ripensare l’ordine «secondo i luoghi, i tempi e le fredde regioni», rinunciano al sogno della stabilitas, del pensiero unico, di una comunione nello stile della communitas”.
Di cosa ha bisogno la fraternità per realizzarsi? Ha bisogno di ecclesialità, di sentirsi in comunione, sempre e comunque con la Chiesa; ha bisogno soprattutto della povertà, appellata ‘sorella’ anche lei. Francesco si spoglia di tutto e chiede addirittura l’elemosina: “Scegliere di diventare povero con i poveri, di chiedere l’elemosina invece di farla, significa così superare nell’intimo la tentazione di sentirsi più buoni degli altri, di avere pretese, per ritrovarsi nell’uguaglianza tra fratelli; significa vivere la radicalità della condizione umana, dell’essere-gettati-nel-mondo, senza illusione di protezione o garanzie speciali”.
In questa prospettiva di radicale cambiamento rispetto ai valori sociali “L’abbraccio con lebbroso viene indicato da Francesco stesso come il punto culminante della sua esperienza di conversione. Egli, docile allo Spirito, ha compiuto un cammino di progressiva liberazione: ha attraversato/superato la paura della povertà materiale e delle umiliazioni, del rifiuto, del disprezzo.”
Il testo offre tanti preziosi spunti di riflessione, a cui si può solo accennare: l’importanza dei sentimenti come via dell’amore “l’amore non è per Francesco un guadagno ingenuo, separato dalla concretezza dell’umano. Senza contatto con le emozioni e i sentimenti, non c’è amore autentico e incarnato. Abbiamo bisogno delle emozioni: sono i nostri vissuti più istantanei e intensi, che ci muovono e ci orientano nel mondo. E non possiamo fare a meno dei sentimenti: ci danno il calore, l’energia, il sapore e la direzione dell’esistenza e ci rivelano parti intime, vibranti, a volte sconosciute, del nostro cuore. (…) Già le Preghiere di Francesco sono impregnate di sentimenti intensi e di emozioni travolgenti.” “Accanto alla lode, un altro sentimento riempie il cuore di Francesco: la gratitudine. I sentimenti di gratitudine per il Signore a tratti sono incontenibili.” “Questo inesauribile innamoramento per Dio si coniuga in Francesco in un tenero, affettuoso, delicato amore per il fratello (…); la tenerezza è parte costitutiva del cuore di Francesco”.
E poi il valore della cura, secondo una ‘grammatica’ soprattutto fraterna e materna: “Se l’obbedienza e l’amore si proteggono a vicenda, allora fra chi comanda e chi ubbidisce si instaura un reciproco prendersi cura, secondo il codice fraterno/materno.” “La fraternitas come principio di convivenza richiede precise qualità relazionali quali l’amore materno, il rispetto della creatività del singolo, una maggiore libertà di movimento rispetto alla communitas, una normativa essenziale.”
Una nuova concezione di sapienza: “Il sapere che salva è il sapere vivere in relazione.” “Con grande intuito, Francesco chiede alla semplicità di ‘proteggere’ (di ‘autenticare’) la sapienza. (…) Maestro di sapienza ‘illetterata’, Francesco ci ricorda in definitiva che non è ‘ingoiando’ libri e nozioni che si diventa sapienti, ma per la via della ricerca dell’interiorità, dell’essenzialità, della creatività, della relazione, dell’umile mettersi in discussione. Francesco, maestro di una sapienza “folle”, ci ricorda l’inutilità di una saggezza impaurita e la necessità dell’audacia, frutto dell’essere in contatto con la propria ispirazione e con l’Altro, unica protezione dalle seduzioni dell’applauso e del consenso degli opinion-leaders. La semplicità francescana non è semplicioneria o ignoranza della complessità dell’esistenza, bensì capacità ascetica di purificarsi del superfluo, faticosa ricerca dell’essenziale, ascolto attento del proprio cuore e di quello del fratello.”
Il testo, quindi, ci propone un Francesco vibrante e attuale, del cui trascinante esempio di vita c’è oggi urgente bisogno. Con un felice sintesi, papa Francesco ha scritto nell’Enciclica ‘Laudato sii’: «In Francesco si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore». E l’impegno per la pace nella società: ricorda Salonia che quando a Francesco viene richiesto di risolvere dei conflitti, egli non veste mai i panni del giudice, ma rimane un fratello che aiuta: “Possiamo dire che inventa il ruolo di quello che oggi si chiama mediatore. (…) Francesco resta fratello del lupo e degli abitanti di Gubbio. Restare fratello delle parti in gioco si rivela il modo migliore per la soluzione dei conflitti”.
Benvenuto quindi il contributo così ‘innamorato’ del professore Salonia. Nella citata presentazione palermitana, il professore Eugenio Borgna ha sottolineato la bellezza unitaria del libro, che si può gustare quasi come un romanzo e dalla cui lettura credenti e non credenti escono ritemprati e rinnovati.
Nei nostri giorni afflitti da pandemia, crisi climatica, diseguaglianze sociali, ingiustizie, guerre… in cui l’umanità sembra avviluppata in una pericolosa frammentarietà ‘liquida’ e litigiosa, incapace di costruire un’umanità solidale e fraterna… davvero “il canto di Francesco e dei suoi frati può offrire una strada per l’oggi e per il prossimo futuro della condizione umana”.
Maria D’Asaro
Nell’immagine di copertina, la presentazione a Ragusa del libro di Giovanni Salonia su Francesco d’Assisi
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