Il 2021 si apre con una splendida pagina di giornalismo, realizzata da La Gazzetta dello Sport con una lunga intervista a firma del vice direttore Pier Bergonzi a Papa Francesco, nella quale si parla dei valori sportivi e di che cosa rappresentano per l’uomo e soprattutto per i giovani. Il Pontefice è una straordinario comunicatore perché sa parlare al cuore attraverso concetti semplici, ma profondi. Ricorda Francesco la sua infanzia povera quando giocava con una “pelota de trapo”, una palla di stracci: non c’erano i mezzi per potersene permettere altre un po’ più evolute, di cuoio o di gomma. E racconta pure che lui da piccolo era un “pata dura”, cioè aveva la gamba dura. Insomma col calcio ci prendeva poco, tanto che giocava sempre come portiere. Ma quel ruolo per lui fu una grande lezione di vita: “Il portiere deve essere essere pronto a rispondere a pericoli che possono arrivare da ogni parte”. Faceva il tifo (come oggi, del resto) per il San Lorenzo e praticò pure la pallacanestro, come il papà che era una colonna sempre dello stesso club.
Impossibile sintetizzare i temi affrontati nel lungo colloquio. Intanto, il valore educativo dello Sport che è formazione, disciplina, rispetto delle regole, sacrificio, lavoro. Concetti che valgono in ogni attività agonistica, ma soprattutto nella vita. Spiega il papa di essere particolarmente colpito da coloro che praticano i 100 metri: in 10 secondi o poco più (anche meno, i più bravi) si giocano mesi, anni di durissimi allenamenti. Dei quali si sa poco o nulla. Ed ecco il riconoscimento sincero per il ruolo dell’allenatore, persona che rimane spesso ai margini e che però ha una funzione fondamentale non solo nella spiegazione dei gesti tecnici, ma anche come solido appoggio morale verso l’atleta. Bergoglio non lo dice in maniera esplicita, ma nella crescita dei giovani sono tre i pilastri sui quali si può e si deve costruire: famiglia, scuola e sport. Tutti svolgono un compito decisivo e ognuno è complementare dell’altro. Non dimentichiamolo quando un papà o una mamma intendono sostituirsi all’insegnante o all’allenatore. Ognuno fa la sua parte nel suo ambito e tutti insieme contribuiscono alla formazione dei ragazzi.
Francesco si sofferma poi su alcuni campioni. Maradona, così forte in campo e così fragile fuori, viene definito “un poeta”, mentre Bartali viene indicato come esempio di chi ha lasciato il mondo meglio di come lo ha trovato. In un viaggio apostolico in Israele gli parlarono proprio di Gino Bartali, nominato “Giusto delle nazioni”. Ginettaccio, durante la Seconda guerra mondiale, sollecitato dal cardinale Elia Dalla Costa, con la scusa di allenarsi, partiva da Firenze e arrivava ad Assisi dove prelevava documenti falsi (che nascondeva nel telaio della bicicletta) per salvare gli ebrei. Ogni giorno centinaia di chilometri… Pare che ne abbia salvati circa 800 e che qualcuno lo abbia ospitato anche a casa sua.
“Per chi è abituato a vincere – sottolinea Bergoglio – la tentazione di sentirsi invincibile è forte: la vittoria, a volte, può rendere arroganti e condurre a pensarsi arrivati”. E quindi non bisogna anelare al successo? Tutt’altro, ma la sconfitta per il Papa è ugualmente importante perché “favorisce la meditazione, si fa un esame di coscienza, si analizza il lavoro fatto. Ecco perché da certe sconfitte nascono bellissime vittorie. Mi verrebbe da dire che chi vince non sa che cosa si perde. Non è solo un gioco di parole: chiedetelo ai poveri”. Lo sport comunque è felicità, da condividere con gli altri “perché se la tengo per me resta un seme, se invece la condivido può diventare un fiore”.
Francesco insiste a lungo sul concetto di agonismo sano: “La tua resa è il sogno del tuo avversario: arrenderti è lasciargli la vittoria. Un uomo non muore quando è sconfitto: muore quando si arrende, quando cessa di combattere. I poveri sono un esempio spettacolare di che cosa voglia dire non arrendersi”. In questo ragionamento non c’è alcuno spazio per chi bara, quindi no secco e deciso al doping e a chi usa mezzi illeciti per migliorare le proprie prestazioni. Il motto olimpico “Fortius, citius, altius” calza perfettamente: ma per essere più forti e più veloci e per volare più in alto, bisogna lavorare sodo, allenarsi con costanza e seriamente. Vale per lo Sport, vale per la vita. Le scorciatoie non sono ammesse: “Nessun campione si costruisce in laboratorio. A volte è accaduto, ma il tempo li smaschera. Il talento è un dono ma ci devi lavorare sopra”. Decisivo in questo senso il ruolo delle parrocchie dove c’è sempre un campetto sul quale giocare: San Giovanni Bosco con i suoi oratori ne è l’esempio più cogente.
L’augurio per il 2021? “Meglio una sconfitta pulita che una vitoria sporca”. Con un pensiero speciale per gli atleti disabili (Alex Zanardi in testa), l’esempio concreto di chi non si vuole arrendere.
Emblematiche le parole finali: “Ad ognuno Dio ha dato un campo, nel quale giocarsi la vita: senza allenamento, però, anche il più talentuoso rimane una schiappa, si dice così? Ecco: per me allenarmi (e anche un papa si deve sempre tenere in allenamento…) è chiedere ogni giorno a Dio ‘Che cosa vuoi che faccia, che cosa vuoi della mia vita?’ Domandare a Gesù, confrontarsi con Lui come con un allenatore, sapendo sempre di giocare in una squadra in cui il Capitano ha il diritto di avere l’ultima parola. Ma sapendo anche che se si fa uno scivolone, a bordo campo c’è Lui che è pronto a rimetterci in piedi. Basta non aver paura di rialzarsi”.
Grazie, Papa Francesco per questa splendida Enciclica laica.
Buona domenica.
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