In Italia la maggior parte del patrimonio forestale (quello pubblico e non ricadente in parchi nazionali, altre riserve e aree circoscritte), dipende dal Ministero delle politiche agricole, il cosiddetto Mipaaf. Al che viene spontaneo chiedersi: cosa hanno a che fare le foreste con i campi per la produzione agricola? In Italia i boschi vengono valutati soprattutto per i loro aspetti produttivi e non nella loro accezione di sistemi complessi, scrigno di preziosa biodiversità, nonché di speranza per il futuro delle prossime generazioni. Parliamo di spazi vitali che serbano la memoria e il legame con gli aspetti più reconditi della nostra essenza, depositari di valori intrinseci di natura etica, storica, spirituale e paesistica. Un patrimonio inestimabile che subisce attacchi ogni giorno e che rischia di venir degradato in maniera irreparabile.
Cinquemila firme sono state raccolte in due settimane nella petizione promossa dallo scrittore Diego Infante e indirizzata al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a tutela delle foreste e alla quale ha aderito adesso anche Italia Che Cambia, associazione di promozione sociale. L’Italia è oggetto di un vero e proprio sacco boschivo, a causa di pratiche di gestione che prevedono un massiccio ricorso al taglio (spesso eseguito nel peggiore dei modi, cosiddetto ceduo “stecchino”), passando poi per la pressione delle centrali a biomasse – peraltro lautamente finanziate con contributi pubblici – senza contare i tagli abusivi che si succedono continuamente (persino nei parchi nazionali), e che generalmente trovano nella mera contravvenzione la loro sanzione giuridica. Si aggiunga pure una nuova strategia adottata da molte amministrazioni comunali: la vendita di porzioni boschive – con conseguente abbattimento – al solo scopo di fare cassa.
“Per tali ragioni – afferma Diego Infante – chiediamo a gran voce l’abbandono di una anacronistica gestione boschiva tarata sul produttivismo, a vantaggio di una improntata a criteri prettamente conservativi. Troppo alta la posta in gioco: le foreste sono ecosistemi complessi adattativi e come tali richiedono una pianificazione e gestione adeguate, sia per garantire la conservazione dei boschi cosiddetti funzionali, sia per quanto concerne il restauro di quelli degradati. Per far ciò – aggiunge Infante – occorre innanzitutto che la delega sulle foreste passi dal Mipaaf al dicastero dell’Ambiente, e allo stesso tempo che quest’ultimo riceva in dote le giuste professionalità nonché gli strumenti adeguati per poter operare al meglio”.
E questo, secondo il promotore della petizione, non vuol dire farsi portatori di richieste che hanno il sapore dell’utopia romantica, la silvicoltura, mediante un processo di graduale transizione, deve essere sostituita dall’arboricoltura, cosicché una buona parte del fabbisogno di materia legnosa potrà provenire da foreste messe a dimora in spazi agricoli non utilizzati (come del resto già accade con la pioppicoltura). Inoltre il Ministero dell’Ambiente, in virtù delle nuove competenze, potrà acquisire al demanio dello Stato i cosiddetti “boschi di protezione”, ovverosia quelle formazioni forestali che difendono il territorio da valanghe e dissesto idrogeologico, in modo da sottrarli a qualsiasi ipotesi di taglio. Un’ultima annotazione da parte di Diego Infante: “Riteniamo prioritario riportare la competenza sui boschi pubblici e privati da Regioni, Province e Comuni allo Stato centrale, dal momento che il patrimonio arboreo rappresenta un interesse strategico nazionale e che per questo va sottratto ai meccanismi di riduzione e al criterio dell’utile”.
Per chi intende aderire alla petizione: https://www.change.org/p/sergio-mattarella-foreste-italiane-un-patrimonio-inestimabile-sotto-attaccop style=”text-align: right”>
Gianni Tassi
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