FIRENZE – Girando per Firenze è impossibile non notare delle “buchette”, vere e proprie mini finestre ad altezza delle mani, sui palazzi nobiliari. Queste buchette sono denominate “del vino” e nascono dall’usanza del XVII secolo di vendere il vino direttamente dai palazzi nobiliari, proprio durante il periodo degli stravolgimenti nei mercati europei, che portarono ad una organizzazione dei commerci internazionali e delle attività manifatturiere, portando una decadenza in quei settori che avevano fruttato ricchezza e potenza alla città di Firenze, durante il periodo rinascimentale e medievale.

Le famiglie nobili cominciarono a mutare le proprie attività in terreni agricoli e latifondi, dalla rendita più stabile, dai quali era possibile ottenere vari beni, tra i quali proprio il vino. Tramite le buchette era possibile vendere il vino direttamente in strada, in ogni momento, senza che venditore e acquirente avessero un contatto vero e proprio, dunque riscossero grande successo, ottenendo una vasta clientela, portando ad una rapida diffusione il fenomeno delle buchette.

Grazie all’anonimato offerto, i nobili utilizzavano il piccolo vano per depositare cibo o vino per i più bisognosi. Le buchette si aprivano su un vano a pianoterra, ed erano collegate alla cantina, dove un uomo, spesso un servitore, si occupava della vendita delle bottiglie del vino in varie ore del giorno. Le aperture consentivano il solo passaggio di un fiasco. Le buchette si presentavano a forma di piccola porticina ad arco, decorato solitamente con una punta a goccia, veniva chiuso grazie ad una piccola porta in legno, erano spesso denominate tabernacoli del vino. Oggi molte buchette sono state murate, mentre altre sono ancora visibili, ma chiuse, e riportano gli orari in cui i clienti potevano passare ad acquistare il vino.

Boris Zarcone

Nell’immagine di copertina, una buchetta del vino a Firenze