RIETI – Dalla prima vittoria di Nilla Pizzi nel 1951 (Grazie dei fior, ritenuta addirittura troppo sensuale, al secondo posto La luna si veste d’argento, al terzo Serenata a nessuno), a Gino Latilla e Giorgio Consolini nel 1954 (Tutte le mamme, seguita da Canzone da due soldi, …E la barca tornò sola), a Ermal Meta, Fabrizio Moro, Blanco, Mahmood, i Maneskin, Marco Mengoni (l’anno scorso): è l’Italia che va e questo è il festival di Sanremo, che ha rappresentato e rappresenta ancora la storia di questo Paese. Non è solo musica, Sanremo è anche il comune sentire di una società che cambia (non sempre in meglio…) usi e costumi.
Può piacere o no, si può seguirlo o no (tanto si saprà comunque sempre tutto, visto il grande movimento mediatico televisivo, radiofonico, giornalistico, social e l’economia che muove, cosa non di poco conto), Sanremo ci rappresenta, parla di noi e da Sanremo non si scappa: le canzoni le sentiremo in radio e in tv per settimane e non resta che “arrenderci”. Da quando ci sono i social molti si sentono quasi in dovere di scrivere che non lo seguiranno: per dimostrare cosa? E perché renderlo pubblico? Non lo volete seguire? C’è il telecomando. E’ considerato nazional-popolare? E che male c’è, ogni tanto, nel cercare la leggerezza, togliendosi la maschera di “alternativi”, snob, impegnati e seguire, anche se solo a tratti, vista l’eccessiva lunghezza fino a notte fonda, uno spettacolo che dice molto di noi.
Tanti anni sono trascorsi da quando la televisione non era in tutte le case e il festival, così come Lascia o raddoppia di Mike Bongiorno, si andava a vedere nelle case dei vicini o addirittura nei cinema. La società che cambia è tutta su quel palco, dove sono saliti personaggi unici. Vi ricordate Joe Sentieri che al termine dell’esibizione faceva il saltello? Era un’innovazione a fine anni ’50, con Tony Dallara, Domenico Modugno con Nel blu dipinto di blu (ma il titolo era Volare) e le sue braccia allargate (in coppia con Johnny Dorelli), Adriano Celentano che fece scandalo solo perché con 24 mila baci, girò le spalle al pubblico, Mina con Le mille bolle blu. Nel 1955 vince Buongiorno tristezza cantata da Tullio Pane e dalla voce registrata di Claudio Villa, colpito da una forte forma influenzale, che non si esibì, al suo posto un grammofono, inquadrato dalle telecamere. Al secondo posto Il torrente e al terzo Canto nella valle con Natalino Otto.
L’eleganza dei primi presentatori con Nunzio Filogamo “miei cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate”. Sanremo 1956 fu il primo talent show musicale italiano. Le voci in gara erano sconosciute, selezionate tra più di 6.400 candidati. Vinse Franca Raimondi con Aprite le finestre, seconda Amami se vuoi, terza La vita è un paradiso di bugie: canzoni dell’Italia del dopoguerra, che i nostri genitori ascoltavano e cantavano, in un Paese che voleva tornare a sperare, progettare e sorridere, cercando una gioventù spensierata che la guerra aveva negato.
Negli anni ‘60 Little Tony, Milva, Tony Renis, Lucio Dalla e la sua Marzo 1943 con testo e titolo cambiato per la censura, Lucio Battisti, Equipe ’84, nel 1964 Gigliola Cinquetti vince con Non ho l’età, seguita da Un bacio piccolissimo cantata da Robertino e Bobby Rydell. Modugno è solo terzo con Frankie Lane: insieme cantano Che me ne importa… a me. Nel 1965 vince Bobby Solo in coppia con The New Christy Minstrels con Se piangi, se ridi, seguito da Abbracciami forte e Amici miei. Nel 1966 vince Dio, come ti amo, cantata da Domenico Modugno e Gigliola Cinquetti, seguita da Caterina Caselli Nessuno mi può giudicare. Che dolore e che shock nel 1967 fu la notizia del suicidio di Luigi Tenco, ma il festival non si fermò. Anna Identici con la prima canzone sui morti sul lavoro (Era bello il mio ragazzo), Sergio Endrigo, Roberto Carlos, Iva Zanicchi, Nada, Nicola di Bari, Pino Donaggio, Peppino Di Capri, gli Homo Sapiens, i Santo California, i Collage, i Camaleonti, i Ricchi e Poveri, il trio Morandi – Ruggeri – Tozzi, Eros Ramazzotti, Massimo Ranieri, Toto Cotugno, i Pooh, Fausto Leali, Barbarossa, Bocelli, Giorgia, Ron, Elio e le Storie Tese, Avion Travel, Stadio, Rocks, Fossati, Masini, Cristicchi, Elisa, Vecchioni, Modà, Emma, Rino Gaetano, Vasco Rossi, Patti Pravo, Al Bano e Romina, i Mattia Bazar, Alice, Loretta Goggi, Riccardo Fogli, l’indimenticabile Mimì (quanto manca la voce di Mia Martini), il finto pancione di Loredana Berté, il lancio degli spartiti nel 2010 per protestare contro l’esclusione di Malika Ayane dalla terna per la vittoria, Patsy Kensit con le spalline che caddero durante l’esibizione, Anna Oxa con il perizoma nel 1999 (cantava Senza pietà), la farfallina tatuata di Belen.
Tanti i cantanti stranieri in gara o come ospiti: Wilson Pickett, Shirley Bassey, le Suprimes, Gene Pitney, Sandie Show che cantava scalza, Louis Armstrong che Pippo Baudo dovette quasi cacciare perché si allungava troppo nell’esibizione, ospiti come Russel Crowe (che tornerà quest’anno), Pierfrancesco Favino, Aberto Sordi che cantò Te c’hanno mai mandato a quel paese?, Nino Manfredi nel 1970 con Tanto pe’ cantà, Dire Straits, il Trio Lopez, Marchesini, Solenghi.
Proteste con minacce di suicidio con Pippo Baudo inossidabile, che calmava gli animi, un Peter Gabriel, truccatissimo, che andò a sbattere dondolandosi su una fune a mo’ di liana, cantando Shock the monkey, un giovane Chiambretti che scendeva legato facendo l’angelo, le contestazioni a Maurizio Crozza nel 2013 nei panni di Berlusconi. Su quel palco abbiamo visto e sentito di tutto, perfino l’esibizione di Emanuele Filiberto di Savoia.
Nel 1991 Riccardo Cocciante vinse con Se stiamo insieme nel clima cupo della Guerra del Golfo e, sempre in quell’anno, indimenticabile la standing ovation per i Tazenda con Andrea Parodi e Pierangelo Bertoli con la bellissima Spunta la luna dal monte:
In sos muntonarzos, sos disamparados
chirchende ricattu, chirchende
in mesu a sa zente, in mesu
a s’istrada dimandende.
sa vida s’ischidat pranghende
(Nell’immondezzaio, i disperati
cercando da mangiare, cercando
in mezzo alla gente, in mezzo
alla strada domandando
la vita si sveglia piangendo)
Bois fizus ‘e niunu
in sos annos irmenticados
tue n’dhas solu chimbantunu
ma paren’ chent’ annos.
(Voi figli di nessuno
negli anni dimenticati
tu ne hai solo 51
ma sembrano cent’anni)
Francesca Sammarco
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