TORINO – La Fiat Chrysler Automobiles a fine febbraio 2020 (il lookdown fu varato l’8 marzo) progetta una strana riconversione in chiave di Coronavirus: costruirà mascherine protettive per il viso e ventilatori necessari nei reparti di terapia intensiva degli ospedali. In una lettera ai dipendenti resa nota dalla Uilm (il sindacato dei metalmeccanici della Uil), Fca annunciò: “Avvieremo tutte le attività necessarie per convertire uno dei nostri stabilimenti alla produzione di mascherine facciali”. L’amministratore delegato del gruppo italo-americano indicò l’obiettivo di produrre oltre un milione di mascherine al mese.
La famiglia Agnelli-Elkann ha il problema di essere presente e solidale nella gravissima emergenza sanitaria del Coronavirus sia in Italia (dove è nata la Fiat) sia negli Usa (dove sono le maggiori produzioni e vendite di auto). Storicamente le grandi case automobilistiche hanno sempre avuto un ruolo chiave in tutti i passaggi cruciali dei loro paesi. È stato così nelle guerre. La Fiat nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale convertì buona parte della sua produzione in veicoli militari ed armi per aiutare lo sforzo bellico dell’Italia. Ora una analoga conversione sta avvenendo per il Coronavirus: con le mascherine e con i ventilatori sanitari. Ai primi di agosto accordo tra Fiat e il commissario straordinario Domenico Arcuri per la produzione di 27 milioni di mascherine al giorno negli stabilimenti storici di Mirafiori (Torino) e di Pratola Serra (Avellino).
Ognuno di noi è libero di farsi la propria opinione: questi sono i fatti. Con la speranza che l’emergenza coronavirus non duri troppo solo al fine di alimentare un business di grandi proporzioni.
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