ROMA – Fabio ha otto anni, ha la leucemia, ha fatto cicli e cicli di chemioterapia e ora sta meglio. Fabio è immunodepresso. Vuole andare a scuola ma non può, perché alcuni dei suoi compagni non sono vaccinati e per lui costituiscono una minaccia, una sorta di untori inconsapevoli. Fabio resta a casa, non ha altra scelta ma i suoi genitori non accettano il “no” del dirigente scolastico che sostiene di non avere gli strumenti per garantire al piccolo la frequenza: il diritto dell’uno esclude il diritto degli altri.
La mamma del piccolo leva un grido di protesta; chiede aiuto agli altri genitori; li implora di vaccinare i compagni di classe per dare al proprio figlio un “pezzetto” di vita normale, una ricreazione da vivere con gli altri perché su di lui pende la spada di Damocle. Il suo appello resta inascoltato e provoca anzi la reazione delle mamme no vax: “Non vaccineremo mai i nostri figli per non mettere a rischio la loro vita”- scrivono sulla chat.
Fabio intanto chiede ogni mattina di rivedere i suoi compagni e ogni giorno ci sono scuse accampate per giustificare il suo mancato rientro a scuola: il freddo, il picco influenzale, i riscaldamenti inadeguati. I genitori mentono, dicono bugie perché non vorrebbero infliggere ulteriori dolori al loro bimbo già provato da un cancro insidioso, da una lunga degenza e da un severo isolamento. E così si rivolgono dapprima a un avvocato, poi a un programma televisivo e portano la loro storia all’attenzione dei media. Rivendicano il diritto allo studio, al gioco, allo svago del proprio bambino al pari degli altri; non accolgono il suggerimento del dirigente scolastico della scuola primaria romana di via Bobbio di rimandare l’inserimento di Fabio in primavera o addirittura all’anno prossimo quando il piccolo potrà vaccinarsi.
Feriti, addolorati, preoccupati chiedono di non togliere al bambino tempo perché non si sa quando il mostro, che adesso è assopito, potrà risvegliarsi. E mentre la notizia circola, le istituzioni prendono coscienza che bisogna fare qualcosa: interviene l’Asl Rm2 che verifica la situazione vaccinale della classe di Fabio e indica il 10 marzo come termine ultimo per mettersi in regola con le vaccinazioni obbligatorie pena una sanzione pecuniaria.
Interviene Nicola Zingaretti, il governatore della regione Lazio, che in un post su Facebook assicura che “la Regione farà di tutto affinché il bambino possa tornare a scuola”. Intervengono il Pd, Forza Italia, il ministro Grillo e il mondo scientifico che rassicurano i no vax sulla sicurezza dei vaccini e invitano a sottoporre i bambini alla profilassi per tutelare se stessi e gli altri. Dato che la querelle non trova ancora soluzione, il presidente dell’Ordine dei medici di Roma, Antonio Magi, scrive provocatoriamente: “Per quale motivo i figli delle famiglie no vax devono poter andare a scuola regolarmente, nonostante mettano in pericolo le vite altrui, mentre invece a quest’altro bambino possiamo negare la frequenza scolastica? Perché deve rimetterci il bambino più debole?”.
Si discute, si litiga, si denuncia, i media sfornano notizie, repliche dei genitori no vax; nelle aule dei tribunali si stipano fardelli di atti giudiziari e in Parlamento si discute sulla necessità di legiferare al più presto su una questione delicata. Nessuno, però, ascolta Fabio che passa le sue giornate, guardando da dietro un vetro i suoi coetanei che si recano a scuola e si trascina lento a casa, bivaccando sul divano a guardare cartoons o a giocare alla play. Intanto sono passati giorni, settimane e mesi e a Fabio è stato tolto tempo: il tempo di essere bambino tra i bambini.
Tania Barcellona
Nella foto di copertina, un bimbo colpito da leucemia
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