NUORO – Sognando l’Africa, recitava il titolo di un film di Hugh Hudson, ma quell’Africa brulla, aspra e selvaggia, meta turistica di chi aspira a partecipare ai safari e a trascorrere qualche afosa giornata tra leoni e gazzelle, gli abitanti della regione del Tigray non la possono né vivere né sognare. Qui c’è fame e la popolazione soffre molto. La causa di ciò sta in una sanguinosa guerra che ha avuto origine il 4 novembre del 2020 e purtroppo ancora non risulta del tutto conclusa.
Morte, dolore e distruzione fanno pensare che, in questa regione del Corno d’Afica e nei territori vicini, si possa prefigurare una nuova crisi umanitaria. I conflitti tra le 80 etnie diverse che compongono la popolazione etiopica, superiore a 110 milioni di persone, perdurano dalla caduta del Negus. Tale guerra, per la sproporzione delle forze in campo, si è presto trasformata in sopraffazione dei civili, con ogni genere di violenza, perpetrata ai danni della popolazione tigrina. L’intera regione è stata “chiusa” a qualsiasi forma di accesso e di comunicazione. Si stimano circa 500mila morti, 4-5 milioni i feriti, 60mila i profughi. Interi villaggi sono stati rasi al suolo, le case date alle fiamme, i civili deportati chissà dove. Sono milioni i tigrini che hanno perso tutto e sono stati privati di cibo, acqua e medicine per curarsi.
Il maggiore scontro è tra gli Amhara, che costituiscono il 27% della popolazione e i Tigrini che sono solo il 6%. Il presidente Abiy Ahmed era riuscito a sottoscrivere la fine della guerra contro l’Eritrea e per questo aveva ottenuto il premio Nobel per la pace, ma la paura che esplodessero guerre fratricide era non un’ipotesi ma una certezza. Nel Tigray, il Fronte di liberazione ha compiuto attacchi a presidi militari, scatenando la reazione dell’esercito che ha reagito bloccando la regione ed effettuando una campagna di bombardamenti. La guerra ha colpito soprattutto civili, donne e bambini. Ha distrutto le abitazioni, ha avvelenato le fonti d’acqua, ha azzerato gli approvvigionamenti alimentari, quasi a voler ottenere con questa violenza una sorta di pulizia etnica. L’economia è stata messa in ginocchio e centrali energetiche e fabbriche sono state distrutte. La guerra ha visto scendere in campo forze impari, ed è stata rapida e tesa a minare, dalle radici, le forze indipendentistiche del Tigray.
I cambiamenti climatici, gli assalti delle locuste che hanno distrutto interi raccolti, la diffusione del Covid 19 ha reso ancor più insostenibile la situazione. Incalcolabile inoltre il numero delle donne stuprate da parte dei militari invasori. Una tragedia nella tragedia. Tra il 28 e il 29 novembre 2020 le truppe dell’Eritrea presenti nello stato etiopico del Tigray hanno sistematicamente ucciso centinaia di civili inermi nella città di Axum, aprendo il fuoco nelle strade e massacrando persone casa per casa. La popolazione del Tigray è stata sottoposta a esecuzioni extragiudiziali, bombardamenti indiscriminati e saccheggi di massa. Agendo come bestie assetate di sangue i soldati eritrei ed etiopici hanno commesso molteplici crimini di guerra per assumere il controllo di Axum. Inoltre, le truppe eritree si sono rese responsabili di una carneficina sistematica di civili, uccisi a sangue freddo. Ciò costituisce sicuramente un crimine contro l’umanità.
La crisi che vive l’Etiopia oggi è una crisi totale. Mancano acqua, bene primario, cibo e un tetto dove potersi rifugiare. L’igiene è pressocché assente così come la salute di gran parte della popolazione, innocenti senza voce, vecchi, donne e bambini. Le vaccinazioni sono un lontano ricordo e il rischio che sopraggiungano le epidemie è sempre più concreto e reale. La gente muore privata di ogni conforto materiale e soprattutto umano. Nell’intera regione manca l’elettricità, le reti mobili, internet. Presso i centri d’assistenza, siano essi laici o religiosi, ogni giorno si vedono lunghe file di persone che mendicano un po’ di cibo e d’acqua. E intanto le atrocità perdurano, soprattutto nelle zone più rurali e meno controllate della regione. Mentre le truppe eritree distruggono ogni cosa, ammazzano senza alcuna pietà sterminando l’intera popolazione, i militari etiopi lasciano fare. Si fa costantemente uso della forza e dell’intimidazione e ci si appropria illegalmente di villaggi deserti e case saccheggiate.
È difficile stabilire cosa accadrà in futuro, si spera comunque che l’aumento dell’attenzione internazionale possa spingere i soldati eritrei a rientrare nei loro confini, consentendo così ai soccorsi internazionali di mettersi in moto con efficacia. Secondo l’Onu almeno 4,5 milioni di tigrini hanno bisogno urgente di aiuti umanitari, inoltre mancano farmaci e cure mediche perché l’80% degli ospedali è stato distrutto o saccheggiato. Abiy Ahmed aveva dato avvio alle operazioni militari in Tigray immaginando di regolare la questione in tempi rapidi, ciò però si è rivelata una scelta azzardata e il conflitto non sembra poter cessare in tempi brevi. Il conflitto potrebbe risolversi solo col ritiro effettivo e immediato delle truppe eritree e delle milizie etniche amhara dal territorio tigrino, e col dialogo tra il governo federale e le autorità del TPLF, Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè, partito politico etiope, di ispirazione marxista e socialista, membro della coalizione del Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope.
In Etiopia nuove elezioni nazionali erano in programma per il 5 giugno, ma sono state rinviate a causa degli scontri nel paese in piena pandemia. Nella regione del Tigray, inoltre, oltre alla guerra civile c’è da affrontare la questione GERD (Grand Ethiopian Renaissance Dam), la gigantesca centrale idroelettrica costruita con fondi cinesi sul Nilo Azzurro che potrebbe consentire all’Etiopia di diventare principale fornitore del continente. Ma l’Egitto e il Sudan temono una diminuzione della portata del Nilo e dunque un lungo periodo di siccità. A luglio l’Etiopia ha programmato una seconda fase di riempimento del bacino idrico ma se ciò avvenisse il Sudan ha dichiarato che considererà l’operazione come una minaccia alla sua sicurezza e questo potrebbe portare la popolazione ad un ulteriore conflitto bellico. Che ruolo assumerà, a livello nazionale e internazionale, il governo in tutto questo? Di una sola cosa si è comunque certi, che per gli efferati crimini di cui si è macchiato Abiy Ahmed questi, da premio Nobel per la pace, potrebbe a breve essere condannato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra, mentre uccisioni di massa, linciaggi, stupri, sequestri perdurano generando un genocidio contro la popolazione tigrina, che resta “invisibile” agli occhi della comunità internazionale.
Virginia Mariane
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