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Ercolano, il vescovo che difese Perugia dagli Ostrogoti

di | 2020-11-14T19:21:36+01:00 15-11-2020 6:25|Cultura, Sezione 6|0 Commenti

PERUGIA – Celebrazioni soltanto religiose, quest’anno, per il patrono di Perugia Sant’Ercolano (uno dei quattro: gli altri sono San Costanzo, San Lorenzo, San Lodovico di Tolosa) per colpa del Covid-19. Il santo vescovo – la cui festa cade il 7 novembre, giorno del martirio (anno 549), mentre il giorno natale viene festeggiato il primo marzo (la data di nascita è sconosciuta) – risulta molto amato non solo dai fedeli, ma dai cittadini tutti. Perché? Perché è stato il “defensor civitatis” (il difensore della città) contro gli Ostrogoti di Totila (l’Immortale, il cui nome vero pare fosse Baduila) e perché per la sua strenua resistenza pagò con agghiaccianti torture, venne spellato vivo e poi decapitato. Di lui trattano nelle loro opere San Gregorio Magno e Procopio, il greco segretario di Belisario, comandante delle truppe greco-bizantine in Italia.

Dopo l’uccisione del comandante della piazza, Cipriano, il vescovo Ercolano si assunse pure il compito di capo militare nella città accerchiata. Siamo nel pieno della guerra greco-gotica (540-552) e davanti alle mura di Perugia gli ostrogoti ed i loro alleati sono accampati da tempo. Alcune fonti sostengono da sette anni, altre assicurano da sette mesi. La pressione resta comunque continua e soffocante e le scorte di cibo stanno esaurendosi. Il vescovo-guerriero cerca di fiaccare gli animi degli avversari con un escamotage: fa ingrassare con l’ultimo sacco di grano, il solo capo di bestiame rimasto, un vitello e poi lo fa uscire a pascolare all’esterno delle mura. Nonostante si tratti di un sotterfugio piuttosto utilizzato negli assedi, gli assedianti abboccano. E cominciano, sfiduciati, a smontare i loro accampamenti. Ma un chierico traditore esce dalla città e spiffera la verità al comandante goto, l’unno Ulifo. Così i barbari organizzano un violentissimo attacco e riescono a piegare la resistenza dei perugini entrando in città e mettendola a sacco. Terribile la “punizione” inflitta al vescovo: viene spellato e, subito dopo, gli viene tagliata la testa.

Il cadavere viene gettato giù dalle alte mura, accanto a Porta Cornea (ancora oggi salda, a metà delle scalette di Sant’Ercolano) e in quel luogo mani pietose e frettolose provvedono a seppellirlo. Quaranta giorni più tardi, alleggerita la presenza nemica, i resti vengono dissepolti, per dar loro una più consona sepoltura e il corpo del santo viene ritrovato, con grande sorpresa, intatto e con la testa attaccata al collo. I sopravvissuti gridano al miracolo. Il corpo viene portato in San Pietro (allora fuori le mura), quindi – nel 700 – nella cattedrale di San Lorenzo ed infine traslato nella nuova chiesa-torre, intitolata proprio al santo, nel luogo del martirio. Già solo a pochi lustri dalla morte il papa Pelagio I aveva provveduto a canonizzare il vescovo-guerriero. Il tempio, di forma ottagonale, venne edificato tra il 1297 ed il 1326 ed arricchito nei secoli fino a far prevalere all’interno, nel 1600, lo stile barocco. Le reliquie di Ercolano riposano in un elegante, splendido sarcofago strigilato, del III secolo dC, riportato alla luce in pieno Medioevo in una località nella zona nord di Perugia.

La devozione, la venerazione e l’ammirazione dei perugini per il loro protettore si snoda attraverso i secoli fino ai giorni nostri. Nel 1374 il libero Comune coniò, e fino al 1517, un bolognino con l’immagine del patrono. E anche Leone X, un Medici, fece battere una moneta col volto del santo. Paolo III Farnese varò un baiocco col profilo di Ercolano e durante la “guerra del sale” (lanciata dallo stesso pontefice contro la bellicosa città umbra) gli stessi rivoltosi coniarono un quattrino con la figura del santo vescovo, nella speranza che li aiutasse a battere i papalini. Anche la pittura si é ispirata ad Ercolano. Benedetto Bonfigli, su incarico del Comune, nella prima parte del Quattrocento, affrescò le storie del Santo; e di Pietro Vannucci, il Perugino, resta – esposto nella Galleria Nazionale – un quadro con la rappresentazione del patrono. Particolarmente significativa una tempera su tavola con l’immagine del vescovo, proveniente dal monastero di Montelabate, dipinta intorno al 1330-1340, attribuita a Vanni di Baldolo. Tra le mani di Ercolano l’artista ha dipinto un libro con una veduta (forse un poco idealizzata) della Perugia dell’epoca in cui spicca il campanile poligonale, ora visibile solo nella base, inglobato come é nella cattedrale di San Lorenzo.

La skyline tratteggiata dal pittore viene considerata la più antica panoramica della Perugia del Medio Evo. Alcuni anni fa il Rotaract organizzò, nella prestigiosa Sala dei Notari di palazzo dei Priori, un processo storico nei confronti di Totila, con tanto di giuria formata da penalisti (il professor David Brunelli, i giudici Daniele Cenci e Nicla Flavia Restivo), con l’accusa rappresentata dal procuratore Sergio Sottani e la difesa affidata all’avvocato Franco Libori. Totila – che durante il suo regno si era segnalato per una certa tolleranza nei confronti dei vinti, ma in altre circostanze, si era rivelato pure particolarmente spietato – venne scagionato. E anche il folto pubblico votò a maggioranza per l’assoluzione. Le fonti, infatti, propendono per l’ipotesi che, al tempo della presa di Perugia, il re dei goti fosse impegnato in Calabria, a Rossano e che quindi non ci fossero sufficienti testimonianze sulla sua responsabilità in merito all’atroce fine di Ercolano.

Totila, ironia del destino, trovò la morte in Umbria. Venuto a battaglia nel luglio del 552 col nuovo comandante dell’esercito greco-bizantino (l’eunuco Narsete, che aveva sostituito Belisario) fu severamente battuto a Tagina (attuale Gualdo Tadino) e morì in località Caprara, in seguito alle ferite, di una freccia o di una lancia, riportate nelle fasi concitate della fuga. Pochi mesi più tardi, nell’ottobre del 553, Narsete vinse il lungo conflitto sbaragliando a Nocera Inferiore, il nuovo re goto, Teia e il suo esercito, decretando la fine dell’invasione ostrogota nella penisola. L’associazione “Radici di pietra” ha sollecitato la nomina di Sant’Ercolano quale patrono “delle città murate d’Europa” (circa 150). L’iter di queste valutazioni risulta piuttosto lungo e complesso, ma la candidatura appare piuttosto solida e ben illustrata e motivata. Per iniziativa della stessa associazione il Santo viene celebrato, da un lustro circa, persino con un dolce: la cialda di Sant’Ercolano (San Costanzo e San Lorenzo vengono ricordati con un “torcolo”, sia pure di ingredienti e sapore diversi). Nei riti religiosi celebrati in onore di Sant’Ercolano i fedeli hanno pregato anche per la salute dell’attuale arcivescovo, il cardinale Gualtiero Bassetti, ricoverato da diversi giorni in ospedale per il Covid-19.

Elio Clero Bertoldi

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