PESCARA – Si inerpicano, brucano, zompano, camminano dai tratturi ai canaloni, di roccia in roccia. E poi si fermano ad osservare il cielo. Le rupicapre – o camosci che dir si voglia – sono il simbolo di quell’Abruzzo “forte e gentile” dei canti popolari, della cucina dai sapori densi, della vita aspra dei pastori, dei monti ma anche del mare, quell’Adriatico che si scorge dalle cime, l’Adriatico “silente” citato anche dal Vate, Gabriele D’Annunzio.
Parla di tutto questo il poeta Claudio Caldarelli, originario di Isola del Gran Sasso (Teramo), nel suo appassionato componimento dal titolo “Le rupicapre”, che ha ricevuto una menzione speciale nel Premio “Tortoreto alla Cultura 2024”. Lo scritto – due pagine fitte di dettagli, luoghi, citazioni – è un inno alla sua terra presentata come una carrellata cinematografica degradante dalla montagna al mare con una panoramica dell’intera regione. L’effetto è quello di una visione attraverso gli occhi dei silenziosi quadrupedi che abitano le montagne abruzzesi. Tecnica ed effetto straniante ricordano “dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno” di Manzoni nel “5 Maggio”.
Le rupicapre, con la loro continua salita in alta quota per sfuggire ai lupi, assurgono a simbolo della ricerca interiore che è la più alta aspirazione umana ad arrivare al ricongiungimento con la natura. Il loro arrampicarsi è metafora dell’ascesi, la fuga dalla mondanità di chi si dedica alla vita spirituale ed è raccontato con una prosa che si fa mistica e pura, diventa poesia nel descrivere il territorio attraverso i loro occhi. Il poeta stesso diventa il protagonista di questa visione essendo lo sguardo delle rupicapre il suo stesso sguardo attraverso cui scansiona il territorio dall’alto per sublimarlo nelle sue parole.
Da appassionato scalatore anche Caldarelli si arrampica sulle pareti del Gran Sasso e attraverso le fenditure, di roccia in roccia, conquista la cima negli immensi silenzi che invitano alla riflessione e purificano l’anima. La montagna simbolo d’Abruzzo con lui diventa il centro del mondo e su di essa la rupicapra, regina delle vette e suo alter ego, racconta la storia dell’uomo. Con “Le rupicapre” Caldarelli si conquista il titolo di cantore moderno della sua terra.
Gloria Zarletti
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