RIETI – Quanto sono meravigliose le potenzialità della nostra mente… Questo a proposito di un’associazione rapida di pensieri scaturiti a seguito di un articolo dedicato alla Giornata Mondiale della Gentilezza (13 novembre) notificato il giorno di San Martino (11 novembre). L’articolo iniziava con il racconto di un episodio che, in una fredda notte di novembre, vide Martino dividere il suo mantello con un mercante che stava morendo assiderato. Quest’atto di “gentilezza” fu così potente da generare quella che ancora oggi ricordiamo come l’estate di San Martino. La data del 13 novembre per la Giornata Mondiale della Gentilezza è stata scelta perché anniversario della giornata d’apertura della Conferenza del “World Kindness Movement” svoltasi a Tokyo nel 1997 che ha portato alla sottoscrizione della Dichiarazione della Gentilezza.
Viene spontaneo considerare che un’azione del genere dovrebbe essere parte di ogni giorno, ogni momento dell’anno e non solo in ricorrenza di giornate commemorative. Ma comunque è già un inizio pensare, ma soprattutto osservare quanto in realtà si evolve nel tempo l’esistenza al di là dei nostri limiti e dei nostri confini individuali. “Ognuno di noi prima che europeo, italiano, bianco, nero, asiatico, cattolico, buddhista, single, sposato, eterosessuale, gay, animalista, vegetariano, lavoratore, disoccupato, genitore, figlio… è un essere umano. E questa è la categoria che contiene tutte le categorie annullandone i confini, pur mantenendone le diversità, con la loro ricchezza”. Partendo da questa consapevolezza, valori come condivisione, cura, presenza, ascolto, protezione, osservazione, accoglienza, diventano imprescindibili. E questi valori sono riassunti in un unico concetto: la gentilezza. E da ciò cderiva che la gentilezza è come un virus che contagia chi ne viene a contatto. Certo parlare di virus in questo periodo non sembra essere molto adeguato, ma è proprio in questi momenti, in cui siamo o ci sentiamo tutti molto più fragili e vulnerabili, che si sente la necessità di “gentilezza”, perché fa bene riceverne, genera una tranquilla serenità, fa bene alla salute, crea un clima positivo.
In realtà il vero tornaconto della gentilezza sta proprio nell’essere gentili. Essa, infatti, dà un senso e un valore alla nostra esistenza, ci fa dimenticare pensieri neri e ci fa sentire bene con noi stessi. A questo proposito il ricordo di un aneddoto citato dallo psicoterapeuta Piero Ferrucci in un suo libro ricco di aneddoti frutto della sua esperienza di terapeuta, rafforza l’idea di come la gentilezza può rivelare un potere davvero dirompente, soprattutto in un’epoca come quella odierna in cui i rapporti fra esseri umani sono sempre meno autentici e sempre più formali. L’aneddoto narra di un momento vissuto a New York in cui l’autore si intrattiene con un tassista: ”Mi trovavo a new York ed ho preso un taxi con un mio amico. Quando siamo scesi, il mio amico ha detto all’autista ‘Grazie per la corsa. Lei ha guidato benissimo!’. Naturalmente il tassista è rimasto sbalordito per un secondo poi ha domandato se stesse scherzando… La risposta è stata ‘no, caro signore, e non la sto prendendo in giro. Ammiro il modo in cui lei rimane calmo nel traffico intenso…’. ‘Già…’ ha commentato il tassista”. Ed è poi ripartito sorridendo.
Ebbene è davvero indubbio che la gentilezza è trasmutativa. Allora ho domandato al mio amico “che cosa significa?”. “Sto cercando di riportare l’amore a New York”, mi ha risposto ed ha aggiunto: “Ritengo che la gentilezza sia l’unica cosa che può salvare la città”. “Ma come può un solo uomo salvare New York?”. “Non si tratta di un uomo solo. Credo di aver cambiato la giornata a quel tassista. Supponiamo che faccia venti corse. Sarà gentile di un’ulteriore gentilezza trasmutativa con quei venti clienti perché qualcuno è stato gentile con lui. I clienti a loro volta saranno gentili verso i loro impiegati o negozianti o camerieri o persino verso le loro famiglie. Alla fine la mia gentilezza potrebbe diffondersi almeno tra mille persone. E non è male…”.
L’episodio riporta alla mente un vecchio film americano “Pay it forword” (Un sogno per domani) in cui un ragazzino di 12 anni vive una realtà familiare difficile e trova conforta in un non ben definito idealismo, finché un giorno a scuola alla prima lezione del corso di scienze sociali arriva un professore che lo stimola a mettere in moto l’innata bontà d’animo. L’insegnante ad una lezione domanda in maniera critica alla classe: “Cosa vuole il mondo da noi?”. Da quell’istante Trevor intuisce un modo per cambiare in meglio il mondo e comincia a compiere delle buone azioni, chiedendo a chi le riceve di compiere a loro volta un importante favore a tre persone differenti. Ovviamente questo cambierà tutto il corso della loro vita. E tutto questo ha riportato alla mente episodi e sequenze che fanno pensare che ognuno di noi, soprattutto nei momenti bui, di dolore, di sofferenza, di smarrimento, dovrebbe ricordare che possiamo essere il motore del contagio, a partire da chi ci è accanto.
Riconoscere le qualità laddove ci sono e comunicarle dà calore e dà forza e sicurezza a chi riceve la gratificazione. Perché la gentilezza è uno strumento estremamente potente per eliminare ogni negatività. “Praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso”, sosteneva Anne Herbert. Sii gentile con le persone scortesi, perché probabilmente ne hanno più bisogno. La nostra gentilezza “senza senso” attiva un effetto a catena. Questa è la vera potenza. Sii gentile. E’ così bello e gratificante essere gentili e generosi. Oggi più che mai.
Stefania Saccone
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