MILANO – Con il sopravvento di una nuova consapevolezza sulla necessità di preservare il pianeta, è tornata l’idea di vivere a contatto con la natura, in modo sostenibile e possibilmente in comunità con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale dell’uomo sull’ambiente circostante. Pensare a un ecovillaggio porta ad immaginare un insediamento di esseri umani che vive in simbiosi con la natura. Perciò si cercano di eliminare i rifiuti riciclando ogni scarto, da quello alimentare a quello umano o animale. C’è un attento consumo delle risorse idriche e di energia elettrica, la vita ruota intorno ad un’agricoltura naturale e sinergica da cui si prova ad ottenere un’autosufficienza alimentare. Si cerca di render maggiormente fertile la terra attuando la rotazione delle colture e in tutti i modi si cerca di raggiungere l’autonomia idrica, energetica e alimentare.
A questo va aggiunta un’attenzione particolare alla sfera emozionale attraverso un proficuo lavoro sulla creazione di un terreno fertile per lo sviluppo delle relazioni umane in seno alla comunità. Al suo interno ciascun individuo porta il proprio talento , la propria conoscenza e competenza tanto da fare dell’ecovillaggio un luogo dove risolvere problematiche sociali e umane. Diventa così un centro di formazione caratterizzato da ritiri, conferenze, seminari, corsi, ma anche un luogo ricco di arte, musica e cultura.
Tanti gli esempi in Italia lungo tutto lo stivale. Nel Siracusano, nella bella terra di Sicilia, è attiva una comunità vegetariana e vegana. Circondata da quasi un ettaro di terreno, ricicla l’acqua, non usa sostanze nocive per l’ambiente, pratica il riuso delle risorse, il car-sharing ed il baratto. Produce olio, carrube, mandorle, pane e dolci di pasticceria naturale per il finanziamento delle attività di volontariato ambientale. In Calabria, nell’Arcipelago Sagarote, opera un’Associazione di volontariato in un contesto rurale tra natura, animali, teatro, orti, video, artigianato artistico, musica, laboratori, asini, accoglienza, marionette, attività ludiche. In Puglia c’è da segnalare Urupia nel Salento, una comunità nata all’inizio degli anni Novanta che si fonda sull’assenza della proprietà privata e l’unanimità delle decisioni. Urupia dispone di quasi 1500 mq di fabbricati, spazi abitativi, laboratori, magazzini, ricoveri di animali e di 23 ettari di terra: 8 di oliveto, 2 di vigna, 1 di orto, 8 di seminativi ed il resto di macchia mediterranea. Il tutto da condividere e da fare fruttare, nel rispetto dell’ambiente.
L’Umbria vanta un ecovillaggio denominato Utopiaggia. Qui l’idea di base è quella di vivere in campagna con uno stile di vita semplice tra orti, un gregge di pecore, un laboratorio di formaggio, uno di ceramica e uno per la tintura di fibre naturali con colori altrettanto naturali. I promotori sono un folto gruppo di giovani tedeschi, cui si sono associati, più tardi, un paio di italiani. Nelle Marche c’è la Città della Luce, una comunità basata sulla sostenibilità, ambientale e relazionale. Chi decide di far parte della Città della Luce deve adottare uno stile di vita fondato sulla sobrietà con impiego di energie rinnovabili. In Toscana si trova l’Associazione Rays, nata nel 2006. Sorge in un casolare immerso nel verde nei pressi del Parco Naturale “Le Cornate”. L’associazione nasce con lo scopo di realizzare uno stile di vita semplice nel pieno rispetto della natura e delle sue risorse con agricoltura che utilizza fonti rinnovabili e impianti di depurazione dell’acqua. In Emilia Romagna si trova l’Ecovillaggio Lumen, una comunità fondata nel 1992 basata su ideali di pace, etica, rispetto per l’ambiente, attenzione allo sviluppo armonico degli esseri umani attraverso la promozione di sani stili di vita. Può ospitare comodamente circa 40/50 famiglie, con tutti gli spazi da condividere per oltre 1000 mq.
In Liguria invece si trova Torri Superiore, un piccolo borgo situato a pochi chilometri da Ventimiglia che piano piano è diventato un vero e proprio ecovillaggio. Si è iniziato con le opere di restauro in cui sono stati impiegati pietra naturale locale, calce per gli intonaci e le pitture murali e materiali isolanti naturali come il sughero, e le fibre di cocco. Tutti serramenti sono in legno sostenibile, e gli smalti e le pitture murali sono ecologiche. L’acqua calda si produce con pannelli solari mentre gran parte dell’energia elettrica del centro culturale viene autoprodotta con i pannelli fotovoltaici. Inoltre sono presenti diversi orti e frutteti, ispirati ai principi della permacultura, che forniscono verdura e frutta fresca, ed altre coltivazioni sono in via di realizzazione.
In provincia di Bologna sull’Appennino emiliano a circa 800m di altitudine, è attivo da gennaio 2021 il Progetto Meraki che di fatto è un centro educativo-formativo che ha a cuore la relazione tra le persone, con l’ambiente e con le comunità locali. Immersi nel verde del bosco, in una terra di 35 ettari, al momento il Progetto Meraki si dedica allo sviluppo della permacultura. Svolge attività formative, in particolare ritiri esperienziali con laboratori di yoga, musica, danza, crescita personale e di gruppo, conferenze, attività in natura, artigianato e costruzioni. Il tutto nell’ottica di stimolare adulti e bambini affinché si mettano in gioco, imparando a fare, comunicare e vivere assieme in maniera empatica e costruttiva. Vuole essere un esempio di autosufficienza come è nello spirito degli ecovillaggi. Per farlo si sviluppa un’agricoltura sostenibile attenta all’impatto che produce sull’ambiente, capace di generare collaborazioni con agricoltori e allevatori della zona e che, con il tempo, diventi fonte di sostentamento per la comunità. Si ricerca un buon utilizzo delle risorse idriche e delle energie rinnovabili, ci si dedica allo sviluppo delle arti, dell’artigianato, di progetti culturali e di benessere. Il programma prevede infatti seminari, ritiri e laboratori permanenti legati a tutte quelle discipline e tradizioni che si occupano della conoscenza, della cura e della crescita del potenziale umano.
Margherita Bonfilio
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