//Ecco Vannina Guarrasi, Montalbano in gonnella

Ecco Vannina Guarrasi, Montalbano in gonnella

di | 2021-10-10T13:36:11+02:00 10-10-2021 7:00|Punto e Virgola|0 Commenti

La “Montalbano in gonnella” del giallismo italiano si chiama Giovanna (detta anche Vannina o Vanina a seconda del luogo o della persona che la chiama) Guarrasi, vicequestore aggiunto in servizio presso la Questura di Catania, assegnata alla Squadra Mobile, sezione Reati contro la persona. Che, in parole povere, vuole semplicemente dire che si occupa prevalentemente di omicidi (“ammazzatine”, direbbe il fortunato protagonista dei romanzi di Andrea Camilleri).

Inevitabili le comparazioni tra la dottoressa Guarrasi e il personaggio interpretato in tv da Luca Zingaretti: sullo sfondo c’è sempre la Sicilia, terra splendida e tormentata, capace di esaltare ma anche di deprimere (da una parte l’immaginaria città di Vigata e dall’altra il capoluogo etneo) e ci si muove sempre nell’ambito di indagini coordinate dalla Polizia di Stato, con i suoi rituali e i suoi protocolli, talvolti un po’ trascurati (anzi, volutamente messi da parte, ma senza esagerare) per arrivare alla verità, per consentire il trionfo della Giustizia. Sempre ammesso che l’individuazione del colpevole, associato alle patrie galere, consenta davvero la riparazione del danno commesso (o subito). In comune anche il ricorso al dialetto siciliano, soprattutto nelle riunioni di lavoro per fare il punto sulle indagini. E ci sono i poliziotti, i pubblici ministeri, il medico legale, i superiori di vario genere e natura.

Cristina Cassar Scalia (l’autrice) cerca in ogni modo di sfuggire agli impietosi paragoni con Montalbano e va detto che, almeno in parte, ci riesce, disegnando una poliziotta sui generis, dal carattere un po’ brusco, costantemente concentrata sulle indagini che le sono affidate. Nessuna concessione alla vita affettiva, salvo qualche rara confessione all’amica del cuore, l’avvocato matrimonialista Maria Giulia (al contrario del commissario di Vigata che è piuttosto sensibile al fascino femminile, nonostante il lungo fidanzamento con la lontana Livia). In comune, i due hanno la passione per il buon cibo e soprattutto per le specialità siciliane (arancini o arancine in primis): Montalbano si affida alle sapienti mani della sua governante, Vannina a selezionati fornitori di fiducia dai quali si serve prima di tornare a casa, oltre che ai piatti preparati in quantità industriali dalla sua vicina di casa.

Nell’orbita della Guarrasi, gravitano l’ispettore Marta Bonazzoli (settentrionale di origine, ma ormai integrata nella realtà catanese), il capo della Mobile Tito Macchia, l’ispettore Spanò, il sovrintendente Nunnari, il vice Fragapane, l’agente Lo Faro, il medico legale Adriano Calì (l’unico amico vero, dichiaratamente gay e felicemente accoppiato con un giornalista di successo, che piace tantissimo, ma inutilmente a Maria Giulia). Un microcosmo variegato e intrigante del quale Vannina è motore trainante: li guida tutti con piglio fermo, ma sa ascoltare e ne sa cogliere dunque le sfumature e i consigli che si rivelano preziosi durante il corso delle indagini. Nel dipanarsi delle vicende c’è anche l’apporto non trascurabile di Biagio Patanè, ultraottantenne commissario in pensione ed ex capo della Squadra Mobile, memoria storica vivente di ogni fatto e misfatto cittadino. Manca, per fortuna, un personaggio come l’agente Catarella, trasformato in orribile macchietta nella trasposizione televisiva.

Il sacro fuoco del vicequestore aggiunto deriva da due terribili episodi: l’assassinio di suo padre, l’ispettore della Polizia di Stato Giuseppe Guarrasi, da parte di quattro sicari della mafia proprio davanti all’ingresso del liceo palermitano che Vannina si apprestava a frequentare. Da quel momento, il suo unico obiettivo è trovare gli autori di quell’omicidio: dopo il liceo, l’università e subito il concorso per entrare in Polizia. Prima assegnazione nella natia Palermo, dove si occupa di criminalità organizzata, poi il trasferimento a Milano e infine, dopo 3 anni, il ritorno in Sicilia, a Catania che diventa la sua città, anche se i legami con il capoluogo regionale non si spezzeranno mai. L’altra vicenda riguarda l’attentato, sempre ad opera della mafia, nei confronti del giudice e amico Paolo Malfitano, che rimase ferito e fu salvato solo dall’intervento della Guarrasi che sparò e colpì a morte uno dei killer: da qui la necessità dell’allontanamento e del passaggio in Lombardia.

Cristina Cassar Scalia è nata a Noto nel 1977 e vive ad Aci Castello dove svolge l’attività di medico oftalmologo; ha esordito nella narrativa nel 2014 con La seconda estate (tradotto in Francia e insignito del Premio Capalbio Opera prima); Sabbia nera (del 2018) è il primo romanzo che vede protagonista Giovanna Guarrasi ed ha vinto nel 2019 il Premio letterario Racalmare Leonardo Sciascia. “Mi lusinga il paragone con Montalbano – ha confessato in un’intervista – perché sono cresciuta leggendo Camilleri, ma Vanina e Salvo sono due personaggi molto diversi. Sicuramente li accomuna la Sicilia, l’amore verso la cucina tradizionale, ma c’è meno dialetto e una struttura narrativa diversa. Senz’altro, però, Montalbano è un po’ il papà di tutti i commissari di carta”. Al di là dei riconoscimenti ufficiali e del successo presso i lettori, vale la pena leggere le opere della scrittice, non foss’altro che per scoprire e apprezzare altri aspetti piacevoli e poco conosciuti della Sicilia: perché quella terra diventa essa stessa “personaggio”, con i suoi limiti, le sue contraddizioni e soprattutto le sue attrattive d’ogni genere.

Buona domenica (e buona lettura).

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