PERUGIA – Le donne si sono sempre curate, un pochino più degli uomini, della loro immagine, della loro bellezza. Statue, mosaici, affreschi sottolineano a iosa questo aspetto che connota la femminilità. E se non bastasse sarebbe sufficiente scorrere le pagine dell’Ars Amatoria di Ovidio per convincersene.
Un’urna, esposta al Museo Archeologico Nazionale di Perugia, conferma quanto fossero impegnate, anche le donne etrusche, nella cura del proprio corpo e prese dalla moda. Nulla di nuovo sotto il sole, insomma.
Nel sarcofago, conosciuto come l’urna dei “coniugi piangenti” (le due figure al centro, un uomo e una donna, sono rappresentate con lacrime che scendono sulle guance) risalente alla prima metà del primo secolo avanti Cristo (prima insomma del “Bellum perusinum” del 41-40 a.C.), una figura femminile, all’estrema sinistra, stringe in mano una borsetta. Forse “le dernier cri” per l’epoca, con tanto di manico d’osso, o magari di avorio, stretto nel palmo dall’ancella, a fianco della matrona e pronta per ogni evenienza. Per pettinare la padrona, per profumarla, per imbellettarla, se fosse stato necessario. Nella borsetta doveva figurare tutto il “necessaire” per una toilette completa: pettini, specchio, unguentari, boccette di profumi, spille e spillette, creme e polveri di varie tonalità di colore per il trucco. Grosso modo quello che si può trovare oggi in una borsetta, non solo griffata, di una signora o signorina di ogni ceto sociale.
Di più. Gli archeologi perugini in una tomba a Casaglia, frazione alle porte del capoluogo – che era già stata visitata dai tombaroli – hanno recuperato i resti di un cofanetto, schiacciato dalla terra, e con molta pazienza e perizia sono riusciti a ricomporlo. Un vero e proprio beauty-case in lamelle di osso lavorato con balsamari, unguentari, vasetti, specchio, una “cuticola” (serviva per stemperare i colori per il trucco) ed altri oggetti da cosmesi.
E anche in altre tombe del perugino sono stati rinvenuti reperti del genere per la cura della bellezza. Il cofanetto restaurato costituisce, comunque, uno dei pochi esemplari, conservato in tutte le sue parti, in Italia e in Europa.
Tuttavia la borsetta della matrona etrusca portata dall’ancella (o da una ragazza della famiglia) al funerale di un congiunto, per il quale la donna versa lacrime copiose, resta una testimonianza se non unica, almeno rarissima, di quanto le donne dell’Etruria – e le perugine tra di esse – tenessero al loro decoro, in ogni circostanza, anche dolorosa, quale la partecipazione al funerale di una persona cara.
Non solo oggi, anche duemila anni or sono, la donna coltivava con cura l’arte, tutta femminile, della seduzione.
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