/, Sezione 3/Gabriella, la femminista da domande scomode

Gabriella, la femminista da domande scomode

di | 2024-09-03T09:49:11+02:00 1-9-2024 1:10|Personaggi, Sezione 3|0 Commenti

CASTEL DI TORA (Rieti) – “Le italiane si confessano” fu pubblicato nel 1959, “I sultani – Mentalità e comportamento del maschio italiano” nel 1965: Gabriella Amalia Maria Luisa Parca (Castel di Tora 1926, Milano 2016), scrittrice e giornalista, e la sua collaboratrice Maria Luisa Piazza, in quegli anni girarono in lungo e in largo l’Italia, facendo domande audaci in tempi in cui il sesso era considerato ancora un tabù. Vennero additate come “maniache sessuali”, cosa frequente, prima della legge Basaglia del 1978, per le donne che avevano un comportamento “inadeguato e abnorme”. Il Giornale di Sicilia pubblicò un articolo in cui le definiva proprio così e anche l’Osservatore Romano ci mise del suo “le donne non si fidano più del padre spirituale e confessore, preferendo la piccola posta, confessore laico”. La loro ricerca sulla condizione femminile invece era seria, rigorosa, con un taglio antropologico (impostazione diversa dai “Comizi d’amore” di Pier Paolo Pasolini del 1965, con il quale Parca entrò in polemica). Gabriella e Maria Luisa (morta improvvisamente e prematuramente) giravano con una “valigetta”: i vecchi registratori a nastro, facendo agli uomini domande come “lei ritiene che sia importante sposare una ragazza vergine?”; “cosa pensa di una ragazza che ha rapporti sessuali prima del matrimonio?”; “sarebbe contento se sua moglie lavorasse?”; “lei ha rapporti fuori del matrimonio?”; “sarebbe favorevole all’introduzione del divorzio?”.

Riuscirono nell’impresa, con 1018 interviste a uomini di ogni età, estrazione sociale, professione, riassunta ne “I sultani”, solo perché le interviste erano introdotte da sindacalisti, da parroci o comunque persone “fidate” e conosciute (i fixer, di cui si avvalgono oggi i corrispondentiper muoversi con sicurezza in zone di guerra). Ne “Le italiane si confessano” Gabriella sceglie in tre anni trecento lettere (tra ottomila) indirizzate alla “piccola posta” di due settimanali femminili, per i quali collaborava, non pubblicate, perché giudicate troppo audaci dalla redazione. Era l’Italia in cui esisteva ancora il delitto d’onore (art 587 c.p.), venivano uccise ogni anno circa 1500 donne, solo le mogli erano considerate adultere e condannate (art. 599 del codice Rocco del periodo fascista), c’era il matrimonio riparatore (nel 1965 fece scalpore la ribellione di Franca Viola che lo rifiutò), era viva la convinzione che “i panni sporchi si lavano in famiglia” e il movimento femminista era ancora lontano.

La legge Merlin è del 1958, l’81% dei maschi italiani rimpiangeva le “case d’appuntamento”, considerate “il paradiso perduto”. In questo clima Parca decise di dare voce a quelle donne censurate, che amavano i figli e i mariti, ma che si sentivano disperate, rabbiose, insicure, chiedevano consigli non avendo avuto educazione sessuale, rivelavano delusioni coniugali, possessività, gelosia, tradimenti, a volte minacciavano il suicidio. Alla donna non si potevano perdonare incertezza e a insoddisfazione: c’erano la Chiesa e un padre-marito cui appoggiarsi, la ribellione e la voglia di cambiare le cose, la verginità era l’espressione del sistema patriarcale. Il libro uscì quasi ignorato, ma fu un articolo su L’Espresso, firmato dal critico Paolo Milano, ad accendere la miccia (nel 1977 la prima ristampa). Nel 2013, in un’intervista, Parca disse: “Le donne sono cambiate molto in questi anni, gli uomini invece sono rimasti un po’ gli stessi. C’è un vero e proprio gap. Ovviamente alcuni cambiamenti ci sono stati anche negli uomini, ma non sono cambiati quanto le donne. Per questo oggi ci sono quelli che pensano che le donne vogliono comandare, vogliono decidere loro. Non capiscono che le donne vogliono collaborare, decidere insieme”.

Parca ha scritto sulle carceri femminili, il divorzio, le separazioni, fondò uno dei primi consultori femminili, il primo periodico di controinformazione al femminile “Effe”, denunciò “una società fatta dagli uomini e per gli uomini, in cui la donna è soltanto un ospite”. Con lascito testamentario donò la sua biblioteca di 816 libri al comune di Castel di Tora, che le ha intitolato la sala consiliare (la biblioteca ha 1600 volumi, è aperta dalle 8 alle 14 tutti i giorni). Il 30 agosto anche la sala polivalente del comune è stata intitolata a Gabriella Parca, con un incontro pubblico, la partecipazione dei familiari che non hanno mai perso i contatti con la comunità di Castel di Tora, è stato scoperto il murale realizzato dall’artista Riccardo “Beetroot” Rapone intitolato “Pace” ed è stata presentata la ristampa di questi due importanti libri con la casa editrice Nottetempo e la presentazione di Ludovica Lugli e Chiara Galeazzi.

La sindaca Cesarina D’Alessandro

Nel testamento lascò al comune anche i diritti d’autore per i suoi numerosi scritti, tra cui “La guerra acerba” che parla di Castel di Tora, “Voci dal carcere femminile”, “Plusvalore femminile”, “I separati”, “I divorziati”. “Siamo grati e orgogliosi – interviene la sindaca Cesarina D’Alessandro – la sala polivalente è di tutti i cittadini ed è un modo per mantenere viva la sua presenza e il suo pensiero tra di noi. I diritti d’autore serviranno ad arricchire la biblioteca, promuovere manifestazioni culturali, avvicinare i giovani alla lettura, riscoprire scrittori e attori del ‘900”. Il murale di “Beetroot, da una foto dell’album di famiglia, ritrae la scrittrice alla scrivania, circondata da tasti della macchina da scrivere, con tante lettere. “Mi è stato dato un compito difficile – commenta l’artista – perché in una sola immagine si riassumono più di mille parole, ma nel caso di Gabriella Parca, i concetti sono tantissimi e tutti di un’attualità sconcertante. Cosa direbbe oggi se fosse ancora presente? Abbiamo fatto progressi o siamo peggiorati? Davanti a quanto succede ogni giorno scriverebbe ancora senza sosta o si limiterebbe a un solo concetto: PACE?”.

Castel di Tora è tra i primi 10 comuni fondatori dell’associazione “I borghi più belli d’Italia”, partecipa in qualità di partner a SuSTowns, un progetto sul turismo sostenibile finanziato nell’ambito del programma MED dell’Unione Europea e al progetto Greengage, per aiutare le autorità pubbliche a definire le proprie politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, coinvolgendo i cittadini nella creazione di iniziative ecologiche. Il 21 e 22 settembre si terrà il Festival NaturArte: il 21 alle 15 a Monte Antuni cinema in concerto, reading teatrale con il teatro Jobel, proiezione “Lo chiamavano Jeeg Robot”, il 22 nel centro storico di Castel di Tora dalle 15 Apollo e Artemide, il teatro Jobel con “De Fabula Lucrezia” e alle 21 il film “Un mondo a parte” con la partecipazione del regista Riccardo Milani. Escursioni, visite guidate e stand gastronomici.

Francesca Sammarco

Nell’immagine di copertina, il murale di Gabriella Parca, realizzato dall’artista Riccardo “Beetroot” Rapone

Lascia un commento

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi